Vita Chiesa

Papa Francesco: a Istituto Innocenti, «creare una cultura dell’adozione per i bambini abbandonati, soli, vittime di guerre»

«C’è una cultura della sorpresa nel vedere crescere, vedere come si sorprendono dalla vita, come entrano in contatto con la vita», ha detto Francesco: «E noi dobbiamo imparare a fare lo stesso. Questa via, questa strada che tutti noi abbiamo fatto da bambini, dobbiamo riprenderla». Nel Vangelo, ha ricordato il Papa, Gesù «va anche oltre: non solo dice di accogliere i bambini, e chi li accoglie accoglie Lui, ma va oltre: ‘Se non diventate come bambini, non entrerete nel Regno dei cieli’. Ed è questo che a noi deve insegnare la cultura del bambino». «Dobbiamo in qualche modo tornare alla semplicità di un bambino e soprattutto alla capacità di sorprenderci», l’appello del Papa: «Le sorprese! Il nostro Dio è il Dio delle sorprese, e noi dobbiamo imparare questo». Riferendosi alla consuetudine delle «medaglie spezzate» – metà al bambino e metà alla madre che lo lasciava all’Istituto – Francesco ha fatto notare che «oggi nel mondo ci sono tanti bambini che idealmente hanno la metà della medaglia. Sono soli. Le vittime delle guerre, le vittime delle migrazioni, i bambini non accompagnati, le vittime della fame. Bambini con metà medaglia. E chi ha l’altra metà? La Madre Chiesa. Noi abbiamo l’altra metà». «Bisogna riflettere e far capire alla gente che noi siamo responsabili di quest’altra metà e aiutare a fare oggi un’altra ‘casa degli innocenti’, più mondiale, con l’atteggiamento dell’adozione», l’invito del Papa: «Tante volte c’è gente che vuole adottare bambini, ma c’è una burocrazia così grande – quando non c’è la corruzione di mezzo, che tu paghi e… Ma aiutatemi in questo: a seminare coscienza che noi abbiamo l’altra metà della medaglia di quel bambino. Tante, tante famiglie che non hanno figli e avrebbero sicuramente il desiderio di averne uno con l’adozione: andare avanti, creare una cultura di adozione perché i bambini abbandonati, soli, vittime di guerre e altro sono tanti; che la gente impari a guardare quella metà e dire: ‘Anch’io ne ho un’altra’».

«Quando sono venuto a Firenze, nel 2015, per il V Convegno ecclesiale nazionale, parlando della bellezza della città non ho potuto fare a meno di ricordare che molta di quella bellezza è stata messa a servizio della carità, e ho citato proprio lo ‘Spedale degli Innocenti’ come esempio». È quanto si legge nel discorso scritto, consegnato dal Papa durante l’udienza concessa oggi ai dirigenti, gli operatori e i bambini dell’Istituto Ospedale degli Innocenti di Firenze, in occasione del 600° anniversario dalla nascita dell’istituzione italiana dedicata all’accoglienza e alla difesa dei bambini, la cui missione, adeguandosi alle nuove esigenze di bambini e famiglie, rimane un punto di riferimento in materia di tutela e promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza a livello nazionale e internazionale, basato sulla Convenzione Onu del 1989.

«Una delle prime architetture rinascimentali è stata creata per il servizio di bambini abbandonati e madri disperate», l’altra citazione del discorso di Firenze. «L’Istituto degli Innocenti, con i suoi sei secoli di storia – una storia che non è conclusa, ma che guarda al futuro – ci parla di una città che ha messo il meglio di sé nell’accoglienza dei bambini, perché non dovessero più essere chiamati ‘abbandonati’ ma accolti, affidati all’amore e alle cure della comunità», l’omaggio del Papa, secondo il quale «quella degli Innocenti è una storia che ha molto da insegnarci». Citando «la generosità di un ricco banchiere, Francesco Datini, che donò la cifra con cui fu possibile avviare la realizzazione di questa opera», Francesco ha affermato che «anche oggi, la responsabilità sociale ed etica del mondo della finanza è un valore indispensabile per costruire una società più giusta e solidale». L’altro elemento che colpisce, nella storia degli Innocenti, «è che la progettazione fu affidata a Filippo Brunelleschi, l’architetto più importante dell’epoca, che proprio in quegli anni stava lavorando a un capolavoro che ancora oggi stupisce il mondo: la cupola della cattedrale di Santa Maria del Fiore. Perché la stessa bellezza che si dedica alla casa del Signore la si dedichi anche alla casa dei bambini meno fortunati». «Perché per i bambini bisognosi di accoglienza non bastava dare il latte delle balie, c’era il desiderio di farli crescere in un ambiente che fosse il più bello possibile», il commento di Francesco.

Da seicento anni, l’Istituto degli Innocenti «si preoccupa di offrire ai suoi bambini e alle sue bambine tutto il necessario per crescere in maniera dignitosa», ha sottolineato il Papa, che nel testo consegnato durante l’udienza coglie l’occasione per ribadire che «ai poveri, alle creature fragili, a chi vive nelle periferie dobbiamo offrire il meglio che abbiamo». «E tra le persone più fragili di cui dobbiamo prenderci cura ci sono sicuramente tanti bambini rifiutati, derubati della loro infanzia e del loro futuro», l’elenco di Francesco: «Minori che affrontano viaggi disperati per fuggire dalla fame o dalla guerra. Bambini che non vedono la luce perché le loro mamme subiscono condizionamenti economici, sociali, culturali che le spingono a rinunciare a quel dono meraviglioso che è la nascita di un figlio». «Quanto abbiamo bisogno di una cultura che riconosca il valore della vita, soprattutto di quella debole, minacciata, offesa, e anziché pensare di poterla mettere in disparte, di escluderla con muri e chiusure, si preoccupi di offrire cure e bellezza!», l’appello del Papa, secondo il quale «oggi l’obiettivo che dobbiamo porci, ai vari livelli di responsabilità, è che nessuna madre si trovi nelle condizioni di dover abbandonare il proprio bambino». «Ma dobbiamo anche far sì che di fronte a qualsiasi evento, anche tragico, che possa distaccare un bambino o una bambina dai suoi genitori, ci siano strutture e percorsi di accoglienza in cui l’infanzia sia sempre protetta e accudita, nell’unico modo degno», prosegue Francesco, «dando ai bambini il meglio che possiamo offrire loro».