Vita Chiesa
Paolo VI, il Papa che voleva salvare il mondo dal di dentro
Paolo VI mostrò fin dall’inizio il suo modo di concepire il papato con vari atti fortemente simbolici: la rinuncia alla tiara, il congedo del patriziato romano, lo scioglimento dei corpi militari della Santa Sede, aspetti del potere temporale stranamente sopravvissuti. L’inizio dei viaggi verso le varie parti del mondo – nel ’64 in Terra Santa e in India a Bombay, nel ’65 all’Onu, dove il papa si presentò semplicemente come «esperto di umanità» – mostrano un nuovo desiderio di dialogo con l’umanità intera. L’enciclica Ecclesiam Suam presenta la Chiesa non più con la categoria giuridica della «società perfetta», ma come mistero di comunione degli uomini con Dio, come Chiesa che serve l’umanità immergendosi in essa. «Non si salva il mondo dal di fuori; occorre, come il Verbo di Dio che si è fatto uomo, immedesimarsi in … coloro a cui si vuol portare il messaggio di Cristo». Paolo VI seguì da vicino i lavori conciliari.
Fin dall’apertura della seconda sessione presenta ai Padri il Cristo come principio, via e scopo del Concilio. Lo segue poi continuamente, evitando interventi di autorità, ma suggerendo modifiche e sempre lasciando libertà di accettarle o meno. Pensava che in una assemblea conciliare non si potesse decidere per la vittoria di una maggioranza su una minoranza; voleva che si arrivasse al massimo possibile di convergenza. Per questo ha chiesto modifiche nei testi, che a volte li hanno indeboliti; ma ha evitato di approfondire le spaccature fra i vescovi. Attuò la riforma del collegio cardinalizio, aumentando il numero dei suoi membri non europei e limitando il diritto di votare nei futuri conclavi ai non ottantenni. Internazionalizzò la Curia romana nominando anche un Segretario di Stato non italiano, vi inserì il Pontificio Consiglio dei Laici, la Pontificia Commissione Iustitia et Pax e i segretariati per l’unione dei cristiani, per i non cristiani, per i non credenti. Istituì il Sinodo dei Vescovi, ma con i limiti che suscitarono più tardi vivaci polemiche. Continuò i viaggi all’estero.
Il Concilio aveva dato una nuova libertà di ricerca nelle scienze sacre, sia accettando come esperti alcuni teologi prima sconfessati dalla Santa Sede, sia lasciando cadere il tomismo. Questo aveva creato un gran clima di libertà, per cui, accanto a veri ricercatori che pubblicavano risultati di ricerche serie, circolavano teorie azzardate, pubblicate da persone di scarsa competenza. Nacquero gruppi spontanei e comunità di base che, in alcuni casi, facevano affermazioni teologicamente insostenibili. Non era poi sempre facile conciliare alcune affermazioni del Concilio: il ruolo dei laici con quello dei vescovi e dei parroci, o la collegialità della Chiesa con il primato del Papa. Paolo VI sembrò chiudersi in una difesa non solo dell’ortodossia, ma anche della tradizione teologica del passato. Mentre avvenivano numerosi episodi di contestazione dei vescovi da parte dei laici, ci furono scontri dolorosi per un nuovo catechismo fra l’episcopato olandese, che l’aveva approvato, e la Santa Sede, che ne chiedeva modifiche sostanziali. Creò numerose proteste di laici e riserve velate di vescovi l’enciclica Humanae Vitae. Ci fu una durissima critica pubblica rivolta dal card. Suenens al Papa a proposito del sinodo dei vescovi, che sembrava non realizzare la collegialità della Chiesa.
Paolo VI aveva perduto molta della sua credibilità. Appariva debole, incerto, troppo timoroso di qualunque novità per guidare la Chiesa in quel momento difficilissimo. Si temeva una reazione della Curia e il ritorno ad una gestione autoritaria, che avrebbe smentito il Concilio. Ma pur nel suo desiderio di mediare e conciliare sempre i contrasti, nel suo carattere pensoso e spesso angosciato, nella sua moderazione che rifiutava di contrapporsi autoritariamente alla contestazione, Paolo VI si rivelò più sapiente di quanto si credeva. Mostrò nella esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, dell’8 dicembre 1975, di avere una grande fede nel Cristo, presente nella storia umana, ed una grande fiducia nella Chiesa, che trova il suo senso solo nell’annunciarlo al mondo.
Per ricordare Paolo VI l’Ucsi Toscana – associazione dei giornalisti cattolici – ha donato alla biblioteca della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale la collezione completa del Bollettino della Fondazione «Papa Paolo VI» di Brescia. I volumi permettono di approfondire, attraverso documenti originali e inediti, la figura di Papa Montini.
Paolo VI e i laici (di ALBERTO MIGONE)
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