Toscana
PALESTINA, LO SPETTRO DELLA GUERRA CIVILE DOPO SPARATORIA A GAZA
Preoccupazione tra i palestinesi all’indomani dell’incidente che ieri a Gaza è costato la vita a 2 uomini e ha lasciato illeso uno dei possibili successori di Arafat, Mahmoud Abbas, meglio conosciuto come Abu Mazen. Secondo Samir Qumsieh, presidente della televisione cristiana di Betlemme Al Mahed, la gente ha paura che si aprano scontri tra varie fazioni per il potere; per questo è importante che gli investigatori accertino che non si tratti di un attentato diretto contro Abu Mazen.
Ieri, a Gaza durante una cerimonia di commemorazione in onore di Yasser Arafat, alcuni uomini armati hanno sparato dei colpi d’arma da fuoco, dopo aver gridato slogan contro il leader palestinese e il suo alleato Mohammed Dahlan, ex capo della sicurezza di Gaza, definendoli servi degli americani. I colpevoli, fuggiti dopo la sparatoria, sono militanti di un gruppo dissidente di Fatah, lo stesso partito di Abu Mazen. Il leader palestinese ha dichiarato di essere certo al 100% che i colpi non erano diretti a lui. È una cosa normale, ha continuato, sono giorni di forti emozioni e il luogo era molto affollato. Quello che la popolazione teme, ora, è l’ipotesi di una lotta per il potere. Se quello di ieri fosse un attentato – ha dichiarato Qumsieh – la situazione diventerebbe molto seria: la prospettiva di una possibile guerra civile diventerebbe molto reale. L’attivista cristiano ha ricordato che Arafat ha tenuto per decenni il potere concentrato nelle sue mani ed era un leader molto popolare, non sarà facile sostituirlo.
Intanto, ieri, il presidente ad interim Rawhi Fattuh ha annunciato che le elezioni presidenziali palestinesi si terranno il 9 gennaio 2005. Abu Mazen, capo dell’Olp (Organizzazione Liberazione Palestina), è uno dei candidati. Gli altri potenziali successori del rais sono: il primo ministro palestinese, Ahmed Qurei (Abu Ala) e Farouk Kaddoumi, nominato capo di Fatah dopo la morte di Arafat. Abu Mazen è considerato un moderato e ha sempre condannato apertamente il militarismo dell’intifada.