Italia

Papa Francesco ai sindaci italiani, “partire dai poveri per servire il bene di tutti”

Rivolgendosi ai sindaci, il Papa ha voluto offrire “tre parole di incoraggiamento”. Sono “paternità – o maternità –, periferie, pace”. “Il servizio al bene comune – ha spiegato – è una forma alta di carità, paragonabile a quello dei genitori in una famiglia”. In una città, ha ammonito, “la paternità la paternità – o maternità – si attua anzitutto attraverso l’ascolto. Il sindaco o la sindaca sa ascoltare. Non temete di ‘perdere tempo’ ascoltando le persone e i loro problemi!”. “Un buon ascolto – ha precisato – aiuta a fare discernimento, per capire le priorità su cui intervenire”. “Non mancano, grazie a Dio, le testimonianze di sindaci che hanno dedicato gran parte del tempo ad ascoltare e raccogliere le preoccupazioni della gente”, il tributo di Francesco, secondo cui “con l’ascolto non deve mancare il coraggio dell’immaginazione”.

“A volte – ha sottolineato – ci si illude che per risolvere i problemi bastino finanziamenti adeguati. Non è vero, in realtà, occorre anche un progetto di convivenza civile e di cittadinanza: occorre investire in bellezza laddove c’è più degrado, in educazione laddove regna il disagio sociale, in luoghi di aggregazione sociale laddove si vedono reazioni violente, in formazione alla legalità laddove domina la corruzione”. “Saper sognare una città migliore e condividere il sogno con gli altri amministratori del territorio, con gli eletti nel consiglio comunale e con tutti i cittadini di buona volontà è un indice di cura sociale. È un po’ il mestiere del sindaco e della sindaca”, ha evidenziato Francesco.

“Sono contento di accogliervi per un momento di riflessione sul vostro servizio per la difesa e la promozione del bene comune nelle città e nelle comunità che amministrate. Attraverso di voi, saluto i sindaci di tutto il territorio nazionale, con grato apprezzamento, in particolare, per ciò che state facendo e che avete fatto in questi due anni di pandemia”. Ha aggiunto Papa Francesco. “La vostra presenza è stata determinante per incoraggiare le persone a continuare a guardare avanti”, il tributo di Francesco: “Siete stati punto di riferimento nel far rispettare normative a volte gravose, ma necessarie per la salute dei cittadini. Anzi, la vostra voce ha aiutato anche chi aveva responsabilità legislative a prendere decisioni tempestive per il bene di tutti. Grazie!”.

“Se penso al vostro lavoro mi rendo conto di quanto sia complesso”, ha osservato il Papa. “A momenti di consolazione – ha proseguito – si affiancano tante difficoltà. Da una parte, infatti, la vostra vicinanza alla gente è una grande opportunità per servire i cittadini, che vi vogliono bene per la vostra presenza in mezzo a loro. La vicinanza. Dall’altra parte, immagino che a volte sentiate la solitudine della responsabilità”. “Spesso – ha rilevato il Papa – la gente pensa che la democrazia si riduca a delegare col voto, dimenticando il principio della partecipazione, essenziale perché una città possa essere bene amministrata. Si pretende che i sindaci abbiano la soluzione a tutti i problemi! Ma questi – lo sappiamo – non si risolvono solo ricorrendo alle risorse finanziarie. Quanto è importante poter contare sulla presenza di reti solidali, che mettano a disposizione competenze per affrontarle”.

“Spesso voi avvertite il dramma che si vive in periferie degradate, dove la trascuratezza sociale genera violenza e forme di esclusione. Partire dalle periferie non vuol dire escludere qualcuno, è una scelta di metodo; non una scelta ideologica, ma di partire dai poveri per servire il bene di tutti”. Ha continuato Papa Francesco durante l’udienza l’Associazione nazionale Comuni d’Italia (Anci).

