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Ogm, se l’uomo modifica piante e animali

di Chiara LapucciLa manipolazione genetica che tanto interessa per gli organismi animali si opera anche su quelli vegetali. Gli OGM (Organismi Geneticamente Modificati), sono organismi a cui è stato modificato il DNA, vale a dire la struttura della cellula che contiene le informazioni che determinano le caratteristiche dell’essere vivente (geni). Le forme viventi in cui sono presenti segmenti di DNA «estraneo» sono dette «transgeniche», in quanto contengono geni che non si trovano nella specie in questione.

Mentre la Chiesa ha verso le manipolazioni genetiche nel campo degli organismi umani una posizione di netto rifiuto, nel campo delle manipolazioni dei vegetali ha una linea più duttile, in quanto i problemi a questa connessi non interessano direttamente l’essere umano, centro della realtà cosmica cristiana, e le soluzioni da questa prospettate avrebbero la possibilità di risolvere enormi problemi soprattutto delle popolazioni più povere. A questo si può aggiungere che forme di selezioni genetiche in vivo si sono avute già con la domesticazione e con l’inizio dell’agricoltura, e in tempi più recenti, con l’ibridazione selettiva, si è aperta una nuova era nel campo dell’agricoltura, in genere e degli allevamenti.

La prima considerazione generale è che l’elemento discriminante fondamentale rispetto alle precedenti tecnologie è la rapidità, anzi l’immediatezza, che non potrebbe consentire alla natura quei processi di adeguamento che essa fa spontaneamente o consolida col tempo.

La scelta degli ibridi più adatti per una migliore produzione agroalimentare ha avuto sempre una grave minaccia: la perdita della biodiversità, la rottura di equilibri naturali di ambienti che, inizialmente iperpruduttivi, in breve tempo si sterilizzano e si desertificano. Nel caso degli OGM, che consentono uno sfruttamento ancora più vasto del terreno, il pericolo dello stravolgimento di questi equilibri aumenta, tenendo conto soprattutto che legata agli OGM è anche la tecnica della clonazione, che ricerca la produzione di individui tutti uguali per caratteristiche genetiche. Alla base di questa pericolosità c’è una diversa concezione del rapporto uomo/natura. La terra, con gli esseri viventi, è un ecosistema ricco di infinite interconnessioni che riescono a trovare naturalmente i loro equilibri. Già l’introduzione in agricoltura delle colture estensive monoculturali ha provocato nel recente passato, ma in alcuni paesi anche nei primi del Novecento, gravi irreversibili danni, come l’inaridimento e la desertificazione di ampie aree geografiche. Il problema quindi, con gli OGM, subirebbe un ulteriore aggravamento.

Dal punto di vista nutrizionale e della diretta ripercussione che gli OGM possono avere sull’organismo umano, anche a lungo termine, vi sono due posizioni contrapposte: la prima teoria, che ha largo seguito negli Stati Uniti e nel Sud America, soprattutto negli ambienti dei produttori, sostiene che tra la pianta naturale e quella modificata non ci sia una sostanziale diversità, per cui i principi nutrizionali, essendo identici (principio di sostanziale equivalenza), ne consentono l’uso e la diffusione.

La seconda teoria sostiene invece che, al momento in cui siamo, se i risultati possono essere confortanti dal punto di vista tecnico, non si può essere altrettanto sicuri che gli elementi della modificazione non abbiano effetti negativi che possono affiorare col tempo, cosa che porterebbe a una devastazione irrimediabile e con la quale bisogna fare i conti. Ciò anche in considerazione del fatto che una seria operazione scientifica richiede un tempo adeguato di sperimentazione e quindi proprio le prove «di laboratorio» addotte da coloro che sono favorevoli implicherebbero un’applicazione più responsabile e rigorosa dello stesso metodo scientifico. A questo aspetto puramente scientifico si aggiunge l’altro, non meno importante, che è quello economico, strettamente collegato al primo. I semi OGM hanno caratteristiche tali da poter sviluppare, con opportune scelte e applicazioni, una maggiore adattabilità a un certo ambiente, in maniera tale da poter prevalere sulle altre varietà della stessa specie, indebolendo la biodiversità. Teoricamente la risposta a questo problema consisterebbe nella creazione di semi sterili, ma questo espediente non viene usato in favore dell’ambiente, bensì impiegato al fine di creare una dipendenza stabile e ineludibile tra le multinazionali produttrici dei semi e i gli agricoltori, in particolare quelli del Terzo Mondo.

