Vita Chiesa

Papa a Malta, preghiera al santuario di Gozo: “non possiamo accoglierci solo tra di noi, all’ombra delle nostre belle chiese, mentre fuori tanti fratelli e sorelle sono crocifissi dal dolore”

Accogliere, essere esperti di umanità, accendere fuochi di tenerezza: questo per il papa il Vangelo che dobbiamo annunciare, seguendo lee orme di San Paolo. Lo ha affermato il Papa, nell’omelia dell’incontro di preghiera al Santuario nazionale di Ta’ Pinu a Gozo, nel cui piazzale sono presenti circa 3mila persone, in rappresentanza dei 400mila cattolici del Paese. “Tornare alla Chiesa delle origini”,  ha spiegato Francesco, “non significa guardare all’indietro per copiare il modello ecclesiale della prima comunità cristiana. Non significa nemmeno essere troppo idealisti, immaginando che in quella comunità non ci fossero difficoltà”. Significa, invece, “recuperare lo spirito della prima comunità cristiana, cioè ritornare al cuore e riscoprire il centro della fede: la relazione con Gesù e l’annuncio del suo Vangelo al mondo intero. Questo è l’essenziale! Questa è la gioia della Chiesa: evangelizzare”. “La principale preoccupazione dei discepoli di Gesù non era il prestigio della comunità e dei suoi ministri, non era l’influenza sociale, non era la ricercatezza del culto”, ha ricordato infatti  il Papa: “l’inquietudine che li muoveva era l’annuncio e la testimonianza del Vangelo di Cristo, perché la gioia della Ciesa è evangelizzare”. “La vita della Chiesa – ricordiamocelo sempre – non è mai solo una storia passata da ricordare, ma un grande futuro da costruire, docile ai progetti di Dio”, l’appello: “Non può bastarci una fede fatta di usanze tramandate, di solenni celebrazioni, belle occasioni popolari, momenti forti ed emozionanti; abbiamo bisogno di una fede che si fonda e si rinnova nell’incontro personale con Cristo, nell’ascolto quotidiano della sua Parola, nella partecipazione attiva alla vita della Chiesa, nell’anima della pietà popolare”. “La crisi della fede, l’apatia della pratica credente soprattutto nel dopo-pandemia e l’indifferenza di tanti giovani rispetto alla presenza di Dio non sono questioni che dobbiamo ‘addolcire’, pensando che tutto sommato un certo spirito religioso resista ancora”, il monito di Francesco, secondo il quale “a volte l’impalcatura può essere religiosa, ma dietro a quel vestito la fede invecchia. L’elegante guardaroba degli abiti religiosi, infatti, non sempre corrisponde a una fede vivace animata dal dinamismo dell’evangelizzazione. Occorre vigilare perché le pratiche religiose non si riducano alla ripetizione di un repertorio del passato, ma esprimano una fede viva, aperta, che diffonda la gioia del Vangelo, perché la gioia della Chiesa è evangelizzare”. “So che avete iniziato, attraverso il Sinodo, un processo di rinnovamento, e vi ringrazio per questo cammino”, l’omaggio del Papa: “Fratelli, sorelle, questa è l’ora in cui tornare a quell’inizio, sotto la croce, guardando alla prima comunità cristiana. Per essere una Chiesa a cui stanno a cuore l’amicizia con Gesù e l’annuncio del suo Vangelo, non la ricerca di spazi e attenzioni; una Chiesa che ha al centro la testimonianza e non qualche usanza religiosa; una Chiesa che desidera andare incontro a tutti con la lampada accesa del Vangelo e non essere un circolo chiuso. Non abbiate paura di intraprendere, come già fate, percorsi nuovi, magari anche rischiosi, di evangelizzazione e di annuncio, che toccano la vita, perché la gioia della Ciesa è evangelizzare”.

“Ritornare all’inizio significa anche sviluppare l’arte dell’accoglienza”. Ne è convinto il Papa, che dal Santuario di Ta’ Pinu a Gozo, il più grande santuario mariano dell’arcipelago maltese, è tornato sul tema dell’accoglienza come “stile perenne del discepolato”.  “Il culto a Dio passa per la vicinanza al fratello”, ha ribadito: “Quanto è importante nella Chiesa l’amore tra i fratelli e l’accoglienza del prossimo!”. “L’accoglienza reciproca, non per pura formalità ma in nome di Cristo, è una sfida permanente”, ha spiegato Francesco: “Lo è anzitutto per le nostre relazioni ecclesiali, perché la nostra missione porta frutto se lavoriamo nell’amicizia e nella comunione fraterna. Siete due belle comunità, Malta e Gozo, Gozo e Malta, non so qual è la più importante o quale è la prima: proprio come due erano Maria e Giovanni! Le parole di Gesù sulla croce siano allora la vostra stella polare, per accogliervi a vicenda, creare familiarità, lavorare in comunione! E sempre andando avanti nell’evangelizzazione, perché la gioia della Chiesa è evangelizzare!”. “Non possiamo accoglierci solo tra di noi, all’ombra delle nostre belle Chiese, mentre fuori tanti fratelli e sorelle soffrono e sono crocifissi dal dolore, dalla miseria, dalla povertà e dalla violenza”, il monito. “Vi trovate in una posizione geografica cruciale, che si affaccia sul Mediterraneo come polo di attrazione e approdo di salvezza per tante persone sballottate dalle tempeste della vita che, per motivi diversi, arrivano sulle vostre sponde”, le parole dirette ai maltesi: “Nel volto di questi poveri è Cristo stesso che si presenta a voi. Questa è stata l’esperienza dell’apostolo Paolo che, dopo un terribile naufragio, fu calorosamente accolto dai vostri antenati. Ecco il Vangelo che siamo chiamati a vivere: accogliere, essere esperti di umanità, accendere fuochi di tenerezza quando il freddo della vita incombe su coloro che soffrono”. “E anche in questo caso da un’esperienza drammatica nacque qualcosa di importante, perché Paolo annunciò e diffuse il Vangelo e, in seguito, tanti annunciatori, predicatori, sacerdoti e missionari seguirono le sue orme, spinti dallo Spirito Santo, per portare avanti la gioia della Chiesa che è evangelizzare”, ha sottolineato Francesco: “Vorrei dire un grazie speciale a loro: ai numerosi missionari maltesi che diffondono nel mondo intero la gioia del Vangelo, ai tanti sacerdoti, alle religiose e ai religiosi e a tutti voi. Siete un’isola piccola, ma dal cuore grande. Siete un tesoro nella Chiesa e per la Chiesa. Per custodirlo, bisogna tornare all’essenza del cristianesimo: all’amore di Dio, motore della nostra gioia, che ci fa uscire e percorrere le strade del mondo; e all’accoglienza del prossimo, che è la nostra testimonianza più semplice e bella nel mondo. E così andare avanti, percorrendo le strade del mondo, perché la gioia della Chiesa è evangelizzare”.