Vita Chiesa

Papa Francesco: conferenza stampa sull’aereo, «per capire il dramma dell’aborto bisogna stare in un confessionale»

Interpellato sul tema delle gravidanze precoci ­- 10mila lo scorso anno in America Latina -­ Francesco ha risposto, secondo quanto riferisce Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione, su Vatican news: «Credo che nelle scuole bisogna dare l’educazione sessuale. Il sesso è un dono di Dio non è un mostro. È il dono di Dio per amare e se qualcuno lo usa per guadagnare denaro o sfruttare l’altro, è un problema diverso. Bisogna offrire un’educazione sessuale oggettiva, come è, senza colonizzazioni ideologiche. Perché se nelle scuole si dà un’educazione sessuale imbevuta di colonizzazioni ideologiche, distruggi la persona. Il sesso come dono di Dio deve essere educato, non con rigidezza. Educato, da ‘educere’, per far emergere il meglio della persona e accompagnarla nel cammino. Il problema è nei responsabili dell’educazione, sia a livello nazionale che locale come pure di ciascuna unità scolastica: che maestri si trovano per questo, che libri di testo… Io ne ho visti di ogni tipo, ci sono cose che fanno maturare e altre che fanno danno. Dico questo senza entrare nei problemi politici di Panama: bisogna avere l’educazione sessuale per i bambini. L’ideale è che comincino a casa, con i genitori. Non sempre è possibile per tante situazioni della famiglia o perché non sanno come farlo. La scuola supplisce a questo, e deve farlo, sennò resta un vuoto che viene riempito da qualsiasi ideologia».

Quanto alle parole molto forti sull’aborto, pronunciate da un giovane durante la Via Crucis, il Papa ha commentato: «Il messaggio della misericordia è per tutti, anche per la persona umana che è in gestazione. Dopo questo fallimento, c’è pure misericordia. Ma una misericordia difficile, perché il problema non è dare il perdono ma accompagnare una donna che ha preso coscienza di avere abortito. Sono drammi terribili. Una donna quando pensa quello che ha fatto… Bisogna essere nel confessionale, lì devi dare consolazione e per questo ho concesso a tutti i preti la facoltà di assolvere l’aborto per misericordia. Tante volte, ma sempre, loro devono ‘incontrarsi’ con il figlio. Io tante volte, quando piangono e hanno questa angoscia, le consiglio così: tuo figlio è in cielo, parla con lui, cantagli la ninna nanna che non hai potuto cantargli. E lì si trova una via di riconciliazione della mamma col figlio. Con Dio, la riconciliazione c’è già, Dio perdona sempre. Ma anche lei deve elaborare quanto è accaduto. Il dramma dell’aborto, per capirlo bene, bisogna stare in un confessionale. Terribile».

«Io appoggio in questo momento tutto il popolo del Venezuela perché sta soffrendo, quelli di una parte e dell’altra», ha detto il Papa, rispondendo ad un’altra domanda durante la conferenza stampa in volo da Panama a Roma. «Se io sottolineassi quello che dice questo o quel Paese, mi esprimerei su qualcosa che non conosco, sarebbe un’imprudenza pastorale da parte mia e farei danni», ha precisato Francesco: «Le parole che ho detto le ho pensate e ripensate. E credo che con quelle ho espresso la mia vicinanza, ciò che sento. Io soffro per quello che sta accadendo in questo momento in Venezuela e per questo ho chiesto che ci sia una soluzione giusta e pacifica. Quello che mi spaventa è lo spargimento di sangue. E chiedo grandezza nell’aiuto da parte di quelli che possono aiutare per risolvere il problema». «Il problema della violenza mi terrorizza, dopo tutto il processo di pace in Colombia, pensate all’attentato alla scuola dei cadetti dell’altro giorno, qualcosa di terrificante», ha rivelato il Papa: «Per questo devo essere… non mi piace la parola ‘equilibrato’, voglio essere pastore e se c’è bisogno di un aiuto, che di comune accordo lo chiedano».

«Che ci siano dei protocolli chiari». È questo l’obiettivo principale dell’incontro sugli abusi che si svolgerà in Vaticano, dal 21 al 24 febbraio, con i presidenti di tutte le Conferenze episcopali del mondo. A spiegarlo ai giornalisti è stato il Papa, durante la conferenza stampa sul volo di ritorno da Panama a Roma. «Ma prima delle cose che si devono fare, bisogna prendere coscienza», ha puntualizzato Francesco, spiegando che durante l’incontro «si pregherà, ci sarà qualche testimonianza per prendere coscienza, qualche liturgia penitenziale per chiedere perdono per tutta la Chiesa. Stanno lavorando bene nella preparazione». «L’idea di questo incontro – ha rivelato il Papa – è nata nel C9 perché noi vedevamo che alcuni vescovi non capivano bene o non sapevano che cosa fare o facevano una cosa buona e un’altra sbagliata. Abbiamo sentito la responsabilità di dare una ‘catechesi’ su questo problema alle conferenze episcopali e per questo si chiamano i presidenti degli episcopati». Poi Francesco ha elencato punto per punto gli obiettivi dell’iniziativa: «Primo: che si prenda coscienza del dramma, di che cos’è un bambino o una bambina abusata. Ricevo con regolarità persone abusate. Ricordo uno: 40 anni senza poter pregare. È terribile, la sofferenza è terribile. Secondo: che sappiano che cosa si deve fare, qual è la procedura. Perché talvolta il vescovo non sa che cosa fare. È una cosa che è cresciuta molto forte e non è arrivata dappertutto. E poi che si facciano dei programmi generali ma che arrivino a tutte le Conferenze episcopali: su ciò deve fare il vescovo, ciò che devono fare l’arcivescovo metropolita e il presidente della Conferenza episcopale».

