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PAOLO ARMAROLI: Le ragioni del «sì»

«Il centrosinistra non vuole questa riforma semplicemente perché non l’ha fatta lui. Tanto è vero che nel tormentato iter legislativo ha detto no a tutti gli articoli, anche a quelli che recepivano i suoi emendamenti». Paolo Armaroli, fiorentino d’adozione, già deputato di Alleanza nazionale dal 1996 al 2001, è tra i più convinti sostenitori di questa riforma costituzionale. Ordinario di Diritto pubblico comparato all’Università di Genova, è tra i firmatari dell’appello per il «sì» di «Magna Charta».

Professore, perché votare «sì»?

«Perché questa riforma costituzionale mette la parola fine a circa 35 ani di dibattito con tre commissioni bicamerali che non hanno portato a nulla».

Ma nel merito, quali sono le ragioni del «sì»?

«Innanzitutto rafforza i poteri del governo e del primo ministro, un rafforzamento che non c’era stato negli anni ’46-’47 proprio perché dopo una dittatura ventennale i lavori dell’Assemblea Costituente furono dominati dal complesso del tiranno, come disse Aldo Bozzi. Ma corregge anche la riforma del Titolo V, voluta dal centrosinistra per ingraziarsi la Lega, nel 2001, agli sgoccioli della legislatura. Ricordo che materie importanti come l’energia, le infrastrutture tornano adesso alla competenza esclusiva dello Stato e viene reintrodotto l’interesse nazionale, che era stato cancellato dal centrosinistra. Inoltre, introduce il Senato federale, sveltisce il procedimento legislativo, mettendo fine al bicameralismo perfetto, rafforza i poteri di garanzia del capo dello Stato, come ruolo di garanzia – tant’è che può nominare i presidenti delle Authority – e riequilibra la composizione della Corte Costituzionale, affidando la nomina di 4 membri al Senato e di 3 alla Camera. Così avremo una Corte Costituzionale meno squilibrata a sinistra. Con le regole attuali anche un eccellente capo dello Stato, come Ciampi, ha fatto delle nomine tutte pencolate a sinistra».

Tra i punti più criticati c’è quello del premierato forte.

«Questo premierato forte, che faceva già parte del programma dell’Ulivo del 1996, è stato riprodotto dalla bozza del diessino Salvi ai tempi della Bicamerale presieduta da D’Alema. La forma di governo prevista dalla riforma è edulcorata rispetto a quella che avrebbe voluto il centrosinistra, perché in alcuni casi la Camera può revocare il primo ministro e sostituirlo con un altro, cosa che non era previsto dal centrosinistra.

Comunque molti costituzionalisti sono contrari a questa riforma.

«In realtà ci sono tre posizioni in campo: c’è un “no assoluto” da parte del comitato presieduto da Oscar Luigi Scalfaro, perché si vuole salvare tutta quanta la Costituzione. Questa posizione francamente è fuori dal mondo, perché non si capirebbe dopo tanti dibattiti che tutto si risolva con un nulla di fatto. Del resto lo stesso presidente Scalfaro nel suo messaggio di insediamento, il 28 maggio 1992, invitava il parlamento a fare una riforma costituzionale globale e organica. Sarei molto lieto, per la stima che porto al presidente Scalfaro, che lui ci dicesse del perché ha ribaltato completamente la sua opinione: voleva una grande riforma ieri, oggi non vuol cambiare neppure uno spillo. Poi c’è un’altra posizione nell’ambito del centrosinistra: un no cosiddetto “intelligente”, un “no, ma”, sostenuto da costituzionalisti stimabili come Augusto Barbera, i quali dicono: bocciamo questa riforma e poi maggioranza e opposizione discutano assieme sul che fare. Apparentemente è ragionevole ma in realtà non porterebbe a nulla, perché se questa riforma non passa avremo altri 35 anni di dibattito senza arrivare a niente».

Poi c’è chi invece è per il «sì»…

«Infine c’è la posizione di uno stuolo di giuristi, quelli di “Magna Charta” o di “Liberal” che dicono “sì, ma”. Innanzitutto mettiamo la parola fine a un dibattito ultratrentennale approvando la riforma e poi, maggioranza e opposizione assieme vedano che cosa si può correggere».

Se non c’è un «sì assoluto» è perché tutti riconoscono che ci sono punti da correggere.

«Niente è perfetto. Per esempio si potrebbe sveltire ancora di più il procedimento legislativo, integrare la composizione del Senato federale e ripartire le materie tra le due camere in modo tale da evitare pericolosi conflitti. Questa posizione dovrebbe essere condivisa anche dalle persone più moderate del centrosinistra».

Ma che garanzie ci sono che la riforma venga modificata in caso di vittoria del «sì»?

«Perché in questa legislatura chi ha il coltello dalla parte del manico è il centrosinistra, e quindi ci sarebbero le garanzie che avremmo delle modifiche serie e anche secondo le aspettative del centrosinistra. Il “no senza se e senza ma” è veramente irragionevole. Non c’è alcun pericolo di dittatura, perché questo premier forte non è altro che un’invenzione del centrosinistra e recepita pro domo pacis dal centrodestra, che invece avrebbe voluto l’elezione diretta del capo dello stato».Claudio Turrini

L’appello per il sì di Liberal

Il documento di Magna Charta per il sì

Il sito del comitato per il sì