Cultura & Società

Palio, la cuffia che nessuno vuole

di Marco LapiMontone, Torre, Bruco, Onda, Lupa, Oca, Drago, Giraffa, Selva, Pantera. Sono queste le contrade che, venerdì 2 luglio, si contenderanno il Palio dedicato alla Madonna di Provenzano. Archiviata la stagione sportiva più gloriosa della sua storia, che ha visto tra l’altro la conquista dello scudetto della pallacanestro da parte della MontePaschi Mens Sana, Siena sospende ogni forma di tifo «unitario» e si rituffa in pieno nel suo avvenimento più antico e più appassionante, che non è sport né gioco ma paradigma della vita stessa. Se infatti le vittorie simboleggiano la rinascita (non a caso i contradaioli festanti vanno in giro con i succhiotti, se non con biberon pieni ovviamente di vino) la loro mancanza è segno di vecchiaia, peggio ancora se condita da frequenti «purghe», cioè insuccessi conseguiti con un buon cavallo o, peggio ancora, vittorie della contrada nemica. Per questo la contrada che non vince da più tempo è detta «nonna» e non vede l’ora di vincere per togliersi la simbolica «cuffia», attualmente detenuta dalla Torre a cui il Bruco, peraltro sua alleata, l’ha volentieri passata il 16 agosto 1996 dopo un digiuno durato ben 41 anni. Digiuno ora già superato, visto che la contrada di Salicotto non vince dal 16 agosto 1961: non una vita, ma quasi.

C’è gente di quantant’anni e passa, nel rione che si estende dietro il Palazzo Pubblico, che non ha ancora potuto esultare per la conquista di un «cencio», quando in termini strettamente aritmetici – visto che le contrade sono 17 e i palii 2 all’anno (senza considerare le rare occasioni degli straordinari) – la vittoria dovrebbe arridere a ciascuno ogni 8 o 9 anni. Poi magari, toltasi la cuffia, succede che il vento cambi e si rivinca nel giro di poco. Al Bruco è andata così, dato che ha trionfato anche nell’ultimo palio corso 16 agosto 2003 per la gioia, tra gli altri, dell’arbitro di calcio Matteo Trefoloni e del centravanti laziale Bernardo Corradi, entrambi brucaioli «doc».

Nella storia del Palio, come risulta da una curatissima pagina del sito www.ilpaliodisiena.com, l’onta della cuffia è stata conosciuta da tutte le contrade eccetto due, l’Oca e la Tartuca. Il disdicevole copricapo è stata invece indossata per ben tre volte da Lecorno, Giraffa, Drago, Pantera, Aquila e Selva, per due da Lupa, Bruco e Torre, per una da Civetta, Nicchio, Onda, Chiocciola, Istrice e Montone. Ma se si va a vedere il totale dei giorni passati «con la cuffia in testa» troviamo che la Civetta, pur essendosela messa una sola volta, supera largamente la Selva che di cuffie ne ha avute ben tre. Sembrerà strano, eppure è così: la prima volta infatti – ed è un record mai eguagliato – la Selva restò nonna solo per i 45 giorni intercorrenti tra il 3 luglio e il 17 agosto 1794, quando vinse passando la cuffia all’Aquila, che a sua volta la tenne soltanto un paio d’anni. Negli ultimi tempi della pluricentenaria storia del Palio, la nonna che si è tolta la cuffia più alla svelta è stata invece l’Istrice, il 16 agosto 1956, dopo averla ricevuta dal Bruco il 2 luglio 1955 e averla quindi tenuta solo 411 giorni. E lo stesso Bruco allora – ironia della sorte – non sapeva certo che con quella vittoria sarebbe iniziato il lunghissimo digiuno che lo avrebbe portato a ricevere nuovamente la cuffia il 17 agosto 1980, causa il trionfo del Leocorno che l’aveva tenuta sette anni.

Proprio il Leocorno detiene tre record negativi non certo invidiabili: il totale dei giorni da nonna (17.215 in tutto, pari a oltre 47 anni) oltre al periodo da nonna più lungo (11.690 giorni, pari a 32 anni) e al digiuno più lungo (72 anni), che si conclusero entrambi il 18 agosto 1776, quando la contrada di Pantaneto rivinse, è proprio il caso di dire, dopo una vita. Tra cuffia e digiuno, quindi, c’è sicuramente una relazione – non si può diventare nonna se non con una relativamente lunga mancanza di vittorie alle spalle – ma si tratta pur sempre di due cose ben diverse. Anche con una lunga astinenza è infatti a volte possibile evitare la cuffia, restando magari «vicenonna» e sperando in una vittoria capace di toglierci dalla scomoda posizione. Lo ha fatto l’Oca nel diciottesimo secolo nonostante un digiuno di 26 anni, mentre Istrice e Lupa, che al massimo non hanno vinto per 24 anni di fila, hanno indossato la cuffia una volta la prima e addirittura due la seconda. Dietro di loro è andata invece sempre bene alla Tartuca, che con un digiuno massimo di soli 21 anni, è anche la contrada in coda a questa non certo onorevole graduatoria.

