È salito ad almeno 14 vittime e 150 feriti il bilancio provvisorio dell’attentato dinamitardo commesso questa mattina contro una moschea sciita a Karachi, nel sud del Pakistan, secondo l’aggiornamento diffuso dalle forze di sicurezza. La polizia propende per l’ipotesi che si sia trattato di un attentato suicida, poiché non è stato ritrovato sul luogo dell’esplosione né un detonatore né un meccanismo per ritardare lo scoppio. Fonti ospedaliere precisano che almeno 25 feriti versano in gravissime condizioni. La deflagrazione ha seriamente danneggiato l’edificio sacro situato nel complesso che ospita la Madrassa tul Islam’, una delle più antiche e prestigiose scuole islamiche del Paese, dove si formò anche Mohammed Ali Jinnah, fondatore del Pakistan. La vasta struttura comprende due moschee, una sciita e una sunnita, e da sempre è considerata un simbolo della fratellanza tra le due principali correnti religiose musulmane. Il presidente Pervez Musharaf ha duramente condannato l’attentato definendolo un atto terroristico odioso. Il leader sciita di Karachi, Mirza Yousuf Hussein, è convinto che gli aggressori provenivano dai territori tribali della regione autonoma della Frontiera del Nord Ovest, al confine con l’Afghanistan, ed ha accusato il governo di non aver dimostrato sufficiente fermezza in un’operazione militare lanciata lo scorso marzo per scovare tali gruppi. Il conflitto settario in Pakistan continua a fare vittime, prevalentemente tra la minoranza sciita; l’ultimo grave episodio è avvenuto lo scorso 2 marzo a Quetta, nella provincia del Beluchistan, durante le celebrazioni dell’importante festività islamica sciita dell’Ashura: ignoti hanno aperto il fuoco con armi automatiche e lanciato granate contro una processione di fedeli, uccidendo 44 persone. Misna