Questo metterebbe nelle mani di enti privati che operano al fine di lucro un enorme potere che può diventare un ricatto costante e uno sfruttamento nei confronti di intere popolazioni, anche perché i fitofarmaci necessari a queste culture vengono prodotti dalle stesse aziende.

A ciò si aggiunge che, oltre all’azione diretta sull’uomo, questi prodotti ne hanno anche una indiretta proveniente dall’uso di molte specie modificate, per alimentazione degli animali, attraverso i quali possono trasmetterci eventuali conseguenze. I rischi per la salute possono essere molteplici: dalla trasmissione della resistenza agli antibiotici all’aumento delle allergie, dal maggiore uso nell’ambiente di prodotti cancerogeni al rischio di fenomeni tossici.

Al momento attuale, la situazione è sostanzialmente questa. Non si può dire che la legislazione sia sufficiente a gestire questo enorme problema, anche se non sono mancate leggi settoriali che hanno tentato di risolverlo in certi suoi aspetti. Manca però una struttura giuridica che possa investire il problema nel suo insieme, proprio perché mancano le certezze che solo una sperimentazione prolungata e dettagliata può offrire. Attualmente i Paesi che più utilizzano l’agricoltura transgenica sono: Usa 69%, Argentina 15%, Canada e Cina 9%; Unione Europea 1%. Nell’Unione Europea è stata autorizzata l’immissione sul mercato di cinque prodotti: mais, soia, colza, cicoria, tabacco.

A fronte di tutto questo, gli ambienti scientifici sottolineano l’importanza degli OGM al fine di rispondere alla continua richiesta alimentare da parte di una popolazione che da un calcolo elementare e approssimativo si stima raggiungere tra i 7 e gli 11 miliardi di persone per il 2050.

Con lo sviluppo delle biotecnologie si potrebbero ottenere piante che acquisiscono maggiore tolleranza alla siccità, alla salinità, alla contaminazione da metalli, che possono avere un ruolo importante nel ripristino ambientale.

A favore: Monsignor Sgreccia: «Sì, a patto che…»Il punto di vista di maggiore apertura verso i prodotti delle biotecnologie OGM sui vegetali è rappresentato dal presidente della Pontificia Accademia per la vita e direttore del Centro di bioetica dell’Università Cattolica, monsignor Elio Sgreccia. Nel seminario «OGM: minaccia o speranza» è stato dichiarato che l’uso degli OGM può essere lecito se giovano all’uomo, subordinato in ogni caso a un’informazione trasparente.

Se, citando Sgreccia, è vero che in «tutta l’ingegneria genetica, anche quella che si fa sull’uomo, c’è la speranza di poter portare dei miglioramenti», se non c’è «il governo dell’etica, delle norme etiche, quello che è un vantaggio in sé può diventare alla fine una minaccia»; ad oggi infatti «è diventato intrinseco il legame tra il progresso scientifico, lo sviluppo dei popoli e l’etica».

«Dal punto di vista bioetico – spiega – la responsabilità dell’uomo consente di modificare gli organismi viventi, le piante, gli animali, per utilità dell’uomo stesso. Oggi, per esempio, abbiamo la possibilità di inserire nel riso, che è povero di vitamine e provoca delle malattie nelle popolazioni che si nutrono prevalentemente di riso, un gene che porta più vitamine», e «non si vede perché questo non si possa fare: se giova all’uomo, se va nel senso della salute e del bene dell’umanità».

