Cultura & Società
Oscar 2018: vince «La forma dell’acqua» di Guillermo del Toro
Cala il sipario alle 5.50 (ora italiana) sulla 90ª cerimonia degli Academy Awards, gli Oscar 2018. Il miglior film dell’anno è «La forma dell’acqua» («The Shape of Water») di Guillermo del Toro e J. Miles Dale, opera vincitrice anche del Leone d’oro alla 74ª Mostra del Cinema della Biennale di Venezia. Il film del regista messicano, forte delle sue 13 candidature, ottiene 4 premi Oscar importanti: oltre a miglior film e regia, vince inoltre per la colonna sonora firmata da Alexandre Desplat e per la scenografia di Paul D. Austerberry, Shane Vieau e Jeff Melvin.
Guillermo del Toro, emozionato nel ritirare il premio per la regia, si lascia andare a un messaggio politico chiaro, contro la linea dura della Presidenza Trump: «Io sono un immigrato. La cosa più bella che fa il cinema è togliere le frontiere. Dovremmo pensare a questo e non ad alzarne delle altre».
Nel suo discorso finale, però, del Toro, ritirando la statuetta per il miglior film, diffonde un messaggio di speranza, soprattutto ai giovani: «Sono cresciuto in Messico, sognando i film di Frank Capra e di altri grandi autori. Steven Spielberg, qualche giorno fa, mi ha detto di ricordami di tutto questo, se fossi salito sul palco, di ricordarmi di appartenere a questa comunità di autori e artisti. Da piccolo, dal Messico, non pensavo possibile tutto ciò. E ora dico invece ai bambini, ai giovani: sognate!».
A conferire il premio, come nello scorso anno, sono stati i divi Warren Beatty e Faye Dunaway, che ritornano al Dolby Theatre dopo l’errore della famigerata busta sbagliata nell’edizione 89 degli Oscar, dove venne confuso il premio tra «La La Land» e «Moonlight» (vincitore). L’episodio imbarazzante è stato richiamato, nel corso della cerimonia 2018, anche dall’attore Mark Hamill, il Luke Skywalker di «Star Wars», che ha ironizzato, rivolgendosi ad alta voce a se stesso, nell’aprire una busta: «Per favore non dire ‘La La Land’». Insomma, Hollywood scherza su se stessa, sulle sue cadute, e va avanti.
Attori protagonisti e non protagonisti, tutti come da previsione. Miglior attrice protagonista è l’applauditissima Frances McDormand per «Tre manifesti a Ebbing, Missouri» («Three Billboards Outside Ebbing, Missouri»), al secondo Oscar dopo «Fargo» nel 1997. Frances McDormand, emozionata, ringrazia il regista Martin McDonagh, ma anche il suo clan personale, ovvero il marito regista Joel Coen e il figlio. Poi la McDormand richiama l’attenzione su tutte le donne candidate all’Oscar, invitandole ad alzarsi in piedi e a ricevere un grande applauso. L’attrice si congeda ricordando due parole, due impegni per il futuro: inclusione e scrittura. A premiarla sono intervenute Jodie Foster e Jennifer Lawrence, al posto del vincitore dello scorso anno Casey Affleck («Manchester by the Sea»), accusato di molestie.
Oltre al discorso della McDormand, il tema della condizione della donna e delle violenze («Time’s Up») irrompe, come da attese, nella notte degli Oscar. Le attrici Ashley Judd, Annabella Sciorra e Salma Hayek, in prima linea nelle proteste degli ultimi mesi, introducono un filmato dedicato a un cinema libero da ogni forma di discriminazione, con la testimonianza di donne e uomini dello star system hollywoodiano.
Ancora: Jane Fonda e Helen Miller hanno conferito la statuetta per il miglior attore protagonista a Gary Oldman per la straordinaria performance nel ruolo del primo ministro britannico Winston Churchill nel film «L’ora più buia» («Darkest Hour»). Oldman, vincitore del Golden Globe per lo stesso ruolo e del premio britannico Bafta, è al primo Oscar nella sua carriera.
Miglior attrice non protagonista è Allison Janney per il film «Tonya» («I, Tonya»). La Janney, già vincitrice del Golden Globe per il ruolo, ha interpretato la spietata e anaffettiva madre della campionessa di pattinaggio artistico su ghiaccio Tonya Harding, membro del team olimpico statunitense e accusata nel 1994 di violenza su una collega.
