Opinioni & Commenti

Pagine che parlano da sole, ma che non diventano voce di un concerto

di Franco Vaccari

Si chiama profezia lo sguardo amorevole che permette di vedere come compiute le persone e la storia. Così fu profetico lo sguardo cristiano sulla schiavitù che ne colse l’insopportabile ingiustizia e gettò i semi dei diritti e della cittadinanza. Fu profetica la cura dei malati, anticipo di quella promozione della salute che si strutturerà nei moderni sistemi sanitari. Fu profetico investire in istruzione e educazione, emendando dall’analfabetismo e creando le premesse per l’uguaglianza sostanziale delle persone. Non furono solo i cristiani ad avere questo sguardo luminoso e lungimirante, ma in Europa il Vangelo è stato assai spesso nelle mani e nei cuori delle avanguardie culturali.

Il progresso culturale, civile e spirituale dell’umanità ciclicamente indica persone e comunità che compiono gesti all’inizio isolati e incomprensibili, ma che poi diventano addirittura «norma» individuale e collettiva, fissata in comportamenti e leggi. In terra toscana è così facile pensare questo: dai titoli delle chiese ai nomi di strade e piazze c’è una fioritura di uomini e donne che hanno esercitato la profezia.

In questa direzione si colloca l’attenzione ai fenomeni migratori che dagli ultimi decenni del secolo scorso al tempo presente testimonia quanto la comunità cristiana abbia fatto in Italia, in Europa e nel mondo: attenzione intelligente capace di intuire fin dai primi anni settanta un movimento di popoli di portata storica, di valutarne il contenuto drammatico, di farsi carico della condizione dolorosa, di decifrarne l’irreversibilità, di coglierne la possibile opportunità. Un’attenzione e un’azione che hanno coniugato la lettura del fenomeno con l’intervento sempre più pensato e organizzato: dall’emergenza all’inclusione all’integrazione. Il Dossier sull’immigrazione che Caritas e Migrantes ogni anno offrono all’intera comunità italiana è una tessera delle più brillanti e lucide di questo mosaico di intervento.

Se però agli albori del fenomeno si poteva comprendere un’arretratezza della coscienza e, dunque, una resistenza ad agire e a gestire, oggi appare inaccettabile il ritardo di una visione ampia e condivisa, di una prospettiva di governo, di una serie di azioni coerenti e articolate, in una parola un’assunzione responsabile della comunità civile e politica. È inaccettabile un dibattito pubblico che si sposta ogni volta sull’«ingerenza» della Chiesa, consentendo su questo una cronica supplenza. È inaccettabile un’irrazionale resistenza che produce solo forme minime di assistenza. È insopportabile il circuito dei media che alimenta la xenofobia, stupendosi ciclicamente delle rivolte e delle violenze degli immigrati. È come lo stupore scandalizzato di queste ore per il turismo macabro sui luoghi dei delitti efferati, dopo la grancassa suonata da televisioni e radio.

Tra la scuola di Barbiana degli anni ’50 e la riforma della scuola dell’obbligo, nel ’62, vi fu un tempo che parve infinito. In realtà fu un pugno di anni il lasso di tempo in cui lo Stato si fece carico di un problema grave come l’analfabetismo e l’ingiusta selezione dell’accesso alla cultura su base sociale ed economica. Sono trascorsi ormai decenni dall’inizio evidente del fenomeno migratorio e il Dossier statistico della Caritas e di Migrantes, alla sua ventesima edizione, brilla – ahimè! – per la sua solitudine: vox clamans in deserto…

Ci si potrebbe consolare: tra i dossier degli ultimi tempi questo è segno di sicura civiltà. A noi piacerebbe che pagine così non fossero uniche, ma voce di un concerto, a testimonianza di una sollecitudine condivisa. Ci piacerebbe poi che, sfogliandole, vi potessimo leggere altre cifre. Ancora oggi, invece, leggiamo l’acuirsi delle ingiustizie in Paesi lontani e resistenze e marginalizzazioni nel nostro.

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