“Non c’è città senza poveri”, ha osservato Francesco, aggiungendo che “i poveri sono la ricchezza di una città. Questo a qualcuno sembrerebbe cinico; no, non è così; ci ricordano – loro, i poveri – le nostre fragilità e che abbiamo bisogno gli uni degli altri”. “Ci chiamano alla solidarietà, che è un valore-cardine della dottrina sociale della Chiesa, particolarmente sviluppato da san Giovanni Paolo II”, ha proseguito il Papa, rammentando che “in tempo di pandemia abbiamo scoperto solitudini e conflitti all’interno delle case, che erano nascosti; il dramma di chi ha dovuto chiudere la propria attività economica, l’isolamento degli anziani, la depressione di adolescenti e giovani – pensate al numero dei suicidi dei giovani! –, le disuguaglianze sociali che hanno favorito chi godeva già di condizioni economiche agiate, le fatiche di famiglie che non arrivano a fine mese… E anche, mi permetto di menzionarli, gli usurai che bussano alle porte. E questo succede nelle città, almeno qui a Roma”.

“Quante sofferenze avete incontrato!”, ha evidenziato Francesco, per il quale “le periferie non vanno solo aiutate, devono trasformarsi in laboratori di un’economia e di una società diverse”. “Infatti, quando abbiamo a che fare con i volti delle persone, non basta dare un pacco alimentare”, ha ammonito: “La loro dignità chiede un lavoro, e quindi un progetto in cui ciascuno sia valorizzato per quello che può offrire agli altri. Il lavoro è davvero unzione di dignità!”. Perché la questione non è “portare il pane a casa: questo non ti dà dignità. Si tratta di guadagnare il pane che tu porti a casa. E quello sì, ti unge di dignità”.

“Tra le mura domestiche si vivono tanti conflitti, c’è bisogno di serenità e di pace. E siamo certi che la buona qualità delle relazioni è la vera sicurezza sociale in una città. Per questo c’è un compito storico che coinvolge tutti: creare un tessuto comune di valori che porti a disarmare le tensioni tra le differenze culturali e sociali”. Lo ha affermato Papa Francesco parlando ai sindaci italiani.

“La stessa politica di cui siete protagonisti può essere una palestra di dialogo tra culture, prima ancora che contrattazione tra schieramenti diversi”, ha proseguito Francesco, ribadendo che “la pace non è assenza di conflitto, ma la capacità di farlo evolvere verso una forma nuova di incontro e di convivenza con l’altro”. Il Papa ha ripetuto anche in questa occasione che “il conflitto è pericoloso se rimane chiuso in sé stesso. Non dobbiamo confondere la crisi con il conflitto. Per esempio, la pandemia ci ha messo in crisi, questo è buono. La crisi è buona, perché la crisi ti fa risolvere e fare passi avanti. Ma la cosa cattiva è quando la crisi si trasforma in conflitto e il conflitto è chiuso, il conflitto è guerra, il conflitto è difficile che trovi una soluzione che vada più avanti. Crisi sì, conflitto no”. “Fuggire dai conflitti ma vivere in crisi”, l’esortazione di Francesco, per il quale “la pace sociale è frutto della capacità di mettere in comune vocazioni, competenze, risorse”.

Per questo, “è fondamentale favorire l’intraprendenza e la creatività delle persone, in modo che possano tessere relazioni significative all’interno dei quartieri. Tante piccole responsabilità sono la premessa di una pacificazione concreta e che si costruisce quotidianamente”. Francesco ha voluto anche ricordare “il principio di sussidiarietà, che dà valore agli enti intermedi e non mortifica la libera iniziativa personale”. “Vi incoraggio – ha concluso il Papa – a rimanere vicini alla gente. Perché una tentazione di fronte alle responsabilità è quella di fuggire. Isolarsi, fuggire… Isolarsi è un modo di fuggire. San Giovanni Crisostomo, vescovo e padre della Chiesa, pensando proprio a questa tentazione, esortava a spendersi per gli altri, piuttosto che restare sulle montagne a guardarli con indifferenza. Spendersi. È un insegnamento da custodire, soprattutto quando rischiamo di farci prendere dallo scoraggiamento e dalla delusione”.