Prato

Nuovo ospedale, i rebus dei reparti e dei posti letto

di Damiano FedeliChi entrerà nell’ampio e luminoso salone d’ingresso del nuovo ospedale di Prato non dovrà chiedere dove sono i reparti, dove può trovare ortopedia piuttosto che medicina interna. E questo semplicemente perché i reparti non ci saranno. L’ospedale – per cui, assicurano alla Asl, entro quest’anno sarà aggiudicata la concessione, con la partenza dei lavori prevista entro il 2007 e la consegna entro il 2010 – sarà concepito secondo una nuova filosofia, non più con le tradizionali unità operative e reparti (cardiologia od ortopedia, solo per fare alcuni esempi), bensì secondo «livelli d’intensità di cura», così li chiama la definizione ufficiale. In pratica, a seconda della gravità della patologia, si va dal livello di intensità basso, al medio, fino all’alto per i più gravi in terapia intensiva e subintensiva. In ciascuna di queste aree, i vari specialisti collaboreranno, ciascuno secondo le proprie competenze. Così, mentre da più parti si solleva l’allarme sul numero di posti nel nuovo nosocomio – 540 contro gli attuali 629 del Misericordia e Dolce – un’altra questione pare altrettanto cruciale per la nuova struttura: come digeriranno i vari primari e medici questa riorganizzazione per molti versi rivoluzionaria del loro lavoro? «Quella dell’intensità di cura è un nuovo concetto della sanità ospedaliera: si supera la filosofia dei reparti per andare incontro alle esigenze del cittadino. Anche con un uso più appropriato degli spazi», sostiene Mario Romeri , presidente dell’Ars, l’agenzia regionale toscana per la sanità.

«Anche se il futuro va in questa direzione, per i medici non sarà facile assorbire un ragionamento di questo tipo», controbatte Luigi Biancalani, presidente dell’Ordine dei medici di Prato. «È una rivoluzione radicale: ci saranno varie figure di medici specialisti che avranno accesso in modo flessibile ai vari livelli di degenza. Oggi, per fare un esempio, in rianimazione ci sono solo gli anestesisti. Un domani non sarà così. Sul fronte dei medici sarà un problema vero: ci saranno delle resistenze da vincere e non di poco conto. Certamente sarà un processo da portare avanti con gradualità per non trovarsi improvvisamente fra quattro-cinque anni, nel nuovo ospedale, a lavorare con una filosofia operativa del tutto diversa».

Già qualcosa in questo senso si sta facendo nell’attuale ospedale. Spiega il direttore Piero Taiti: «Stiamo lavorando all’organizzazione interna sia nell’area chirirgica che in medicina. È una sperimentazione partita da circa un mese e mezzo e ci servirà a prepararci al nuovo ospedale. Sarà un cambiamento culturale di non poco conto». E se Taiti sostiene che è ancora presto per fare bilanci, qualcun altro sussurra che le resistenze interne alla nuova organizzazione non siano poche.

Da più parti si solleva la questione posti letto. Il fabbisogno in Toscana è stimato in 3,8 posti ogni mille abitanti. Una stima che può, nelle varie zone, crescere o diminuire a seconda della presenza nella rete sanitaria di altre strutture. A Prato questo fabbisogno è stato stimato in 2,35 letti ogni mille persone. In base a questo coefficiente il numero di posti del nuovo ospedale è stato fissato in 540. Un po’ pochi, sostengono in molti, per una città la cui popolazione è in crescita costante, anche per i tanti stranieri. Ma anche sul calcolo dei letti è cambiata la filosofia: il nuovo sarà un ospedale «per acuti», con un numero di giornate di ricovero non superiore a cinque. La Cgil, con Paolo Alpini e Raffaele Esposito, si è rivolta all’assessore regionale alla sanità, Enrico Rossi , lamentando la futura riduzione di letti rispetto alMisericordia eDolce e denunciandoil rischiodiperdita di posti di lavoro qualificati in sanità.

«Quello dei posti letto è un falso problema, un discorso datato», sostiene però ancora Biancalani. «Se si ragiona in termini di Area vasta, di circondario per capirci, il numero dei posti sarà sufficiente. Questo, lo sottolineo, a patto che la Asl attrezzi il territorio in modo corretto. Altrimenti sarà il caos».In altre parole il nuovo ospedale, con la sua filosofia di ricoveri brevi, funzionerà solamente se avrà attorno a sé un territorio con le strutture, e le risorse, per costituire una rete di assistenza sanitaria. «Quello che ci porterà a dare un giudizio definitivo è come verrà impostato il progetto su tutto il territorio, da Cantagallo a Carmignano», sostiene Gabriella Melighetti, segretaria della Cisl pratese. «Oggi la medicina ha fatto passi da gigante e in ospedale i tempi si accorciano. A questo deve però corrispondere una rete assistenziale ben funzionante e radicata sul territorio. Una rete in cui, complessivamente, si salvaguardino anche i posti di lavoro».