Una sua valutazione sulla visita del patriarca.«Sicuramente non è stata una visita “qualunque” e di onorificenza. Preparata molto bene, è stata prima di tutto una esperienza forte di fede, di comunione profonda tra le due chiese, quella del Santo Sepolcro di Gerusalemme e la nostra. Il Patriarca si è imposto per la sua semplicità come persona, al di là dei titoli risonanti, ma soprattutto per la chiarezza con cui ha saputo presentare la situazione religiosa e politica della Terra Santa».Dalla comunità di Sansepolcro che riscontro ha avuto questa visita?«Tutta la comunità cittadina di Sansepolcro (non solo quella della Cattedrale) ha vissuto la giornata intorno al Patriarca. Dall’accoglienza, favorita anche dall’uscita della S.Messa delle ore 10, alla S.Messa solenne che ha visto il duomo gremito, fino alla conferenza della sera a San Francesco seguita con attenzione e interesse. Alla solenne concelebrazione mi piaceva guardare i bambini del catechismo che sfidando le autorità civili e i Cavalieri del Santo Sepolcro facevano capolino, si intromettevano, cercavano di farsi avanti per vedere, partecipare, esserci».Con quali gesti concreti possiamo continuare il legame con Gerusalemme?«La visita di monsignor Sabbah ci interroga e ci interpella. Sono certo che la nostra comunità avrà fantasia e troverà il modo perché questo legame con il Sepolcro di Gerusalemme, riallacciato dopo oltre un millennio, non svanisca di nuovo. Il Patriarca ci ha invitati a ricambiare la visita. Ricambieremo quanto prima e vedremo cosa lo Spirito saprà indicarci».Quali segni profondi ha lasciato questa visita?«Spesso pensiamo alla Terra Santa secondo le descrizioni che ci danno i mezzi di informazione. Michel Sabbah ci ha parlato di ecumenismo, dialogo con le altre due religioni monoteiste, di tanti incontri, ma soprattutto di speranza. Ci ha detto che la gente, in particolare i giovani sono stanchi della guerra. La comunità di Sansepolcro ha recepito questo: non solo la Terra Santa ha bisogno di pace, ma che è possibile arrivare alla pace. E pur da lontano, magari in qualsiasi modo, cercheremo di lavorare per questo».Il rito che si è svolto nell’oratorio di san rocco all’inizio della visita del patriarca è lo stesso che ogni giorno si recita al santo sepolcro di Gerusalemme. Sarebbe molto bello ripeterlo anche noi.«La preghiera al tempietto del Santo Sepolcro nell’Oratorio di San Rocco, che ha preceduto la processione alla Cattedrale, è stata suggestiva e di grande fascino. In tanti ha suscitato il desiderio di ripeterla in alcune circostanze e farla diventare quasi “tradizione”. Ne parleremo nelle varie sedi. Al momento potremmo pensare di concludere la Veglia Pasquale proprio davanti al tempietto per controllare, anche noi, insieme alle donne e ai discepoli, che “è vuoto”».Alessandro Boncompagni