Italia

Non sparate sui Grest

Un fulmine funesto su una realtà bellissimadi Dario Zona

Una rosa gialla, una lettera e una preghiera sulla tomba dell’amico, «che adesso è in cielo» – come hanno detto ai genitori–. Lunedì scorso, 2 luglio, al mattino, i bambini dell’oratorio di Paperino – accompagnati dal parroco don Carlo Gestri – hanno reso omaggio così a Franco Lori, sepolto nel cimitero comunale di Poggio a Caiano, dove il bambino aveva vissuto assieme ai genitori fino a un anno fa.

La visita era stata decisa al termine della veglia e di una messa celebrata venerdì scorso, giorno dei Santi Pietro e Paolo, nella chiesa di Paperino, a cui hanno partecipato oltre duecento persone, raccolte in preghiera per il piccolo Franco e per la sua famiglia. I canti, scelti per l’occasione, hanno contribuito a dare il senso alla celebrazione: «Il tuo popolo in cammino cerca in te la guida». In molti, cantandolo, avranno pensato a quella tragica escursione, come quando le parole di un altro canto fanno dire: «Imparerò a guardare tutto il mondo con gli occhi trasparenti di un bambino».

Il giorno dopo, sabato 30 giugno, a presiedere la messa in suffragio di Franco Lori, nella chiesa di Paperino, c’era il vescovo di Prato, Gastone Simoni, che ha abbracciato don Carlo e ha invitato tutti ad un duplice raccoglimento. «Siamo qui per pregare per l’anima di Franco e per i suoi familiari ai quali non cessiamo di pensare».

Al termine della cerimonia, c’è stato il tanto atteso incontro tra i genitori di Franco e don Carlo Gestri, accompagnato dall’animatrice parrocchiale Alessandra Foddi, la donna che durante l’escursione sulla Calvana aveva soccorso per prima il bambino. Nei giorni precedenti infatti i familiari del bambino, cercati telefonicamente dal sacerdote, si erano rifiutati di riceverlo.

Dopo il colloquio di oltre un’ora e mezzo, non appena don Carlo e la donna sono usciti dall’abitazione, il padre di Franco è uscito sul terrazzo della casa che si affaccia davanti alla chiesa e ha tolto lo striscione con la scritta «5° comandamento non uccidere». Un messaggio apparso nella notte tra giovedì e venerdì, subito dopo il primo responso dell’autopsia, la quale ha escluso tracce evidenti di malattie pregresse che possano motivare il decesso. Lo striscione, che i genitori hanno poi spiegato non essere rivolto nei confronti della parrocchia, aveva dato a don Carlo e a tutta la comunità di Paperino un dolore ancora più forte. Il parroco e il vescovo, fin dal giorno della tragedia, avevano tentato di mettersi in contatto con la famiglia, che chiusa nel proprio dolore aveva rifiutato il confronto.

«Questa morte è un fulmine funesto in una realtà bellissima come quella degli oratori estivi parrocchiali che da anni compiono un servizio prezioso ai ragazzi, alle famiglie e alle parrocchie e quindi a tutta la società pratese. Si tratta di quasi 3.500 ragazzi e di una quarantina di oratori» ha detto, subito dopo la tragedia, mons. Simoni. In segno di lutto, la direzione della Pastorale giovanile, in accordo con il Vescovo, ha cancellato la festa diocesana degli oratori che era in programma il 3 luglio. Il giorno dopo la morte di Franco Lori, dopo un tam tam su facebook, i genitori dei bambini dell’oratorio si erano ritrovati spontaneamente in parrocchia. Qui don Carlo Gestri aveva comunicato la decisione di interrompere le attività del gruppo estivo, incassando la piena fiducia del vescovo Simoni e il sostegno dei genitori presenti, che gli hanno detto: «Siamo con te». (Nella foto, don Carlo Gestri con i ragazzi, soccorsi dai Vigili del Fuoco durante l’escursione sulla Calvana) 

L’inchiesta

Quali siano state le cause della morte di Franco, lo dovrà stabilire l’inchiesta della Procura di Prato, che procede per omicidio colposo (un atto dovuto per procedere all’autopsia), ma che ancora non ha iscritto nessuno nel registro degli indagati. Fin dal primo giorno i familiari avevano escluso che il piccolo potesse avere particolari problemi di salute o malattie congenite. Giovedì 28 giugno è stata effettuata l’autopsia che non ha riscontrato tracce evidenti di malattie pregresse. Ma ci vorranno altri 30-40 giorni per le analisi sui campioni di tessuto prelevati dall’anatomopatologa Martina Focardi, incaricata dal pubblico ministero Lorenzo Gestri.

All’esame autoptico hanno partecipato anche i periti di parte civile nominati dai legali dei genitori di Franco, gli avvocati Alessia Fiorentino e Dimitri Caciolli, mentre la zia del bambino è assistita dall’avvocato Cristina Magni. Oltre alle cause del decesso si indaga anche sulle modalità dell’escursione e sulle operazioni di soccorso. Gli inquirenti hanno ascoltato i testimoni e trascritto le registrazioni telefoniche delle chiamate intercorse tra gli accompagnatori che per primi hanno prestato soccorso al bambino, la centrale operativa del 118 e anche le telefonate tra quest’ultima e i vari soggetti intervenuti per localizzare Franco Lori, fra cui anche la Vab e il Soccorso alpino. In tutto si tratta di una sessantina di telefonate.

