«La cultura positivista, escludendo la domanda su Dio dal dibattito scientifico, determina il declino del pensiero e l’indebolimento della capacità di intelligenza del reale». È il monito del Papa, che visitando oggi l’Università Cattolica di Roma e il Policlinico Gemelli ha messo in guardia da “una mentalità fondamentalmente tecnocratica”, che “genera un rischioso squilibrio tra ciò che è possibile tecnicamente e ciò che è moralmente buono, con imprevedibili conseguenze” . “Le molteplici scoperte, le tecnologie innovative che si susseguono a ritmo incalzante, sono ragione di motivato orgoglio, ma spesso non sono prive di inquietanti risvolti”, ha esordito Benedetto XVI, secondo il quale “sullo sfondo del diffuso ottimismo del sapere scientifico si protende l’ombra di una crisi del pensiero”. “Ricco di mezzi, ma non altrettanto di fini – ha aggiunto il Papa – l’uomo del nostro tempo vive spesso condizionato da riduzionismo e relativismo, che conducono a smarrire il significato delle cose; quasi abbagliato dall’efficacia tecnica, dimentica l’orizzonte fondamentale della domanda di senso, relegando così all’irrilevanza la dimensione trascendente. Su questo sfondo, il pensiero diventa debole e acquista terreno anche un impoverimento etico, che annebbia i riferimenti normativi di valore”. Così, “quella che è stata la feconda radice europea di cultura e di progresso sembra dimenticata”. (segue)Di qui l’importanza che “la cultura riscopra il vigore del significato e il dinamismo della trascendenza”, cioè “apra con decisione l’orizzonte del quaerere Deum'”. Per il Papa, infatti, “lo stesso impulso alla ricerca scientifica scaturisce dalla nostalgia di Dio che abita il cuore umano: luomo di scienza tende, spesso inconsciamente, a raggiungere quella verità che può dare senso alla vita. Ma per quanto sia appassionata e tenace la ricerca umana, essa non è capace con le proprie forze di approdo sicuro”, e per “restituire alla ragione la sua nativa, integrale dimensione bisogna riscoprire il luogo sorgivo che la ricerca scientifica condivide con la ricerca di fede”, partendo dalla consapevolezza che “scienza e fede hanno una reciprocità feconda, quasi una complementare esigenza dell’intelligenza del reale”. “Vissuta nella sua integralità”, dunque, “la ricerca è illuminata da scienza e fede, e da queste due ali trae impulso e slancio, senza mai perdere la giusta umiltà, il senso del proprio limite”. Di qui il “compito insostituibile” dell’Università Cattolica, chiamata ad essere “istituzione esemplare che non restringe l’apprendimento alla funzionalità di un esito economico, ma allarga il respiro su una progettualità in cui il dono dell’intelligenza investiga e sviluppa i doni del mondo creato, superando una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’intelligenza”. (Sir)