Vita Chiesa

Papa Francesco all’Acec: cinema, luogo di comunione e scuola di umanesimo

«Comunione, creatività e visione». Sono i tre compiti che oggi, Papa Francesco ha affidato ai membri dell’Associazione cattolica esercenti cinema-sale della comunità (Acec), ricevendoli in udienza, nel Palazzo apostolico, in occasione del 70° anniversario di fondazione. Partendo dal primo compito, la comunione, il Pontefice ha osservato: «Il cinema, si sa, è un grande strumento di aggregazione. Soprattutto nel dopoguerra ha contribuito in maniera eccezionale a ricostruire il tessuto sociale con tanti momenti aggregativi. Quante piazze, quante sale, quanti oratori, animati da persone che, nella visione del film, trasferivano speranze e attese. E da lì ripartivano, con un sospiro di sollievo, nelle ansie e difficoltà quotidiane». Dunque, un momento anche educativo e formativo, per riconnettere rapporti consumati dalle tragedie vissute».

Tra le grandi produzioni che hanno raccontato quegli anni, il Santo Padre ha citato – sentendolo «molto familiare a questo nostro incontro» – il film «I bambini ci guardano«: «È un lavoro bello e ricco di significati. Ma tutto il cinema del dopoguerra, quei grandi… Tutto il cinema del dopoguerra è una scuola di umanesimo. Voi italiani avete fatto questo, con i vostri grandi, non dimenticatevi di questo. E non parlo per sentito dire. Quando eravamo bambini, i genitori ci portavano a vedere quei film, e ci hanno formato il cuore. Bisogna riprendere questi. Ho menzionato quello per la famiglia, ma sono tanti, tanti… Voi siete eredi di questa grande scuola di umanesimo, di umanità che è il cinema del dopoguerra.».

«Anche le vostre realtà associative sono valutate sulla capacità di aggregare o, meglio, di costruire comunione», ha aggiunto, con l’invito a «costruire comunione tra voi, ma anche comunione tra associazioni e organizzazioni che nel mondo cattolico si occupano di cinema, per trasmettere la bellezza dello stare insieme negli eventi di cui siete promotori. Senza comunione, all’aggregazione manca l’anima».

«Visione». È il terzo compito che Papa Francesco ha affidato ai membri dell’Acec. «La visione di un’opera cinematografica può aprire diversi spiragli nell’animo umano – ha osservato il Pontefice -. Il tutto dipende dalla carica emotiva che viene data alla visione. Ci possono essere l’evasione, l’emozione, la risata, la rabbia, la paura, l’interesse… Tutto è connesso all’intenzionalità posta nella visione, che non è semplice esercizio oculare, ma qualcosa di più. È lo sguardo posto sulla realtà». «Lo sguardo, infatti – ha aggiunto il Santo Padre -, rivela l’orientamento più diversificato dell’interiorità, perché capace di vedere le cose e di vedere dentro le cose. Lo sguardo provoca anche le coscienze a un attento esame». Di qui l’invito a lasciarsi interrogare: «Com’è il nostro sguardo? È uno sguardo attento e vicino, non addormentato? È uno sguardo d’insieme e di unità? In modo particolare, a voi che vi occupate di cinema: è uno sguardo che suscita emozioni? È uno sguardo che comunica comunione e creatività?». Per il Papa, «le risposte non sono scontate e richiedono un grande lavorio interiore. Lo sguardo comunica e non tradisce, impegna in stili di vita e azioni coordinate per un bene più grande del semplice interesse. Lo sguardo sta a fondamento della costruzione delle comunità. E voi sapete benissimo quanto sia importante superare gli steccati del passato per proiettarsi nei sentieri del futuro. Tutti voi avete nel Dna un sentire ecclesiale. Vi esorto a vivere la vostra passione e la vostra competenza con senso e stile ecclesiale: è la miglior medicina per non cadere nell’autoreferenzialità, che sempre uccide».