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PAKISTAN, MONS. RUFIN (VESCOVO ISLAMABAD): CONDANNA DI ASIA BIBI PUÒ ESSERE FERMATA

“Questa condanna può essere fermata, perché il governo del Pakistan sa di avere l’attenzione della comunità internazionale e ha paura di fare una cattiva impressione”. Lo dice al SIR il vescovo di Islamabad-Rawalpindi, mons. Anthony Rufin, commentando il caso di Asia Bibi, la donna pakistana condannata a morte per blasfemia per aver insultato Maometto durante una discussione con le colleghe. Anche Benedetto XVI ha lanciato oggi un appello per la sua liberazione (leggi). Mons. Rufin si dice convinto che i problemi tra le minoranze religiose e i musulmani “si creano soprattutto nei villaggi – racconta -, dove le persone sono povere e meno istruite e non sanno come rispondere o tacere di fronte ai provocatori. Paradossalmente, spesso le autorità usano la legge sulla blasfemia per proteggere le persone dai fondamentalisti che vogliono ucciderli”. Certo, questa soluzione non soddisfa la società civile che si batte, con fatica, per la libertà religiosa e i diritti umani: “Non siamo soddisfatti di come il governo sta affrontando la legge sulla blasfemia – denuncia anche Peter Jacob, segretario della Commissione nazionale per la giustizia e la pace dei vescovi pakistani -. Anche perché dovrebbe istituire al più presto, su richiesta dell’Onu, una Commissione nazionale per i diritti umani”.“Per noi non è facile operare – racconta Jacob, che ha visto morire assassinati sei colleghi a Karachi, nove anni fa -. Quando denunciamo i soprusi e le ingiustizie, spesso veniamo accusati di diffondere notizie false. Perciò chiediamo con forza di fermare gli abusi nell’uso della legge”. Anche tra gli operatori umanitari c’è preoccupazione per le sofferenze dei cristiani: “La comunità cristiana è una minoranza molto esposta alle discriminazioni – afferma al SIR Elly Xenou, di Caritas international, che vive in Pakistan da tre anni e coordina il lavoro delle diverse Caritas nazionali -. Molti cristiani sono poveri perché il sistema delle caste si è trasformato in un sistema di classi sociali, quasi feudale. Chi appartiene alle classi basse ha più difficoltà di accesso all’istruzione. Purtroppo in Pakistan il livello dell’educazione è molto basso, così si possono creare molti fraintendimenti riguardo alla religione”. Però, precisa Xenou, “la gente è molto calorosa e accogliente, il fondamentalismo non appartiene alla loro cultura. Spero proprio che questo fenomeno sia sconfitto presto. Penso che le diverse comunità possono vivere insieme pacificamente e sostenersi reciprocamente, come dimostra la storia antica di questo Paese”.Sir