Vita Chiesa

Papa Francesco: a studenti dell’Istituto Barbarigo, «no a giovani da divano, i nonni aiutano i giovani a non essere liquidi»

«Nella vita rischiate, non siate ‘giovani da divano’: la giovinezza non è passività, ma uno sforzo tenace per raggiungere mete importanti». Così Papa Francesco, stamani, rispondendo a braccio alle domande degli studenti dell’Istituto vescovile Gregorio Barbarigo di Padova, ricevuti in aula Paolo VI. Rivolgendosi a una studentessa, Sofia, che frequenta la terza media, il pontefice ha affermato che «nella giovinezza si impara che nella vita niente è gratis». «Tu devi guadagnare le mete, arrivare alle mete. Soltanto è gratuito l’amore di Dio, la grazia di Dio. Quello è gratuito, perché Lui ci amerà sempre. Sempre. Ma per andare avanti ci vuole lo sforzo, no? Lo sforzo di ogni giorno».

Quindi, l’invito ai giovani a «non trascorre la vita sul divano, andando precocemente in pensione», ma devono «ripudiare la passività e la mediocrità». La necessità indicata è quella di andare avanti senza dimenticare che la «vita è un continuo dialogo», che necessita di «un confronto con la famiglia, gli amici, gli educatori». E un ruolo speciale lo devono avere «i nonni, che non sono noiosi» e «possono aiutare i giovani a non essere ‘liquidi’». «Voi dovete parlare con i nonni. È importante! Perché? Perché i nonni sono le radici – ha spiegato il Papa -. Se tu non vai alle tue radici, sarai un giovane o una giovane sradicato. E quando non ci sono le radici, non c’è la crescita, non ci sono i fiori, non c’è il frutto. Crescere, ma radicati».

«In questo momento, nell’umanità, dove ci sono tante guerre, noi stiamo vivendo una cultura della morte o una cultura del silenzio, che è un ignorare le cose che passano, e questa è morte, non è vita, o una cultura dell’indifferenza», ha detto il Papa. Poi, rivolgendosi ad Aldo, studente del secondo anno di scuola superiore, ha ribadito l’importanza di confrontarsi con le «grandi domande della vita». Contro questa «cultura della morte o del silenzio», l’invito del pontefice ad assumere «problemi della vita reale». «Questa concretezza, che passa anche nel chiedersi ‘quanti bambini all’anno muoiono di fame nelle zone di guerra’ – ha aggiunto il Papa -, si può acquisire con le tre dimensioni dell’educazione: il linguaggio della testa, cioè il linguaggio delle idee e dell’intelletto; il linguaggio del cuore e il linguaggio delle mani. Pensare, sentire e fare. Questo ci fa crescere. È un’armonia di tre linguaggi». Poi, Francesco ha evidenziato l’importanza per un giovane della «capacità di interrogarsi». Nelle parole del Papa, l’importanza del lavoro. A questo proposito ha raccontato alcuni ricordi di infanzia, come il lavoro svolto durante le vacanze estive, quando aveva tredici anni, su suggerimento del padre. «Pulivo in una fabbrica le officine. Il lavoro concreto a me ha fatto bene, mi ha aperto gli occhi».

«I giovani appassiti sono coloro che mettono la loro gioia nelle cose superficiali della vita, e non vanno in profondità, alle grandi domande, appassionati. La vita si gioca con passione», ha detto ancora il Papa rispondendo a braccio alle domande degli studenti. Rivolgendosi a Giovanni, che frequenta l’ultimo anno di liceo, il pontefice ha detto che «per capire i sogni che Dio ha per te bisogna pregare». «Ma non come un pappagallo», bensì «pregare col cuore, dialogare con il Signore».

A tutti il Papa ha chiesto di non fare «scelte di laboratorio». Quella indicata da Francesco è una scelta «non per riempirmi le tasche di soldi, ma per servire meglio gli altri». «Il vostro lavoro futuro dovrà essere un servizio alla società», ha sottolineato il Santo Padre. Quindi, l’invito ai giovani a «non avere paura dei momenti di solitudine» e a «non perdere la passione». «È brutto incontrare giovani appassiti. Una vita giovanile senza passione è come la pasta in bianco senza sale».