Nato a Fino Mornasco, in provincia di Como nel 1839, innamorato di Dio e del mistero dell’Incarnazione, Scalabrini, profondamente commosso dal dramma di tanti italiani costretti ad emigrare negli Stati uniti e nell’America del sud alla fine dell’‘800, non resta indifferente. Si documenta, sensibilizza la società e manda i suoi missionari e le sue missionarie nel mondo per aiutare e sostenere gli emigranti nei porti, sulle navi e all’arrivo nei nuovi Paesi. È considerato per questo un padre per tutti i migranti e i rifugiati.Oggi, presenti in 39 Paesi, sono migliaia i religiosi e i laici scalabriniani che seguono le sue orme e prestano servizio nelle parrocchie, nelle case per i migranti, nelle scuole, negli orfanotrofi, negli ospedali, negli organismi ecclesiali delle Conferenze episcopali e delle diocesi, nei centri studi, nei porti e nelle frontiere di tutto il mondo.“Scalabrini è stato un vescovo che si è dedicato completamente al ministero nella diocesi, ma ha saputo anche guardare oltre, a chi era costretto a lasciare la propria terra”, commenta padre Leonir Chiarello, superiore generale Missionari di San Carlo. “Ha dato una risposta concreta al fenomeno della migrazione, coinvolgendo la Chiesa, il Governo, la società e chiamando tutti ad una presa di coscienza. Ha combattuto quello che il Santo Padre chiama ‘la cultura dell’indifferenza e dello scarto’. Proclamandolo Santo, Papa Francesco ci invita ad avere il suo sguardo d’accoglienza e d’amore verso tutti”.“La canonizzazione del nostro fondatore ci motiva a intraprendere un percorso di rinnovamento della nostra vita consacrata scalabriniana, nella chiamata alla centralità di Gesù Cristo e nell’impegno rinnovato alla missione con e per i migranti e rifugiati”, spiega suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale Suore Missionarie di San Carlo Borromeo Scalabriniane. Per Regina Widmann, responsabile generale Missionarie Secolari Scalabriniane, “sarà l’occasione per conoscere meglio la sua visione profetica, cioè la convinzione che proprio nel terreno duro dell’emigrazione è nascosto un tesoro: la possibilità che popoli diversi e tra loro lontani si ritrovino vicini e si riconoscano parte dell’unica famiglia umana”.