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Onu, «no» ad ogni forma di clonazione

di Mauro Cozzolidocente di teologia morale nella Pontificia Università LateranenseL’assemblea generale dell’Onu ha approvato l’8 marzo scorso un’importante dichiarazione a tutela della vita umana incipiente, sottoposta alle invasive manipolazioni del progresso biotecnologico. Essa chiede agli Stati membri che «si proibiscano tutte le forme di clonazione umana, in quanto incompatibili con la dignità umana e la protezione della vita umana». Dichiarazione autorevole per il consesso internazionale che l’ha espressa: il più ampio per rappresentatività e il più elevato per importanza. Essa esprime la sensibilità etica prevalente nelle coscienze dei popoli riguardo a una prassi generativa inquietante, qual è la clonazione umana. Prassi rimasta finora negli immaginari della letteratura e della science fiction (la fantascienza); e che, invece, con la diffusione delle pratiche di fecondazione in vitro e i vari tentativi di sperimentazione, sta varcando la soglia del possibile.

È notevole che la dichiarazione proibisca «tutte le forme di clonazione umana». Non solo quella riproduttiva ma anche quella terapeutica. La prima mira a replicare la vita di un individuo per il desiderio eccentrico e bizzarro di avere un suo clone o con l’intento selettivo, e perciò eugenistico, di fissarne e perpetuarne i tratti e i caratteri. La seconda, invece, è la clonazione a scopo di ricerca, intesa a duplicare un individuo umano e consentirne lo sviluppo fino a un certo punto della fase embrionale o fetale, senza farlo nascere; al solo fine di sperimentazione o di prelievo delle cellule staminali da usare per fini curativi.

La clonazione, in ogni sua forma e finalità, è proibita dalla dichiarazione per una duplice e radicale motivazione. Prima di tutto, perché «incompatibile con la dignità umana». Essa, infatti, è una grave offesa all’autonomia, all’unicità e all’irripetibilità biogenetica di ogni persona umana, la quale dev’essere voluta nella sua individualità e non come duplicato di qualcuno. Il clonato non viene al mondo come figlio, ma come fratello o sorella del clonante. Con la clonazione sono pervertite le relazioni fondamentali della persona umana: la filiazione, la consanguineità, la parentela, la genitorialità. Riproduzione asessuale e agamica, la clonazione disconosce il diritto di ogni individuo umano a nascere dall’unione sessuale di un uomo e una donna e dall’apporto congiunto dei loro gameti, a nascere insomma in modo rispondente alla verità del generare umano. È altresì disconosciuto il diritto a un’identità e a un’età biologica propria, che il clonato prende invece dal clonante.

In secondo luogo, la clonazione è proibita, perché «incompatibile con la protezione della vita umana».Quanto alla clonazione riproduttiva, l’essere al mondo come copia (anche se solo biologica) di un altro essere pone le condizioni di una radicale sofferenza del clonato, la cui identità psichica rischia di essere compromessa dalla presenza reale o anche solo virtuale del suo «altro», e dal conoscere in anticipo il destino biologico della propria vita. Per non dire – come insegna il caso della pecora Dolly – delle malattie provocate nel clonato e dell’enorme spreco di vite umane (aborti procurati), al cui prezzo avviene la clonazione riproduttiva.

Quanto alla clonazione terapeutica, poi, essa è praticata non per la vita del clonato, ma per curare altri. Il che smentisce il principio morale fondamentale di non trattare mai un essere umano come un oggetto e un mezzo, ma sempre e solo come un soggetto e un fine. Nella clonazione terapeutica una vita umana non è riconosciuta e apprezzata per se stessa, ma per qualcos’altro. Essa vale in quanto serve. Il che è inumano, espressione del peggiore utilitarismo: non si può clonare un individuo umano, predarlo delle sue cellule, organi o tessuti e abbandonarlo alla morte.

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