Vita Chiesa

Papa Francesco in Egitto: omelia, l’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità!

Commentando nell’omelia (testo integrale) il brano del Vangelo dei due discepoli di Emmaus, Francesco si è soffermato sullo stato di delusione e disperazione dei discepoli alla notizia della morte di Gesù e ha detto: «Quante volte l’uomo si auto-paralizza, rifiutando di superare la propria idea di Dio, di un dio creato a immagine e somiglianza dell’uomo! Quante volte si dispera, rifiutando di credere che l’onnipotenza di Dio non è onnipotenza di forza, di autorità, ma è soltanto onnipotenza di amore, di perdono e di vita!». Ma Cristo è risorto e la sua Resurrezione trasforma in luce anche l’«oscurità della notte più buia», la «disperazione più sconvolgente». «Quando l’uomo tocca il fondo del fallimento e dell’incapacità – commenta Francesco -, quando si spoglia dell’illusione di essere il migliore, di essere autosufficiente, di essere il centro del mondo, allora Dio gli tende la mano per trasformare la sua notte in alba, la sua afflizione in gioia, la sua morte in risurrezione, il suo cammino all’indietro in ritorno a Gerusalemme, cioè in ritorno alla vita e alla vittoria della Croce».

«Dio gradisce solo la fede professata con la vita, perché l’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità! Qualsiasi altro estremismo non viene da Dio e non piace a Lui!». È il «messaggio» che papa Francesco lancia alla piccola comunità cattolica di Egitto. In una terra dove i cattolici sono una esigua minoranza e dove i cristiani sono presi di mira dal terrorismo il Papa rivolge parole di incoraggiamento a proseguire sulla strada della carità e del perdono. «La fede vera – ha detto Francesco – è quella che ci rende più caritatevoli, più misericordiosi, più onesti e più umani; è quella che anima i cuori per portarli ad amare tutti gratuitamente, senza distinzione e senza preferenze; è quella che ci porta a vedere nell’altro non un nemico da sconfiggere, ma un fratello da amare, da servire e da aiutare; è quella che ci porta a diffondere, a difendere e a vivere la cultura dell’incontro, del dialogo, del rispetto e della fratellanza; ci porta al coraggio di perdonare chi ci offende, di dare una mano a chi è caduto; a vestire chi è nudo, a sfamare l’affamato, a visitare il carcerato, ad aiutare l’orfano, a dar da bere all’assetato, a soccorrere l’anziano e il bisognoso. La vera fede è quella che ci porta a proteggere i diritti degli altri, con la stessa forza e con lo stesso entusiasmo con cui difendiamo i nostri. In realtà, più si cresce nella fede e nella conoscenza, più si cresce nell’umiltà e nella consapevolezza di essere piccoli». L’omelia si conclude con un’esortazione importante, essenziale per la vita dei cristiani soprattutto nella regione del Medio Oriente: «Ora, come i discepoli di Emmaus, tornate alla vostra Gerusalemme, cioè alla vostra vita quotidiana, alle vostre famiglie, al vostro lavoro e alla vostra cara patria pieni di gioia, di coraggio e di fede. Non abbiate paura di aprire il vostro cuore alla luce del Risorto e lasciate che Lui trasformi la vostra incertezza in forza positiva per voi e per gli altri. Non abbiate paura di amare tutti, amici e nemici, perché nell’amore vissuto sta la forza e il tesoro del credente!».

La preghiera dei fedeli. Per «il Medio Oriente, per l’Egitto, per le vittime del terrorismo, per i migranti». Sono le preghiere dei fedeli che si sono levate questa mattina dallo stadio dell’aeronautica militare del Cairo, nella Messa celebrata da papa Francesco. Le preghiere sono state pronunciate in spagnolo, arabo, inglese, francese e italiano. Nella prima s’invitavano i fedeli a pregare per il Papa e il patriarca Ibrahim con tutti i vescovi perché «guidino la Chiesa nel cammino di santità». Nella seconda intenzione, in arabo, si è pregato per «il nostro Paese e per il Medio Oriente: conservali, Signore, nella tranquillità e nella sicurezza; assisti tutte le autorità e coloro che hanno responsabilità civili nel loro servizio alla giustizia e alla pace; rafforza i legami di fraternità e solidarietà tra i nostri popoli». La terza preghiera ha ricordato «i malati, gli anziani, gli emarginati e i disabili affinché siano accettati e amati da tutti». In francese la quarta invocazione che invitava a pregare «per tutte le vittime della violenza e del terrorismo nel mondo, soprattutto per i martiri in Egitto perché Dio doni loro il riposo eterno e consolazione alle famiglie». Una preghiera anche per i rifugiati e i migranti «che hanno lasciato i loro Paese a causa della guerra e alla ricerca di una vita migliore». Infine la preghiera in italiano dedicata alle famiglie perché «lo Spirito Santo aiuti i coniugi a vivere nell’amore fedele e fecondo, educando i figli nella bellezza della fede e nella disponibilità a rispondere con gioia alla loro vocazione».

Il saluto del patriarca Ibrahim Isaac Sidrak. L’Egitto «ama la pace», «continuamente si sforza di affermarla nel Medio Oriente e nel Mondo intero; conferma anche la sua predisposizione alla convivenza comune tra i credenti delle diverse fedi e la sua capacità di assimilare le diverse culture. L’Egitto, culla di religioni, è il Paese ospitante dei profeti e il rifugio della Sacra Famiglia nella sua ricerca di sicurezza, e resterà, finché Dio vorrà, la Terra della Pace». Sono le parole che il patriarca Ibrahim Isaac Sidrak ha rivolto a papa Francesco a conclusione della messa che è stata celebrata all’Air Defence Stadium. A nome dei 30mila fedeli presenti, il Patriarca ha espresso al Papa «l’immensa gratitudine e stima per aver accettato l’invito a visitare il nostro amato Paese». Questo viaggio – ha detto – è «anche un messaggio al mondo che attesta che Sua Santità è una persona che porta la Pace ovunque si reca e che le Sue azioni, i Suoi viaggi e le Sue parole mirano a diffondere la Pace sulla Terra».