Toscana

PALESTINA, RAFAH: AUMENTA NUMERO VITTIME, OPERAZIONE A TEMPO INDETERMINATO

È salito ad almeno 20 il numero delle vittime palestinesi causate dalla massiccia operazione militare terrestre e aerea in corso da più di 24 ore a Rafah, nella Striscia di Gaza, dove i feriti si contano ormai a decine. A Rafah, località al confine con l’Egitto, nel sud della Striscia di Gaza, vivono circa 140.000 palestinesi, che ormai risultano completamente isolati dal resto della Striscia, mentre il governo israeliano conferma che l’operazione dell’esercito è a tempo indeterminato e che si protrarrà, dunque, finché non saranno state distrutte le “infrastrutture del terrorismo” nel gigantesco campo profughi. Secondo il capo di stato maggiore israeliano Moshe Yaalon, una partita di armi da guerra provenienti dall’Iran si troverebbero nel Sinai, in territorio egiziano, dove sarebbero giunte tramite gli Hezbollah libanesi. Tel Aviv vorrebbe quindi evitare che questo presunto arsenale, nel quale sarebbero comprese anche armi altamente distruttive come i razzi ‘katiuscia’, giunga nelle mani della guerriglia o dei kamikaze palestinesi. Per questo motivo l’esercito avrebbe attaccato in forze il campo di Rafah sparando – secondo testimonianze dirette – anche sui civili, tant’è vero che oltre a un certo numero di combattenti palestinesi tra le vittime si contano almeno un bambino di 11 anni e la sorella poco più grande. Della crisi esplosa a Gaza ha parlato ieri anche il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, che, in uno dei tanti appuntamenti elettorali di questo periodo, ha confermato davanti alla lobby filo-israeliana (Aipac) di Washington quel che aveva personalmente detto nelle scorse settimane al primo ministro israeliano Ariel Sharon, cioè che “Israele ha il diritto di difendersi” dagli attacchi palestinesi. L’ex-primo ministro israeliano Simon Perez ha invece contestato l’azione di forza ordinata dal governo di Sharon, affermando che può essere considerata legittima solo una parte delle demolizioni, ed esattamente quelle che hanno per oggetto la case da cui “partono collegamenti con i tunnel utilizzati per il contrabbando di armi”. Oltre al danno, per 49 palestinesi è arrivata anche la classica beffa. La Corte Suprema israeliana, infatti, ha respinto la loro richiesta di vietare l’eventuale demolizione delle loro case a Rafah, sostenendo che la distruzione degli alloggi potrebbe essere inevitabile in caso di combattimenti o se al loro interno dovessero nascondersi combattenti ricercati dall’esercito. Domenica scorsa la Corte aveva respinto un’identica istanza presentata da altre 13 famiglie di Rafah.Misna