Vita Chiesa

Papa al Founder’s Memorial: «O costruiremo insieme l’avvenire o non ci sarà futuro»

«Le religioni siano voce degli ultimi, che non sono statistiche ma fratelli, e stiano dalla parte dei poveri», l’appello: «Veglino come sentinelle di fraternità nella notte dei conflitti, siano richiami vigili perché l’umanità non chiuda gli occhi di fronte alle ingiustizie e non si rassegni mai ai troppi drammi del mondo». «Qui, in pochi anni, con lungimiranza e saggezza, il deserto è stato trasformato in un luogo prospero e ospitale», ha sottolineato Francesco evocando, dopo quella della fratellanza, l’immagine del deserto: «Il deserto è diventato, da ostacolo impervio e inaccessibile, luogo di incontro tra culture e religioni. Qui il deserto è fiorito, non solo per alcuni giorni all’anno, ma per molti anni a venire». «Questo Paese, nel quale sabbia e grattacieli si incontrano, continua a essere un importante crocevia tra Occidente e Oriente, tra Nord e Sud del pianeta, un luogo di sviluppo, dove spazi un tempo inospitali riservano posti di lavoro a persone di varie nazioni», le parole del Papa. Anche lo sviluppo, però, ha i suoi avversari, il grido d’allarme di Francesco, citando uno degli ostacoli: «L’indifferenza», che «finisce per convertire le realtà fiorenti in lande deserte». «Uno sviluppo puramente utilitaristico non dà progresso reale e duraturo», il monito: «Solo uno sviluppo integrale e coeso dispone un futuro degno dell’uomo. L’indifferenza impedisce di vedere la comunità umana oltre i guadagni e il fratello al di là del lavoro che svolge. L’indifferenza, infatti, non guarda al domani; non bada al futuro del creato, non ha cura della dignità del forestiero e dell’avvenire dei bambini».

Abbiamo bisogno dell’arca della fratellanza. In particolare, il Papa ha espresso il suo apprezzamento a tutti i leader religiosi che si impegnano nella «causa importantissima della protezione dei minori in tutte le sue espressioni», assicurando l’appoggio e l’incoraggiamento della Chiesa cattolica in questo ambito. «Anche noi oggi, nel nome di Dio, per salvaguardare la pace, abbiamo bisogno di entrare insieme, come un’unica famiglia, in un’arca che possa solcare i mari in tempesta del mondo: l’arca della fratellanza». È cominciato con questa immagine il primo discorso del Papa negli Emirati Arabi Uniti, al Founder’s Memorial, in cui risuonano in particolare tre parole: fratellanza, dialogo, pace. «Dalla vostra patria mi rivolgo a tutti i Paesi di questa Penisola, ai quali desidero indirizzare il mio più cordiale saluto, con amicizia e stima», ha esordito Francesco, citando gli ottocento anni dall’incontro tra san Francesco e il sultano al-Malik al-Kamil: «Volere la pace, promuovere la pace, essere strumenti di pace: siamo qui per questo». Il «punto di partenza» della fratellanza, ha spiegato il Papa, «è riconoscere che Dio è all’origine dell’unica famiglia umana», è lui che «vuole che viviamo da fratelli e sorelle, abitando la casa comune del creato». La fratellanza, ha proseguito Francesco, «ci dice che tutti abbiamo uguale dignità e che nessuno può essere padrone o schiavo degli altri».

Costruire ponti tra culture e popoli. «Il coraggio dell’alterità è l’anima del dialogo, che si basa sulla sincerità delle intenzioni». Ne è convinto il Papa, che declinando una delle parole d’ordine del suo discorso al Founder’s Memorial ha sottolineato he «il dialogo è compromesso dalla finzione, che accresce la distanza e il sospetto: non si può proclamare la fratellanza e poi agire in senso opposto». Poi la citazione di «uno scrittore moderno», Fedor Dostoevskij, che ne «I fratelli Karamazov» scrive: «Chi mente a sé stesso e ascolta le proprie menzogne, arriva al punto di non poter più distinguere la verità, né dentro di sé, né intorno a sé, e così comincia a non avere più stima né di se stesso, né degli altri». «Non c’è alternativa: o costruiremo insieme l’avvenire o non ci sarà futuro», la tesi di Francesco. Secondo il quale «le religioni non possono rinunciare al compito urgente di costruire ponti fra i popoli e le culture. È giunto il tempo in cui le religioni si spendano più attivamente, con coraggio e audacia, senza infingimenti, per aiutare la famiglia umana a maturare la capacità di riconciliazione, la visione di speranza e gli itinerari concreti di pace».

