Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Ottanta anni per il vescovo Giacomo Babini.

Ottant’anni secondo il salmista sono il traguardo dei più robusti. Non è stato facile, però, convincere il diretto interessato dell’opportunità di condividere insieme a tanti amici un momento di gioia e di ringraziamento per il dono di una presenza feconda e generosa per la nostra Chiesa. L’umiltà del personaggio e la sua innata ritrosia a ogni esteriorità lo rendono fortunatamente indenne dall’ideologia della visibilità mediatica, per privilegiare la schiettezza del cuore e la lucidità del giudizio nonostante il ruolo eccellente rivestito. Perciò, in questo compleanno di monsignor Giacomo Babini, vescovo emerito di Grosseto, non interessano gli amarcord – direbbe lui, i sentimentalismi – ma l’attualità, il significato della sua presenza e della sua vocazione in una storia di salvezza.Per varie generazioni di giovani di Sansepolcro, convocati nella comunità da lui guidata, egli si è rivelato come lo strumento privilegiato attraverso cui Gesù Cristo ha iniziato a interpellare la vita di ciascuno. Qualche incontro insperato si è verificato grazie alla determinazione educativa del leader, al «gutta cavat lapidem» (la goccia perfora la pietra) fatta di foglietti ciclostilati per le riunioni in cui ciascuno era indotto a parlare e perciò a riflettere, dei giornalini stampati in casa per «farci un’idea», ma anche di cineforum, feste di carnevale all’Aurora , recital di Pasqua, camminate a Montecasale, campeggi estivi (da Colcellalto alla Grecia), campi di raccolta a settembre e Vespri in duomo tutte le sere. Tradizioni poi proseguite. A distanza di anni, quei momenti non si ricordano con nostalgia come le cose lontane e che non tornano più, ma come fatti autentici e attuali che continuano a rallegrare la nostra giovinezza perenne, quella che scaturisce dalla compagnia del Signore nella nostra vita.È vero: non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi. È il mistero della chiamata, della «con-vocazione» alla vita dello spirito, che ha rappresentato un collante inimmaginabile anche tra persone che altrimenti non si sarebbero scelti come amici. E l’agape è un altro messaggio: vi ho chiamati amici. Un’amicizia fondata non sull’esteriorità, su interessi e lobby o su hobby comuni, su carità pelosa o finta solidarietà, ma su ciò che realmente è essenziale nella vita di un cristiano: la vita di fede, unica risorsa indispensabile fino all’incontro col Signore. Fede vissuta quale risorsa per l’annuncio nella cultura del tempo e non solo come forma intimistica. E infine l’appartenenza incondizionata alla Chiesa, comunità in cui Cristo si rivela per sua stessa volontà, malgrado tutto.Questo enorme patrimonio è stato seminato nel migliore dei modi. Allora facevamo e non capivamo, oggi capiamo e non facciamo. L’aridità del terreno non inganni, la bontà dei frutti si gusta in modi e tempi di cui non ci è dato disporre.Un figlio spirituale