Miglior attore non protagonista, Sam Rocwell, alla sua prima candidatura. Rockwell per il ruolo del poliziotto riluttante nel film «Tre manifesti a Ebbing, Missouri» («Three Billboards Outside Ebbing, Missouri») aveva già vinto il Golden Globe lo scorso gennaio.
L’Italia festeggia per l’Oscar al novantenne James Ivory. L’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale va James Ivory per il film italiano di Luca Guadagnino «Chiamami con il tuo nome» («Call Me by Your Name»). Lo scrittore nonché regista Ivory è al primo Oscar all’età di 90 anni (il prossimo 7 giugno); è noto in particolar modo per la regia di «Camera con vista» (1985) e di «Quel che resta del giorno» (1993).
Il cinema italiano non ottiene però altri riconoscimenti, né per il film di Guadagnino (4 candidature in totale) né con Alessandra Querzola, in corsa nella categoria miglior scenografia per il film «Blade Runner 2049».
L’Oscar per la miglior sceneggiatura originale è stato assegnato invece a Jordan Peele per «Scappa. Get Out», di cui è anche regista, al suo esordio dietro alla macchina da presa. Il thriller a tinte horror, manifesto afroamericano 2017-2018 nell’industria hollywoodiana, sbaraglia il super favorito Martin McDonagh di «Tre manifesti a Ebbing, Missouri» («Three Billboards Outside Ebbing, Missouri»), già vincitore del Golden Globe.
L’Oscar per il miglior film straniero va al Cile, l’animazione alla Disney. L’Oscar per il miglior film straniero è andato al Cile con «Una donna fantastica» («Una mujer fantástica») di Sebastián Lelio, che sbaraglia il favorito «L’insulto» («L’insulte») di Ziad Doueiri dal Libano, passato nel 2017 alla Mostra del Cinema di Venezia, nonché il vincitore dello scorso Festival di Cannes «The Square» di Ruben Östlund, dalla Svezia.
Il miglior film di animazione, come da previsione, è quello della Disney «Coco», ambientato in Messico, che vince anche per la miglior canzone «Remember Me», con musica e testi di Kristen Anderson-Lopez e Robert Lopez, già vincitori di un Academy Award nel 2014 per «Frozen» (il brano «Let it Go»).
Premi tecnici spartiti tra «Dunkirk» e «Blade Runner 2049». La miglior fotografia è quella di «Blade Runner 2049», premio assegnato al direttore inglese Roger A. Deakins. I migliori effetti speciali, Visual Effects, sono sempre di «Blade Runner 2049», a cura di John Nelson, Gerd Nefzer, Paul Lambert e Richard R. Hoover.
Il kolossal britannico «Dunkirk» firmato da Christopher Nolan vince: miglior montaggio, di Lee Smith, montaggio sonoro, Richard King e Alex Gibson, nonché miglior sonoro Mark Weingarten, Gregg Landaker e Gary A. Rizzo.
«Darkest Hour» si aggiudica poi il miglior trucco e acconciatura, premio andato a Kazuhiro Tsuji, David Malinowski e Lucy Sibbick. I costumi più belli per l’Academy sono invece quelli del film «Il filo nascosto» («Phantom Thread»), realizzati da Mark Bridges.
La miglior scenografia, ricordiamo, è quella del film «La forma dell’acqua» di Paul D. Austerberry, Shane Vieau e Jeff Melvin.
Gli altri riconoscimenti. Niente da fare per la regista della nouvelle vague francese Agnès Varda («Faces Places»), l’Oscar per il miglior documentario è stato assegnato a «Icarus» di Bryan Fogel e Dan Cogan. Premio per il miglior cortometraggio documentario «Heaven is a Traffic Jam on the 405» per la regia di Frank Stiefel, mentre «The Silent Child» di Chris Overton e Rachel Shenton vince l’Oscar come miglior cortometraggio, opera dedicata al mondo dei bambini non udenti, alle difficoltà sociali che spesso devono affrontare. Miglior cortometraggio d’animazione «Dear Basketball» regia di Glen Keane e Kobe Bryant.