Vita Chiesa
Papa Francesco: a ragazzi romeni, a Messa si va «senza trucco, così come siamo»
«Insieme ricordiamo tanti bambini e ragazzi che sono andati in cielo: preghiamo per loro; e preghiamo per quelli che vivono in situazioni di grande difficoltà, in Romania e in altri Paesi del mondo». È il saluto del Papa ai ragazzi romeni ospiti di un orfanotrofio, aiutati dalla Ong «Fdp protagonisti nell’educazione», che opera da anni in Romania. Nel dialogo domande-risposte tra Francesco e i piccoli – avvenuto il 4 gennaio scorso, ma la cui trascrizione è stata diffusa oggi dalla Sala Stampa della Santa Sede – il Papa ha affidato a Maria «tutti i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze che soffrono per le malattie, le guerre e le schiavitù di oggi». Poi ha risposto a braccio a sette domande.
«A cosa serve andare in chiesa?». «Serve a metterci davanti a Dio così come siamo, senza ‘truccarci’, così come siamo davanti a Dio, senza trucco». Il Papa ha risposto così, a braccio, ad una delle domande che ha caratterizzato il dialogo tra lui e i ragazzi. «Eccomi. Sono peccatore e ti chiedo perdono. Abbi pietà di me»: sono queste, per Francesco, le parole da pronunciare quando andiamo a messa: «Se io vado in chiesa per far finta di essere una buona persona questo non serve», ha spiegato: «Se vado in chiesa perché mi piace sentire la musica o anche perché mi sento bene non serve. Serve se all’inizio, quando io entro in chiesa, posso dire: ‘Eccomi Signore. Tu mi ami e io sono peccatore. Abbi pietà di noi’. Gesù ci dice che se facciamo così, torniamo a casa perdonati. Accarezzati da lui, più amati da lui sentendo questa carezza, questo amore. Così piano piano Dio trasforma il nostro cuore con la sua misericordia, e trasforma anche la nostra vita». In questo modo, per il Papa, «non restiamo sempre uguali, ma veniamo ‘lavorati’. Dio ci lavora il cuore, è lui, e noi siamo lavorati come l’argilla nelle mani del vasaio; e l’amore di Dio prende il posto del nostro egoismo. Ecco perché credo che è importante andare in chiesa: non solo guardare Dio, lasciarsi guardare da Lui».
«Ci sono genitori che sono fragili», e «l’affido può essere un aiuto in certe situazioni difficili», ha detto, a braccio, il Papa. «Ci sono genitori che sono fragili – ha spiegato Francesco – perché sono sempre uomini e donne con i loro limiti, i loro peccati e le fragilità che si portano dentro, e magari non hanno avuto la fortuna di essere aiutati quando loro erano piccoli. È difficile ricevere aiuto dai genitori fragili e a volte siamo noi che dobbiamo aiutarli». «Invece di rimproverare la vita perché mi ha dato genitori fragili e io non sono tanto fragile, perché non cambiare la cosa e dire grazie a Dio, grazie alla vita perché io posso aiutare la fragilità del genitore?», la proposta controcorrente del Papa. «Dio vuole portarci in Paradiso, nessuno escluso», ha ricordato Francesco, «e non si spaventa quando ci trova, anche se siamo in uno stato di grande fragilità, se siamo sporchi di peccati, se siamo abbandonati da tutto e dalla vita». «Dio, davanti a tante situazioni brutte in cui noi possiamo trovarci fin da piccoli, vuole guarirle, risanarle, vuole portare vita dove c’è morte», ha proseguito il Papa. Rispondendo ad un ragazzi orfano che a 21 anni ha cercato sua madre che però l’ha poi respinto, e che chiedeva il perché della sua «colpa», Francesco ha risposto: «Non è questione di colpa, è questione di grande fragilità degli adulti. La povertà spirituale indurisce i cuori e provoca quello che sembra impossibile, che una madre abbandoni il proprio figlio: questo è frutto della miseria materiale e spirituale, frutto di un sistema sociale sbagliato, disumano, che indurisce i cuori, che fa sbagliare, fa sì che noi non troviamo la strada giusta».