«Se crediamo nell’esistenza della famiglia umana, ne consegue che essa, in quanto tale, va custodita», ha spiegato il Papa: «Come in ogni famiglia, ciò avviene anzitutto mediante un dialogo quotidiano ed effettivo. Esso presuppone la propria identità, cui non bisogna abdicare per compiacere l’altro. Ma al tempo stesso domanda il coraggio dell’alterità, che comporta il riconoscimento pieno dell’altro e della sua libertà, e il conseguente impegno a spendermi perché i suoi diritti fondamentali siano affermati sempre, ovunque e da chiunque. Perché senza libertà non si è più figli della famiglia umana, ma schiavi». Tra le libertà, Francesco ha citato quella religiosa, che «non si limita alla sola libertà di culto, ma vede nell’altro veramente un fratello, un figlio della mia stessa umanità che Dio lascia libero e che pertanto nessuna istituzione umana può forzare, nemmeno in nome suo». In tutto ciò, per Francesco, «la preghiera è imprescindibile», perché «mentre incarna il coraggio dell’alterità nei riguardi di Dio, nella sincerità dell’intenzione, purifica il cuore dal ripiegamento su di sé». «La preghiera fatta col cuore è ricostituente di fraternità», ha assicurato il Papa. Perciò, «quanto al futuro del dialogo interreligioso, la prima cosa che dobbiamo fare è pregare. E pregare gli uni per gli altri: siamo fratelli! Senza il Signore, nulla è possibile; con Lui, tutto lo diventa! Possa la nostra preghiera – ognuno secondo la propria tradizione – aderire pienamente alla volontà di Dio, il quale desidera che tutti gli uomini si riconoscano fratelli e vivano come tali, formando la grande famiglia umana nell’armonia delle diversità».

«Non si può onorare il Creatore senza custodire la sacralità di ogni persona e di ogni vita umana: ciascuno è ugualmente prezioso agli occhi di Dio». È il monito del Papa, che nel discorso a 700 rappresentanti delle diverse Confessioni religiose, ha spiegato che «riconoscere ad ogni essere umano gli stessi diritti è glorificare il Nome di Dio sulla terra». «Nemico della fratellanza è l’individualismo, che si traduce nella volontà di affermare sé stessi e il proprio gruppo sopra gli altri», la tesi di Francesco: «È un’insidia che minaccia tutti gli aspetti della vita, perfino la più alta e innata prerogativa dell’uomo, ossia l’apertura al trascendente e la religiosità». «La vera religiosità consiste nell’amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come sé stessi», ha ricordato il Papa, secondo il quale «la condotta religiosa ha bisogno di essere continuamente purificata dalla ricorrente tentazione di giudicare gli altri nemici e avversari». «Ciascun credo è chiamato a superare il divario tra amici e nemici, per assumere la prospettiva del Cielo, che abbraccia gli uomini senza privilegi e discriminazioni», l’invito di Francesco.

«Impegnarci per la dignità di tutti», per evitare che la libertà religiosa sia minacciata. È la consegna del Papa, che nel discorso al Founder’s Memorial ha espresso «apprezzamento per l’impegno di questo Paese nel tollerare e garantire la libertà di culto, fronteggiando l’estremismo e l’odio». «Così facendo, mentre si promuove la libertà fondamentale di professare il proprio credo, esigenza intrinseca alla realizzazione stessa dell’uomo, si vigila anche perché la religione non venga strumentalizzata e rischi, ammettendo violenza e terrorismo, di negare sé stessa», la tesi di Francesco, secondo il quale la fratellanza «esprime anche la molteplicità e la differenza che esiste tra i fratelli, pur legati per nascita e aventi la stessa natura e la stessa dignità», e «la pluralità religiosa ne è espressione». «Il giusto atteggiamento non è né l’uniformità forzata, né il sincretismo conciliante», ha precisato il Papa: «Quel che siamo chiamati a fare, da credenti, è impegnarci per la pari dignità di tutti, in nome del Misericordioso che ci ha creati e nel cui nome va cercata la composizione dei contrasti e la fraternità nella diversità». «Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio», ha ammonito Francesco ribadendo «la convinzione della Chiesa cattolica».

