Vita Chiesa

Papa Francesco: Angelus, Dio ci giudicherà «sull’amore per il prossimo in difficoltà»

«Questa parola – ha commentato Francesco – non finisce mai di colpirci, perché ci rivela fino a che punto arriva l’amore di Dio: fino al punto di immedesimarsi con noi, ma non quando stiamo bene, quando siamo sani e felici, no, ma quando siamo nel bisogno. E in questo modo nascosto lui si lascia incontrare, ci tende la mano come mendicante». Il «criterio decisivo del suo giudizio, cioè l’amore concreto per il prossimo in difficoltà», ha spiegato il Papa, è «il potere dell’amore, la regalità di Dio: solidale con chi soffre per suscitare dappertutto atteggiamenti e opere di misericordia». La parabola del giudizio prosegue presentando il re che allontana da sé quelli che durante la loro vita non si sono preoccupati delle necessità dei fratelli: «Anche in questo caso – ha detto il Papa – costoro rimangono sorpresi e chiedono: ‘Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?’. Sottinteso: ‘Se ti avessimo visto, sicuramente ti avremmo aiutato!’. Ma il re risponderà: ‘Tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me’». «Alla fine della nostra vita saremo giudicati sull’amore, cioè sul nostro concreto impegno di amare e servire Gesù nei nostri fratelli più piccoli e bisognosi», ha ammonito Francesco: «Quel mendicante, quel bisognoso che tende la mano è Gesù; quell’ammalato che devo visitare è Gesù; quel carcerato è Gesù; quell’affamato è Gesù. Pensiamo a questo. Gesù verrà alla fine dei tempi per giudicare tutte le nazioni, ma viene a noi ogni giorno, in tanti modi, e ci chiede di accoglierlo». Di qui l’auspicio di incontrare il Signore «nella sua Parola e nell’Eucaristia, e nello stesso tempo nei fratelli e nelle sorelle che soffrono la fame, la malattia, l’oppressione, l’ingiustizia».

«Ci ha dato grande dolore, venerdì scorso, la notizia della strage avvenuta in una moschea nel nord del Sinai, in Egitto», ha detto il Papa, al termine dell’Angelus, in cui ha assicurato di continuare «a pregare per le numerose vittime, per i feriti e per tutta quella comunità, così duramente colpita». «Dio ci liberi da queste tragedie e sostenga gli sforzi di tutti coloro che operano per la pace, la concordia e la convivenza», l’appello: «Quella gente in quel momento pregava; anche noi, in silenzio, preghiamo per loro». Poi un saluto particolare alla comunità ucraina, «che ricorda la tragedia dell’Holodomor, la morte per fame provocata dal regime staliniano con milioni di vittime»: «Prego per l’Ucraina – le parole di Francesco – perché la forza della fede possa contribuire a guarire le ferite del passato e promuovere oggi cammini di pace». Infine la richiesta ai fedeli di pregare per il suo viaggio apostolico in Myanmar e Bangladesh, iniziato con la partenza di ieri sera: «Vi chiedo di accompagnarmi con la preghiera, perché la mia presenza sia per quelle popolazioni un segno di vicinanza e di speranza».