Vita Chiesa

Papa Francesco: all’Ail, con voi nessun sofferente si sente «scarto»

«La Chiesa elogia e incoraggia ogni sforzo di ricerca e di applicazione volto alla cura delle persone sofferenti». Lo ha detto Papa Francesco ai volontari e ammalati assistiti dell’Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma (Ail), ricevuti oggi in udienza nell’Aula Paolo VI, in occasione del 50° anniversario dalla sua fondazione. «Le vostre principali linee di azione risultano essere molto efficaci quanto a ricerca scientifica, assistenza sanitaria e formazione del personale», ha aggiunto il pontefice. Che si è soffermato sui tre singoli impegni. «Con la ricerca scientifica indagate la dimensione biologica dell’uomo, per poterlo alleviare dalla malattia, con azioni volte alla prevenzione e con terapie sempre più efficaci».

Poi, l’attenzione del Papa si è volta all’assistenza sanitaria, con la quale «vi fate prossimi ai sofferenti, per accompagnarli nel tempo della sofferenza, perché nessuno si senta mai solo o abbia la sensazione di essere ormai uno ‘scarto’ rispetto al contesto sociale». Infine, la cura e formazione del personale con la quale «qualificate la vostra azione per favorire una presa in carico globale della persona malata», affinché «si realizzi quell’alleanza terapeutica necessaria al paziente e agli stessi operatori sanitari, chiamati a vivere ogni giorno coinvolti nell’esperienza della sofferenza».

E, poi, un pensiero rivolto ai volontari, che «‘stanno’ presso il letto dei sofferenti e realizzano quell’accompagnamento che porta tanta consolazione». Una «presenza di tenerezza e di conforto», che «realizza quel comandamento all’amore reciproco e fraterno che ci ha consegnato Gesù». «Questo atteggiamento di prossimità premurosa è tanto più necessario nei confronti del malato ematologico, la cui situazione è complessa per la percezione stessa della malattia, nella sua specificità».

«Una delle cose che più mi ha toccato quando, sei anni fa, sono arrivato a Roma, è il volontariato italiano. È grandioso!», ha detto Papa Francesco. «Voi avete tre cose grandi, che implicano un’organizzazione tra voi: il volontariato, che è molto importante, il cooperativismo, che è un’altra capacità che voi avete, di fare cooperative per andare avanti, e gli oratori nelle parrocchie. Tre cose grandi – ha aggiunto il Papa -. Grazie di questo». Poi, uno sguardo alle storie delle persone presenti, «tante storie di croce sono tra voi». E Francesco ne ha citata una: quella di Marilena e Silvano Bellato. «Hanno sofferto una doppia ‘mazzata’ dalla vita con la morte dei loro figli Fabio e Sara. Hanno avuto il coraggio di rimanere in piedi con la sofferenza, come Maria ai piedi della Croce. E da quel dolore sono riusciti ad andare avanti pensando alla ‘risurrezione’ di tanti bambini con la fondazione della Sezione provinciale dell’Ail. Grazie tante a loro e a tanti che sono come loro».

«Il ruolo dei medici, infermieri, biologi, tecnici di laboratorio è sempre più determinante, non solo in termini di professionalità e formazione scientifica, ma anche in campo spirituale, dove sono  chiamati alla cura delle persone nella loro totalità di corpo e spirito – ha proseguito il Papa -. La cura non è della malattia, di  un organo o di cellule, ma della persona». «La persona nella sua spiritualità non si esaurisce nella corporeità – ha aggiunto il pontefice -; ma il fatto che lo spirito trascende il corpo fa sì che questo venga incluso in una vitalità e dignità più grande, che non è quella propria della biologia, ma quella propria della persona e dello spirito». Riferendosi alla «prolungata permanenza in reparti di isolamento», il Papa la considera «davvero pesante da sopportare». «La persona prova sulla propria carne l’impressione di sentirsi separata dal mondo, dalle relazioni, dalla vita quotidiana».

A i malati che vivono «questa esperienza», Francesco dice che «non sono soli«: «Il Signore, che ha provato l’esperienza dura del dolore e della croce, è lì accanto a loro. La presenza di tante persone che condividono con essi questi momenti difficili è segno tangibile della presenza e della consolazione di Gesù e di sua madre, la Vergine Maria, Madre di tutti gli infermi». Il riferimento è a «quanti esprimono la condivisione della Chiesa alle persone che soffrono di queste patologie«: i cappellani, i diaconi, i ministri straordinari della comunione.

«Mediante la loro testimonianza spirituale e fraterna, è tutta la comunità dei credenti che assiste e consola, diventando comunità sanante». Infine, l’incoraggiamento a «un rinnovato slancio volto a curare e migliorare la vita delle persone malate».