Toscana

OSLO, APERTA CONFERENZA INTERNAZIONALE CONTRO ‘BOMBE A GRAPPOLO’

Un primo passo verso l’introduzione di un bando contro l’uso delle cluster bombs (bombe a grappolo) è stato compiuto oggi a Oslo, capitale della Norvegia, dove si è aperta la prima conferenza internazionale per discutere un possibile trattato contro questi micidiali ordigni. L’incontro, a cui partecipano i rappresentanti di oltre 40 nazioni, è nato per iniziativa della Norvegia all’indomani della conferenza sull’aggiornamento della Convenzione di Ginevra sulle armi convenzionali del 1980 (Cww), che lo scorso novembre si è chiusa senza definire un’azione concreta contro gli stessi ordigni ma suggerendo solo l’avvio di uno studio di esperti.

La conferenza di Oslo è appoggiata anche da Nuova Zelanda, Irlanda e Austria; quest’ultima ha seguito l’esempio della Norvegia e dichiarato oggi una moratoria nell’uso delle bombe a grappolo fino alla definizione di un trattato internazionale.

Contrari alla messa al bando degli ordigni sono Stati Uniti, Cina, Russia, Francia e Gran Bretagna – che sono anche le cinque nazioni con diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu – ai quali si aggiungono India, Pakistan Australia e Canada.

Le nazioni che invece appoggiano l’iniziativa, oltre a quelle già citate, sono Germania, Svezia, Mozambico e Angola. Tra i contrari, hanno boicottato la conferenza Washigton, Pechino e Mosca, non mandando loro delegati.

Parallelamente alla conferenza degli Stati, in corso nel centro ‘Soria Moria’ sulle colline intorno Oslo, si svolge un forum delle organizzazioni non governative organizzato dalla ‘Cluster Munition Coalition’ (Cms) il raggruppamento di ong nata sull’esempio della Coalizione per la messa al bando delle mine antipersona, il cui impegno fu fondamentale per arrivare alla firma del trattato di Ottawa del 1997 per il bando contro le mine. Utilizzate da decenni nei conflitti, le bombe a grappolo sono state negli ultimi anni sempre più al centro di una campagna di opinione internazionale che ne evidenzia la pericolosità per i civili e le gravi conseguenze anche dopo anni dalla fine delle guerre. Le cluster bombs sono ordigni che rilasciano migliaia di sottomunizioni esplosive che si distribuiscono su vaste aree in attesa di esplodere al primo contatto.

L’operazione israeliana in Libano della scorsa estate è stato l’ultimo conflitto in cui sono state largamente usate: la stampa libanese stima che 4 milioni di sottomunizioni furono lanciate dall’aviazione israeliana nelle ultime ore prima della firma del cessate-il-fuoco il 14 agosto 2006. Nonostante le industrie produttrici sostengano che le bombe a grappolo del modello M85, usate in Libano, abbiano meccanismi di autodistruzione e solo l’1% resta inesplosa, esperti delle Nazioni Unite e delle organizzazioni non governative contestano questi dati ottenuti dalla fabbriche nelle prove di laboratorio e non sul campo. Secondo stime Onu sono almeno 900.000 le munizioni rimaste inesplose a cui si aggiungono 400.000 mine; il centro di coordinamento delle operazioni si sminamento dell’Onu (Unmacc) a Tiro, in Libano meridionale, riferisce che dalla scorsa estate si sono verificati 217 incidenti causati da ordigni inesplosi, di cui 187 contro civili e 30 mortali. La missione Unmacc, il cui mandato scade a dicembre, ha fino ad oggi individuato 847 siti bombardati e distrutto 100.000 sottomunizioni. Misna