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Palestina, sul processo di pace l’inciampo del muro

di Romanello CantiniIn meno di un mese Israele ha incassato tre condanne una dietro l’altra per il muro che sta costruendo per separarsi dai palestinesi. Prima c’è stato il richiamo della stessa Corte suprema israeliana che, pur senza contestare il progetto in sé, ha chiesto la modifica del tracciato del muro laddove divide gli abitanti palestinesi dalla terra che coltivano. Poi, 10 giorni più tardi, è venuta la condanna della Corte di giustizia dell’Aja che ha giudicato il muro in contrasto con numerose norme del diritto internazionale. Infine, appena pochi giorni fa, è arrivata la risoluzione dell’assemblea dell’Onu che, pur non avendo carattere vincolante, ordina al governo israeliano di smantellare il muro con una maggioranza mai così schiacciante in un organismo che pure ha già condannato più di una volta Israele.

Il governo israeliano, anche se è di fatto sempre più isolato sul piano internazionale, insiste imperterrito nella decisione di mantenere e completare la costruzione di questa barriera di cemento sostenendo che negli ultimi 4 mesi gli attentati terroristici sarebbero drasticamente diminuiti in virtù del muro che impedisce le infiltrazioni dei terroristi dalla Cisgiordania nel territorio israeliano.

In teoria nessuno può impedire a chiunque di costruire barriere difensive nel proprio territorio qualora la gravità della situazione lo richieda. Il problema grave in questo caso è che il governo Sharon sta costruendo per intero il muro non in territorio israeliano, ma in quello palestinese secondo le frontiere del 1949 che sono le sole universalmente riconosciute. Il muro già costruito per metà della sua lunghezza con un’altezza in genere di 8 metri penetra profondamente in territorio palestinese in modo da inglobare quasi il 20% del territorio della Cisgiordania dentro il suo percorso.

In molti casi, per mettere al riparo al di qua del muro le colonie israeliane costruite in Cisgiordania, il tracciato del muro sprofonda in territorio palestinese anche per decine di Km come nel caso in cui raggiunge la colonia di Ariel. Il tentativo più che evidente di proteggere le colonie e la presunzione di isolare ovunque i palestinesi dagli israeliani conferisce al tracciato del muro una linea arzigogolante fino all’inverosimile per cui di fatto numerose comunità palestinesi vengono a trovarsi imprigionate in uno di questi meandri di una muraglia che le circonda da ogni lato. Per altri palestinesi che si trovano a vivere fra la muraglia invalicabile da un lato e la linea di confine chiusa dall’altro rimane difficile ogni possibilità reale di movimento per lavoro o per necessità sanitarie o sociali.

A Gerusalemme Est il muro spacca a metà quartieri e strade e, come a suo tempo il muro di Berlino, è capace di dividere perfino parenti e famiglie. In realtà il governo Sharon ha fatto di questo muro, che già i laburisti avevano previsto in altri termini, un patto politico che va ben al di là delle sue intenzioni difensive. Penetrando profondamente con il muro in territorio palestinese e avvolgendo con il suo giro gran parte delle colonie ebraiche costruite in Cisgiordania Sharon ha di fatto disegnato la cerchia di muro di ciò che domani dovrebbe essere lo Stato di Israele: uno Stato israeliano che trabocca ampiamente nella Cisgiordania e che lascia a un eventuale Stato palestinese le disperse aree che avanzano una volta ritagliati al suo interno tutti gli spazi occupati dai 150.000 abitanti delle colonie ebraiche. È questa una premessa che finché dura chiuderà ogni spiraglio a qualsiasi prospettiva di pace.