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Nuovo appello del Pontefice: il Dio della pace non conduce alla guerra
In aereo con i giornalisti papa Francesco parla così della visita in Bahrein, una trentina di isole nel Golfo Persico tra Arabia Saudita, Iran e Iraq. Viaggio, dunque, dal sapore strategico in questo cammino di dialogo con il mondo musulmano; «società composita multietnica e multireligiosa», che può essere modello per un mondo dove crescono «l’indifferenza e il sospetto reciproco»; ancora, rivalità e contrapposizioni «che si speravano superate», populismi, estremismi e imperialismi che mettono a rischio la sicurezza di tutti.
Rispetto, tolleranza e libertà religiosa sono «temi essenziali riconosciuti dalla Costituzione» del Bahrein, ha detto Francesco parlando al suo arrivo alla presenza del re Ahmad bin Al Khalifa, ma anche impegni da tradurre costantemente in pratica, perché la «libertà religiosa diventi piena e non si limiti alla libertà di culto; perché uguale dignità e pari opportunità siano concretamente riconosciute a ogni gruppo e a ogni persona; perché non vi siano discriminazioni e i diritti umani non vengano violati ma promossi, prima di tutto diritto alla vita da garantire sempre, anche nei riguardi di chi viene punito».
Viaggio, incontro, che vive della memoria dei 9 paesi a maggioranza musulmana visitati nel corso del suo Pontificato, dell’enciclica «Fratelli tutti» e della Dichiarazione di Abu Dhabi del febbraio 2019 sulla fratellanza. E proprio la fratellanza è stato il primo tema cui, appena eletto, ha fatto riferimento parlando ai fedeli in piazza San Pietro, definendo il rapporto vescovo e popolo come «cammino di fratellanza», e pregando «per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza».
Per Francesco le sfide da affrontare oggi sono guerre, fame, educazione, libertà religiosa, violenza. Il no alla guerra – «realtà mostruosa e insensata» – è netto: la guerra «semina distruzione e sradica la speranza. Nella guerra emerge il lato peggiore dell’uomo: egoismo, violenza e menzogna». Anche il re, nel suo saluto, ha chiesto la fine del conflitto in Ucraina e l’avvio di negoziati di pace. Francesco nei suoi interventi ha ricordato anche altri conflitti, Etiopia, Yemen «martoriato da una guerra dimenticata che, come ogni guerra, non porta a nessuna vittoria ma solo a cocenti sconfitte per tutti». Tacciano le armi, ha detto, chiedendo di rifiutare «la logica delle armi e invertiamo la rotta tramutando le ingenti spese militari in investimenti per combattere la fame, la mancanza di cure sanitarie e di istruzione». L’ignoranza è nemica della pace, si legge nella Dichiarazione di Bahrein, e dove manca «aumentano gli estremismi e si radicano i fondamentalismi». Ecco l’invito a «lavorare per un mondo dove le persone dal credo sincero si uniscono tra di loro per ripudiare ciò che divide e avvicinare ciò che ci unisce».
Con l’imam di Al Azhar, quinto incontro, e con gli anziani del consiglio musulmano, papa Francesco ha sottolineato il dialogo con i credenti nel Corano, una sorta di alleanza tesa a superare definitivamente le incomprensioni che ci sono state: «credo che abbiamo sempre più bisogno di incontrarci, di conoscersi e di prenderci a cuore, di mettere la realtà davanti alle idee e le persone prima delle opinioni, l’apertura al cielo prima delle distanze in terra». Così ha parlato di «un futuro di fraternità davanti a un passato di ostilità»; ha ribadito il rifiuto della violenza: «il Dio della pace mai conduce alla guerra, mai incita all’odio, mai asseconda la violenza, e noi che crediamo in lui siamo chiamati a promuovere la pace attraverso gli strumenti di pace come l’incontro, le trattative pazienti e il dialogo, che è l’ossigeno della convivenza comune».
Le due guerre mondiali, gli anni della guerra fredda «che per decenni ha tenuto il mondo con il fiato sospeso», non hanno insegnato nulla e oggi «ci troviamo ancora in bilico sull’orlo di un fragile equilibrio». Nel giardino dell’umanità, ha affermato il Papa, «anziché curare l’insieme si gioca con il fuoco, con missili e bombe, con armi che provocano pianto e morte, ricoprendo la casa comune di cenere e odio».
Giovani ai quali chiede di abbracciare la cultura della cura, «presenza gentile che vince l’indifferenza e ci spinge a interessarci degli altri»; per questo dice loro di non essere «turisti della vita, che la guardano solo all’esterno superficialmente».
Quindi generare amicizie, essere «seminatori di fraternità», e, infine, vincere la sfida di fare delle scelte: «abbiamo bisogno di voi, della vostra creatività, dei vostri sogni e del vostro coraggio, della vostra simpatia e dei vostri sorrisi, della vostra gioia contagiosa e anche di quel pizzico di follia che voi sapete portare in ogni situazione», che aiuta a «uscire dal torpore delle abitudini in cui spesso incaselliamo la vita».
Chiede infine di riconoscere il ruolo della donna «nell’istruzione, nel lavoro, nell’esercizio dei propri diritti sociali e politici. In questo come in altri ambiti, l’educazione è la via per emanciparsi dai retaggi storici e sociali».
Con i giornalisti risponde così, Francesco, a una domanda sulle proteste delle donne in Iran: «la lotta per i diritti della donna è una lotta continua»; loro «sono un dono» e non «un materiale usa e getta, una specie protetta»; non sono di «seconda classe», perché Dio «non ha creato l’uomo e poi gli ha dato un cagnolino per divertirsi». Il maschilismo, ha detto Francesco, «uccide la società».