Quanto alle attese relative all’evento, il Papa ha affermato: «Io mi permetto di dire che ho percepito un’aspettativa un po’ gonfiata. Bisogna sgonfiare le aspettative a questi punti che vi ho detto, perché il problema degli abusi continuerà, è un problema umano, dappertutto. Ho letto una statistica l’altro giorno. Dice: il 50 per cento dei casi è denunciato, e solo nel 5 per cento di questi c’è una condanna. Terribile. È un dramma umano di cui prendere coscienza. Anche noi, risolvendo il problema nella Chiesa, aiuteremo a risolverlo nella società e nelle famiglie, dove la vergogna fa coprire tutto. Ma prima dobbiamo prendere coscienza e avere i protocolli».

«Cuore aperto» e «memoria» per accogliere, ma anche «prudenza» e «realismo». Sono gli atteggiamenti raccomandati dal Papa per affrontare un «problema molto complesso» come quello delle migrazioni, «sul quale si deve parlare senza pregiudizi». «Ci vuole memoria», ha esordito Francesco: «Bisogna domandarsi se la mia patria è stata fatta da migranti. Noi argentini, tutti migranti. Gli Stati Uniti, tutti migranti. Un vescovo ha scritto un articolo bellissimo sul problema della mancanza di memoria. Poi le parole che io uso: ricevere, il cuore aperto per ricevere. Accompagnare, far crescere e integrare». «Il governante deve usare la prudenza, perché la prudenza è la virtù di chi governa», la raccomandazione del Papa: «È una equazione difficile». «A me viene in mente l’esempio svedese – l’esempio scelto da Francesco – che negli anni ‘70, con le dittature in America Latina ha ricevuto tanti immigrati, ma tutti sono stati integrati. Anche vedo che cosa fa sant’Egidio, ad esempio: integra subito. Ma gli svedesi l’anno scorso hanno detto: fermatevi un po’ perché non riusciamo a finire il percorso di integrazione. E questa è la prudenza del governante. È un problema di carità, di amore, di solidarietà». «Le nazioni più generose nel ricevere sono state l’Italia e la Grecia e anche un po’ la Turchia», ha ribadito il Papa: «La Grecia è stata generosissima e anche l’Italia, tanto. È vero che si deve pensare con realismo». «Il modo di risolvere il problema delle migrazioni è aiutare i Paesi da dove vengono i migranti», ha suggerito ancora Francesco: «Vengono per fame o per guerra. Investire dove c’è la fame, l’Europa è capace di farlo, e questo è un modo per aiutare a crescere quei Paesi. Ma sempre c’è quell’immaginario collettivo che abbiamo nell’inconscio: l’Africa va sfruttata! Questo appartiene alla storia, e fa male! I migranti del Medio Oriente hanno trovato altre vie d’uscita. Il Libano è una meraviglia di generosità, ospita più di un milione di siriani. La Giordania, lo stesso. E fanno quello che possono, sperando di reintegrare. Anche la Turchia ha ricevuto qualcuno. E anche noi in Italia abbiamo accolto qualcuno».

«Nella Chiesa cattolica di rito orientale possono farlo, si fa l’opzione celibataria o di sposo prima del diaconato. Per quanto riguarda il rito latino, mi viene alla mente una frase di san Paolo VI: ‘Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge del celibato’». Nella conferenza stampa il Papa ha risposto così ad una domanda sulla possibilità che gli uomini sposati diventino preti nella Chiesa cattolica di rito latino. «Questo mi è venuto in mente e voglio dirlo perché è una frase coraggiosa, lo disse nel 1968-1970, in un momento più difficile di quello attuale», ha spiegato Francesco: «Personalmente penso che il celibato sia un dono per la Chiesa e non sono d’accordo a permettere il celibato opzionale. No. Soltanto rimarrebbe qualche possibilità nei posti lontanissimi, penso alle isole del Pacifico, ma è qualcosa da pensare quando c’è necessità pastorale. Il pastore deve pensare ai fedeli». «La mia decisione è: no al celibato opzionale prima del diaconato», ha affermato il Papa.

https://youtu.be/Tk2BCu_iLMw