«Investire sulla cultura favorisce una decrescita dell’odio e una crescita della civiltà e della prosperità». Lo ha detto il Papa, che nel discorso al Founder’s Memorial ha fatto notare che «educazione e violenza sono inversamente proporzionali. Gli istituti cattolici – ben apprezzati anche in questo Paese e nella regione – promuovono tale educazione alla pace e alla conoscenza reciproca per prevenire la violenza». «È confortante constatare come in questo Paese non si investa solo sull’estrazione delle risorse della terra, ma anche su quelle del cuore, sull’educazione dei giovani», l’omaggio di Francesco: «È un impegno che mi auguro prosegua e si diffonda altrove». «È importante per l’avvenire formare identità aperte, capaci di vincere la tentazione di ripiegarsi su di sé e irrigidirsi», ha raccomandato Francesco: «I giovani, spesso circondati da messaggi negativi e fake news, hanno bisogno di imparare a non cedere alle seduzioni del materialismo, dell’odio e dei pregiudizi; imparare a reagire all’ingiustizia e anche alle dolorose esperienze del passato; imparare a difendere i diritti degli altri con lo stesso vigore con cui difendono i propri diritti. Saranno essi, un giorno, a giudicarci: bene, se avremo dato loro basi solide per creare nuovi incontri di civiltà; male, se avremo lasciato loro solo dei miraggi e la desolata prospettiva di nefasti scontri di inciviltà». «Non si può credere in Dio e non cercare di vivere la giustizia con tutti, secondo la regola d’oro: ‘Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro’». «Pace e giustizia sono inseparabili!», ha esclamato Francesco sulla scorta di Isaia: «La pace muore quando divorzia dalla giustizia, ma la giustizia risulta falsa se non è universale. Una giustizia indirizzata solo ai familiari, ai compatrioti, ai credenti della stessa fede è una giustizia zoppicante, è un’ingiustizia mascherata!».

«Rispetto, tolleranza, convivenza fraterna, sviluppo umano». Sono gli arnesi che consentono di «smilitarizzare il cuore dell’uomo». Parola di Francesco, che al termine del discorso al Founder’s Memorial ha tracciato un ritratto degli Emirati Arabi Uniti come popolo di migranti, soprattutto filippini e asiatici, giunti in questa terra per trovare mezzi di sussistenza. «Qui, nel deserto, si è aperta una via di sviluppo feconda che, a partire dal lavoro, offre speranze a molte persone di vari popoli, culture e credo», ha osservato il Papa: «Tra loro, anche molti cristiani, la cui presenza nella regione risale addietro nei secoli, hanno trovato opportunità e portato un contributo significativo alla crescita e al benessere del Paese. Oltre alle capacità professionali, vi recano la genuinità della loro fede». «Il rispetto e la tolleranza che incontrano, così come i necessari luoghi di culto dove pregano, permettono loro quella maturazione spirituale che va poi a beneficio dell’intera società», l’analisi di Francesco, che ha incoraggiato gli Emirati «a proseguire su questa strada, affinché quanti qui vivono o sono di passaggio conservino non solo l’immagine delle grandi opere innalzate nel deserto, ma di una nazione che include e abbraccia tutti». «È con questo spirito che, non solo qui, ma in tutta l’amata e nevralgica regione mediorientale, auspico opportunità concrete di incontro», l’appello: «Società dove persone di diverse religioni abbiano il medesimo diritto di cittadinanza e dove alla sola violenza, in ogni sua forma, sia tolto tale diritto». «Una convivenza fraterna, fondata sull’educazione e sulla giustizia; uno sviluppo umano, edificato sull’inclusione accogliente e sui diritti di tutti»: questi, per il Papa, «sono semi di pace, che le religioni sono chiamate a far germogliare. Ad esse, forse come mai in passato, spetta, in questo delicato frangente storico, un compito non più rimandabile: contribuire attivamente a smilitarizzare il cuore dell’uomo».

La guerra non sa creare altro che miseria e morte. «La corsa agli armamenti, l’estensione delle proprie zone di influenza, le politiche aggressive a discapito degli altri non porteranno mai stabilità. La guerra non sa creare altro che miseria, le armi nient’altro che morte!». È il forte appello con cui si è concluso il primo discorso del Papa negli Emirati Arabi Uniti. «La fratellanza umana esige da noi, rappresentanti delle religioni, il dovere di bandire ogni sfumatura di approvazione dalla parola guerra», l’invito ai presenti: «Restituiamola alla sua miserevole crudezza. Sotto i nostri occhi sono le sue nefaste conseguenze». «Penso in particolare allo Yemen, alla Siria, all’Iraq e alla Libia», ha specificato il Papa, facendo eco all’appello per la pace in Yemen lanciato durante l’Angelus che ha preceduto la partenza per il suo 27° viaggio apostolico. « Insieme, fratelli nell’unica famiglia umana voluta da Dio, impegniamoci contro la logica della potenza armata, contro la monetizzazione delle relazioni, l’armamento dei confini, l’innalzamento di muri, l’imbavagliamento dei poveri», l’esortazione di Francesco: «a tutto questo opponiamo la forza dolce della preghiera e l’impegno quotidiano nel dialogo. Il nostro essere insieme oggi sia un messaggio di fiducia, un incoraggiamento a tutti gli uomini di buona volontà, perché non si arrendano ai diluvi della violenza e alla desertificazione dell’altruismo. Dio sta con l’uomo che cerca la pace. E dal cielo benedice ogni passo che, su questa strada, si compie sulla terra».

(testo integrale del discorso del Papa)