Ci sono tuttavia «delle condizioni: noi diciamo – ha detto Sgreccia – che modificando questi prodotti prima di metterli in commercio si deve verificare se non comportano rischi per la salute. Quando c’è un criterio per verificare il rischio e c’è una possibilità di governare quel tanto di rischio che rimane, allora c’è la possibilità di realizzare questi prodotti modificati, c’è la liceità».

In ogni caso, dev’esserci «comunque» una informazione «trasparente» ad accompagnare tali prodotti. Infatti «il pubblico deve sapere quale è il prodotto manipolato e quello che non lo è». Un’altra norma dev’essere «di conservare le specie tradizionali, cioè la biodiversità».

Il Vaticano è prossimo ad emanare un documento a favore degli OGM. «Non ci deve essere chiusura per l’intervento dell’uomo sulle piante e sugli animali – aveva dichiarato monsignor Sgreccia – a patto che vi sia verifica del rischio e ci si attenga al principio di precauzione».

Contrario: Don Belleri:«No, in ogni caso»Il punto di vista più problematico espresso dal mondo religioso cattolico ha trovato voce recentemente in un volume di don Marco Belleri, Biotecnologie animali e vegetali: tradimento del disegno di Dio (Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2004, pagg. 95, euro 7,00). Scritto sottoforma di lettera, inviata alla Congregazione per la Dottrina della fede e della morale in occasione del seminario di studio su «OGM: minaccia o speranza», organizzato dal Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace l’11 novembre 2003, il testo si avvale della presentazione di Dom Francesco Masserdotti, vescovo di Balsas – Maranhao – nord-est del Brasile.

Nello scritto introduttivo si richiama l’attenzione sui pericoli legati all’uso degli OGM in agricoltura, rifacendosi alle esperienze del Brasile, dove egli risiede ed esercita il suo ministero. In questo paese la posizione della Chiesa è generalmente contraria all’uso degli OGM per le pericolose implicazioni che si sono rilevate in campo sociale, politico, etico e sanitario.

In Brasile l’impegno della Chiesa si è concretizzato in una campagna ecologica, e si sono costituite diverse organizzazioni volte a focalizzare l’attenzione anche di altri Paesi sulla necessità di fare uso dell’agricoltura in maniera consapevole, sorvegliata, cauta, in modo da non produrre traumi o guasti irreversibili.

L’equilibrio naturale del rapporto di queste popolazione con l’ambiente e la terra è basato su cicli produttivi, colture e un’equilibrata distribuzione dei terreni coltivati, in modo da evitare deforestazione e squilibri dietetici. L’autore ha soggiornato a lungo in Sud-America, e si è impegnato, al ritorno in Italia, a costituire una cooperativa sul monte Amiata, dove è parroco di Seggiano, Vivo d’Orcia e Pescina, che opera nel campo dell’agricoltura biologica.

Il testo presenta una forte tensione polemica nei confronti dell’uso degli OGM, delle multinazionali che li producono, e soprattutto verso le istituzioni, che non si fanno sufficientemente carico della responsabilità riguardo al controllo e all’uso di questi prodotti. C’è un forte richiamo alla Chiesa cattolica perché assuma una più netta posizione nei confronti di questa materia così complessa che si mostra così pericolosa sia negli intenti che nelle conseguenze per l’uomo e per gli equilibri naturali.L’accento è posto particolarmente sul problema economico e sociale legato all’accentramento del potere economico nel campo agroalimentare nelle mani di pochissime grandi multinazionali che detengono la totalità della produzione degli OGM e ne determinano la diffusione ed il prezzo. Infatti, i paesi del terzo mondo, inizialmente convinti all’uso degli OGM, rischiano di perdere ogni loro autonomia nel campo agroalimentare diventando soltanto produttori di merci che obbediscono alle leggi del mercato. Inoltre, le caratteristiche di questi semi vincolano i coltivatori a una dipendenza definitiva dalle multinazionali produttrici di sementi.

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