Scuola e università

Ora di religione, risorsa per la cultura e il dialogo

Intervista a Luca Provvedi, responsabile della Conferenza episcopale toscana per l'Irc che sottolinea come pur con una diminuzione delle adesioni, questo insegnamento continua a essere uno spazio educativo prezioso per la crescita culturale e morale degli studenti

Scuola (Foto Ansa/Sir)

Scuola tempo di iscrizioni (c’è tempo fino al 10 febbraio) ma tempo anche di scegliere o meno di avvalersi dell’ora di religione. Per affrontare l’argomento abbiamo parlato con Luca Provvedi, responsabile della Conferenza episcopale toscana dell’insegnamento della religione cattolica (Irc).

Provvedi, questa ora d’insegnamento nelle scuole italiane è rilevante ancora oggi?

«Certo che lo è! La Repubblica italiana, nell’Accordo di revisione del Concordato nel 1984 ha riconosciuto il valore della cultura religiosa, parte del patrimonio storico del popolo italiano, e ha collocato l’Irc nel quadro delle finalità della scuola. Oggi l’insegnamento della religione cattolica è più che mai importante perché oltre a offrire agli studenti gli strumenti per comprendere il patrimonio del cattolicesimo, contribuisce a una visione più unitaria del sapere e rende bambini, ragazzi e giovani maggiormente capaci di relazioni sociali costruttive, pronti alla collaborazione e alla solidarietà».

Contribuisce anche alla formazione culturale e morale degli studenti? In che modo?

«Lo diciamo sempre, come si può leggere il messaggio delle bellezze artistiche del Rinascimento o la profondità religiosa della Divina Commedia senza conoscere la Bibbia e le basi della cultura cattolica. L’Irc contribuisce alla formazione culturale spiegando le radici storiche e religiose della cultura occidentale e i suoi valori fondamentali. Sul piano morale poi, aiuta gli studenti a riflettere su temi come la dignità della persona, la solidarietà, la giustizia e il bene comune, promuovendo una visione etica della vita».

Come rispondere a chi afferma che l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche possa entrare in conflitto con i principi di laicità dello Stato?

«L’Irc non viola assolutamente la laicità dello Stato perché tale insegnamento viene offerto come scelta facoltativa, rispettando la libertà di coscienza degli studenti. Inoltre, è bene ricordarlo sempre, l’Irc non è catechesi, ma un insegnamento culturale offerto a tutti. Molti dei nostri studenti, ad esempio, non sono cattolici oppure si definiscono “atei” e questo dimostra come l’Irc sia un’ora capace d’integrare la cultura cattolica con le altre religioni e le diverse visioni del mondo».

In che misura riflette le diverse sensibilità religiose e culturali presenti nella società italiana?

«L’ora di religione cattolica offre spazi autentici di confronto. Le nostre scuole hanno sempre più un volto multiculturale e religioso, adesso non più soltanto nei grandi centri urbanizzati ma anche nei paesi più piccoli. E sono molti gli stranieri che si avvalgono dell’Irc, riconoscendo in essa un’occasione di crescita culturale e umana. Spesso l’ora di religione diviene uno spazio aperto di dialogo, scambio e rispetto reciproco… un vero e proprio laboratorio di società inclusiva e multiculturale durante la quale le distanze tra le persone si accorciano».

Ci sono aspetti dell’insegnamento della religione cattolica che potrebbero essere migliorati?

«Migliorare si può sempre. Da un punto di vista didattico, gli insegnanti di religione si distinguono spesso per capacità e innovazione metodologica, anche digitale. Maggiori esperienze di collaborazione interdisciplinare che sappiano includere riferimenti alle questioni di attualità sono sicuramente auspicabili. Da migliorare e chiarire invece con il ministero e gli Uffici scolastici sono sicuramente alcune zone d’ombra legislative che penalizzano l’Irc, come il rispetto dei tempi per il cambio della scelta».

Il ruolo degli insegnanti di religione nelle scuole: qual è e come vengono percepiti dagli studenti e dai colleghi?

«Gli insegnanti di Irc hanno un ruolo educativo importantissimo. Nelle classi spesso favoriscono preziose e profonde riflessioni e incentivano il dialogo tra studenti. Generalmente sono percepiti come figure inclusive, disponibili, interessate ad ascoltare e accompagnare i giovani nella loro crescita e non a giudicarli. Anche per i colleghi spesso il docente di religione è un vero e proprio punto di riferimento. Non è facile all’inizio superare la diffidenza, ma poi grazie alla competenza professionale e alla passione educativa, i colleghi spesso riconoscono nel docente di religione quella parola di speranza e quello sguardo sapiente di cui c’è bisogno. Un insegnante, e in particolare un insegnante di religione, non dovrà mai trascurare l’inclinazione a essere persona empatica, attenta agli altri, un esempio di adulto cristiano. Perché la metodologia didattica più efficace, alla fine, è sempre la testimonianza».

I numeri ci dicono, purtroppo, che l’adesione all’ora di religione è sempre in discesa. Come invertire questa tendenza?

«In un contesto sempre più nichilista, con un abbandono della dimensione religiosa visibile anche nella vita delle nostre parrocchie, il calo degli avvalentesi potrebbe essere solo una conseguenza. Il problema è sociologico e antropologico: l’uomo si sta dimenticando di Dio. Papa Francesco ci ricorda che “La vocazione della Chiesa non sono i numeri, ma è evangelizzare”. Questo è importante in ogni ambito pastorale, e vale anche per noi operatori cristiani nel mondo della scuola. Dobbiamo leggere e analizzare i dati numerici come un’indicazione preziosa, ma senza divenirne schiavi e senza cadere in un pessimismo dettato dalle cifre perché questo rischierebbe di farci perdere il focus sulla qualità dell’Irc. Se circa l’85% degli studenti continua a sceglierci in modo facoltativo significa che percepiscono l’ora di religione come uno spazio in cui ampliare le loro conoscenze, acquisire competenze importanti e riflettere su valori che incidono nella loro vita. È importante rinnovarsi certo, ma non credo si debba stravolgere l’ora di religione».

L’alternativa è una proposta seria per i ragazzi oppure è solo un pretesto per uscire prima?

«L’attività alternativa dipende dall’organizzazione delle scuole. Dovrebbe essere una proposta seria, con attività educative significative che sappiano offrire agli studenti un percorso culturale complementare all’Irc. Un docente di religione è felice quando l’ora di attività alternativa è ben curata. Ciò che veramente danneggia l’Irc è una normativa sfavorevole perché troppo spesso dobbiamo combattere contro l’ora del niente. Nelle scuole superiori infatti circa il 90% dei non avvalentesi sceglie di fare un’ora in meno, uscendo da scuola. Personalmente credo che sia una sconfitta per la scuola stessa che passa ai giovani un messaggio poco educativo e molto deresponsabilizzante. Restiamo consapevoli che i giovani allettati da un’ora in meno sui banchi ci sceglieranno solo se sapremo essere insegnanti in grado di ascoltare i loro bisogni, fare breccia nel loro cuore e dare un senso a un impegno scolastico aggiuntivo».