Vita Chiesa
Papa Francesco ai popoli nativi del Canada: “Vi chiedo scusa”
Il suono dei tamburi, la musica del violino, i canti, le lingue ancestrali, le danze tipiche. La Sala Clementina in Vaticano si è riempita questa mattina dei suoni e delle parole cariche di storia dei popoli nativi del Canada. Con i loro vestiti tradizionali, si sono presentati a Papa Francesco. Per tre giorni le tre delegazioni First Nations, Métis e Inuit hanno potuto raccontare il loro dolore, gli abusi subiti, l’ingiustizia di non avere ancora giustizia. È una ferita profondissima. Prende la forma delle “scuole residenziali”, veri e propri luoghi dell’orrore, istituiti nel passato, per cancellare la cultura, l’identità, la spiritualità e la lingua dei popoli indigeni. Circa 150 mila bambini furono strappati alle loro famiglie. Si stima che almeno 4 mila trovarono la morte a causa di malattie, fame, freddo ma anche a seguito di abusi subiti. Lo scorso anno a più riprese, attorno a queste scuole, sono state rivenute tombe anonime con dentro i resti dei corpi di questi bambini. Ieri, Chief Rosanne Casimir, una delle rappresentanti delle First Nations, ha chiesto a Papa Francesco l’accesso ai registri e ai documenti in possesso della Chiesa cattolica per poter risalire all’identità dei bimbi scomparsi.
L’udienza finale si è svolta in un profondo clima di preghiera e invocazione. È stato Elder Fred Kelly, anziano delle First Nations, ad invocare per primo “gli spiriti che il Creatore ha posto su tutte le direzione dell’est, del sud, del nord e dell’ovest della terra”. “Ti chiediamo, ti imploriamo i doni sacri dei nostri popoli, amore, gentilezza, rispetto, verità, coraggio e umiltà”.“Possa il Creatore benedire il nostro incontro oggi così che possiamo camminare in futuro insieme” e “trovare la riconciliazione e la guarigione di cui le prime generazioni hanno bisogno”.Ha poi preso la parola Elder Emile Janvier della Métis Nation, anche lui uno dei sopravvissuti alle scuole residenziali mentre la delegazione Inuit ha intonato la preghiera del “Padre nostro”, in lingua Inuktitu. Con loro ci sono anche i rappresentanti della Chiesa cattolica canadese e a nome di tutti, il presidente dei vescovi canadesi, mons. Raymond Poisson, ha detto: “Padre Santo, la nostra storia recente è segnata dallo stigma dei fallimenti e delle mancanze nell’amore per il prossimo, in particolare verso i membri di quelle nazioni che sono presenti in Canada da secoli.Il nostro desiderio di riconciliazione è tanto più grande. La nostra presenza qui è una testimonianza del nostro impegno gli uni per gli altri e per gli altri”.
Il Papa non ha deluso le aspettative. Ha pronunciato le parole che le delegazioni volevano ascoltare: parole di scuse, impegno di giustizia e la promessa di andare sulla loro terra, in Canada, per abbracciare i popoli nativi. “Attraverso le vostre voci – ha detto – ho potuto toccare con mano e portare dentro di me, con grande tristezza nel cuore, i racconti di sofferenze, privazioni, trattamenti discriminatori e varie forme di abuso subiti da diversi di voi, in particolare nelle scuole residenziali. È agghiacciante pensare alla volontà di istillare un senso di inferiorità, di far perdere a qualcuno la propria identità culturale, di troncare le radici, con tutte le conseguenze personali e sociali che ciò ha comportato e continua a comportare: traumi irrisolti, che sono diventati traumi intergenerazionali”.
“Tutto ciò ha suscitato in me due sentimenti: indignazione e vergogna”.
“Indignazione, perché è ingiusto accettare il male, ed è ancora peggio abituarsi al male, come se fosse una dinamica ineludibile provocata dalle vicende della storia. No, senza una ferma indignazione, senza memoria e senza impegno a imparare dagli errori i problemi non si risolvono e ritornano”. “E provo anche vergogna, ve l’ho detto e lo ripeto: provo vergogna, dolore e vergogna per il ruolo che diversi cattolici, in particolare con responsabilità educative, hanno avuto in tutto quello che vi ha ferito, negli abusi e nella mancanza di rispetto verso la vostra identità, la vostra cultura e persino i vostri valori spirituali”. “Per la deplorevole condotta di quei membri della Chiesa cattolica chiedo perdono a Dio e vorrei dirvi, di tutto cuore: sono molto addolorato. E mi unisco ai Fratelli Vescovi canadesi nel chiedervi scusa”.
Nel suo discorso il papa gli orrori compiuti dalla “colonizzazione ideologica” che strappa “senza rispetto” per persone dall’ambiente vitale in cui vivono per uniformarle “a un’altra mentalità”. E conclude: “sono stato arricchito dalle vostre parole e ancora di più dalla vostra testimonianza. Avete portato qua a Roma il senso vivo delle vostre comunità. Sarò felice di beneficiare ancora dell’incontro con voi, visitando i vostri territori natii, dove vivono le vostre famiglie”.“Vi do allora l’arrivederci in Canada, dove potrò meglio esprimervi la mia vicinanza. Vi assicuro intanto la preghiera, invocando la benedizione del Creatore su di voi, sulle vostre famiglie, sulle vostre comunità”.