La stessa Torre, attualmente, è nonna solo da 8 anni pur non vincendo da 43. Dietro di lei, il vuoto: l’attuale «vice», la Civetta, non trionfa infatti da 25 anni (4 luglio 1979) poi vengono la Lupa, che non alza il «cencio» da 15 anni (2 luglio 1989), e il Montone che non vince dal 16 agosto 1990. A parte la Civetta, per la carriera di Provenzano, saranno tutte in piazza e certamente faranno il possibile per riassaporare la vittoria. Ma mentre Lupa e Montone potranno beneficiare dell’assenza delle nemiche (rispettivamente Istrice e Nicchio), in un Palio che vede tra l’altro la contemporanea presenza delle quattro contrade che ne attualmente ne sono prive (Drago, Selva, Bruco e Giraffa) e di un’altra ancora senza l’ingombro dell’avversaria (la Pantera, dato che non c’è l’Aquila), la Torre dovrà fare i conti sia con l’Oca che con l’Onda, entrambe sue dichiarate rivali anche se la contrada di Salicotto riconosce ufficialmente solo l’inimicizia con la prima. Molto, chiaramente, dipenderà però dalla «tratta», ovvero l’assegnazione dei cavalli a sorte che avrà luogo martedì 29 giugno. I migliori, come sempre, saranno salutati da scene di esultanza dei contradaioli ai quali verranno assegnati, ma alla fine a decidere, come sempre, sarà solo la piazza. Con un incognita in più, stando almeno alla cabala senese.

La contemporanea presenza delle cosiddette «quattro verdi» – ovvero Bruco, Drago, Oca e Selva – è da tempo immemorabile considerata foriera di qualcosa che potrebbe andare storto, comunque di un palio particolarmente difficile e sofferto. L’ultima volta fu ad agosto 2002 e, in effetti, ci volle un’ora e mezza prima di arrivare alla mossa valida, che in poco più di un minuto avrebbe visto trionfare la Tartuca, quando ormai era pronto il «quinto verde», cioè la bandiera che segna il rinvio al giorno successivo per maltempo o sopravvenuta oscurità.

Forniamo di seguito qualche informazione in più per seguire il Palio. Delle 17 contrade ne corrono solo 10, ovvero le 7 che non hanno corso il corrispondente palio dell’anno precedente (in questo caso, quello del 2 luglio 2003) più tre estratte a sorte l’ultima domenica di maggio per il Palio di Provenzano e la domenica successiva a quest’ultimo per quello dell’Assunta, che si corre il 16 agosto). Per la «carriera» di venerdì 2 luglio le estratte sono state quattro, a causa della squalifica comminata all’Istrice che avrebbe dovuto essere in piazza di diritto.

Una volta terminato il tradizionale corteo storico, i cavalli (estratti a sorte tre giorni prima) montati dai fantini (ingaggiati invece liberamente dalle contrade) escono dall’«entrone» del Palazzo Pubblico e si dirigono verso la «mossa», dove il mossiere li chiama, ad uno ad uno, secondo un ordine a sua volta determinato con un sorteggio. I posti più ambiti sono i primi, quelli vicini allo steccato, mentre la decima e ultima contrada parte «di rincorsa», ovvero è il suo ingresso veloce tra i canapi tesi a determinarne l’abbassamento da parte del mossiere e quindi il via alla corsa. Difficile, però, che la mossa «maturi» in tempi brevi, visto che ognuno cercherà di guadagnare la miglior posizione danneggiando gli altri e cambiando magari di posto. È proprio qui, in buona parte, che si gioca il destino di ciascuno, e per questo le attese possono essere decisamente snervanti e anche accompagnate da una o più false partenze.

È anche da tener presente l’elenco delle rivalità attuali: Aquila-Pantera, Civetta-Leocorno, Chiocciola-Tartuca, Istrice-Lupa, Montone-Nicchio, Oca-Torre. Della Torre, come spiegato nell’articolo accanto, è però dichiarata nemica anche l’Onda.

Infine, un’ultima curiosità. La contrada ad aver vinto più palii è l’Oca, seguita dalla Chiocciola. In coda alla graduatoria l’Aquila, preceduta solo di una vittoria dalla nemica Pantera. Ma dell’«albo d’oro», in fondo, ci si cura poco. Contano molto di più le vittorie «fresche», soprattutto se fanno «ringollare» all’avversaria un suo precedente successo.

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