Un lavoro inestimabile non privo di rischi così il Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha definito i peacekeeper al servizio dell’Onu e dei quali oggi si celebra la Giornata internazionale. Nel 2005 hanno perso la vita, per violenze, malattie e incidenti, 124 peacekeeper il numero più alto dell’ultimo decennio ha detto in un messaggio Annan provenienti da 46 Paesi. Altri 32 sono caduti in servizio nel 2006, compresi otto soldati guatemaltechi, uccisi nella Repubblica Democratica del Congo. Attualmente più di 72.000 uomini in divisa e 15.000 civili prestano servizio in 18 operazioni per la pace facendo delle Nazioni Unite il più grande contribuente multilaterale alla stabilizzazione post-conflittuale nel mondo. 108 Paesi contribuiscono con personale in divisa, inclusa la missione in Sudan formata da 71 nazioni. I Paesi più impegnati sono India, Pakistan e Bangladesh, che insieme forniscono più del 40% dei peacekeeper dell’Onu. I “Caschi Blu” e i loro colleghi civili, ha proseguito Annan, lavorano per organizzare elezioni, attuare riforme di polizia e giudiziarie, promuovere e proteggere i diritti umani, condurre operazioni di sminamento, far progredire le pari opportunità, conseguire il disarmo volontario degli ex combattenti e sostenere il ritorno di rifugiati e sfollati alle loro case. In questo senso l’istituzione della Commissione per la Costruzione della Pace (Peacebuilding Commission) è un altro passo avanti. Essa mira a prevenire che i Paesi ricadano nel conflitto. Così facendo ricordiamo gli eroi che hanno perduto la vita in Paesi lontani per la pace e riaffermiamo l’ impegno a costruire un mondo libero dalla guerra. Sir