La squadra mobile ha acquisito anche i moduli firmati, con cui i genitori hanno autorizzato i loro figli a partecipare alle attività dell’oratorio, compresa l’escursione in Calvana, rivelatasi fatale al piccolo Franco Lori.Il video con le parole del Vescovo Simoni

La scheda

La cronaca di un’escursione finita in tragedia inizia alle 8,30 di martedi 26 giugno con il ritrovo dei partecipanti davanti alla chiesa di Paperino, un paese del quartiere sud di Prato. A bordo di un autobus di linea, 76 bambini del gruppo estivo dell’oratorio, accompagnati da 16 animatori e dal parroco don Carlo Gestri, raggiungono la Salita dei Cappuccini, nel quartiere pratese de La Pietà, e da lì, ai piedi della Calvana, attorno alle 10, iniziano la camminata. Numerose le soste lungo il percorso (per la maggior parte ombreggiato), per consentire ai bambini di riposare e rinfrescarsi; attorno a mezzogiorno e mezzo l’arrivo a Casa Bastone, una casa colonica divenuta punto di riferimento per gli appassionati di montagna. Da qui si dipartono alcuni sentieri tracciati dal Cai: la comitiva imbocca quello per Cavagliano, dove ci sono alcune case di pastori, una fonte, e dove era prevista la sosta per il pranzo al sacco.

Poco prima di arrivarvi, Franco Lori, 11 anni, accusa il malore poi rivelatosi fatale. Il ragazzo farfuglia qualche parola e cade a terra privo di sensi. Lo soccorre l’animatrice trentenne Alessandra Foddi, che è accanto a lui, in coda al gruppo. È lei a chiamare il 118. Sono le 13,07, e alla prima telefonata ne seguiranno altre 4 nel giro di 40 minuti. L’animatrice racconta alla centrale operativa di Prato che Franco ha perso conoscenza, ma respira, seppur affannosamente. Viene invitata a tenere il bambino all’ombra e a rinfrescarlo con una maglia e con un panno bagnato. Si pensa, insomma, ad un colpo di sole, ma via via che il tempo passa le condizioni peggiorano, fino a rendere necessario il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca, praticata, con l’aiuto di don Carlo, da Alessandra Foddi, che per motivi di lavoro ha frequentato corsi di primo soccorso.

Secondo il responsabile del 118 di Prato Simone Magazzini «le prime richieste di soccorso parlavano di “colpo di calore”, e come localizzazione davano Casa Bastone, che si raggiunge facilmente con i mezzi». Alessandra Foddi afferma invece di aver spiegato la gravità della situazione e aver richiesto l’intervento dell’elisoccorso fin dalle prime chiamate. Il 118 invia in prima battuta una jeep della Misericordia, attrezzata come un’ambulanza, con a bordo un medico e tre soccorritori. Due giorni dopo abbiamo percorso lo stesso viaggio sullo stesso mezzo impiegando 22 minuti dalla salita dei Cappucini a Casa Bastone, con buche e sobbalzi continui che sarebbero stati difficilmente sostenibili al ritorno da un paziente in condizioni instabili, anche in assenza di traumi.

Attorno alle 14 la jeep arriva dunque a Casa Bastone, e i soccorritori si accorgono che il ragazzo non si trova lì. Partono telefonate con la centrale operativa per la giusta localizzazione; vengono interpellati anche il Soccorso alpino e la Vab, e si perdono minuti preziosi. Da Casa Bastone si dipartono infatti almeno tre sentieri percorribili soltanto a piedi e il piccolo Franco si trova più a nord: all’incrocio dei sentieri numero 20 e 28 del Cai. Quella salita in mezzo ai sassi, i soccorritori della Misericordia e il medico la compiono con indosso attrezzature pesanti anche 20 chili. Impiegano qualcosa in più degli 11 minuti che occorrono a noi e giungono a soccorrere il bambino alle 14,28 (un’ora e venti dopo la prima richiesta di aiuto) quando il medico prende in carico il massaggio cardiaco.

Nel frattempo, come detto, le condizioni del piccolo si erano aggravate e non riuscendo ad arrivare via terra, alle 14,08 (esattamente un’ora dopo la prima richiesta di aiuto) la centrale 118 di Prato aveva chiesto a quella di Firenze l’intervento dell’elicottero. Il Pegaso, partito dall’ospedale di Ponte a Niccheri arriva sul posto alle 14,33, cinque minuti dopo il soccorso giunto via terra. Le manovre rianimatorie proseguono finché, alle 15,22, il bambino è caricato sull’elicottero e portato a Careggi, dove il Pegaso atterra alle 15,26 e dove poco viene accertato il decesso, per un arresto cardiocircolatorio. Gli altri bambini, tutti in buone condizione di salute, vengono riportati in pianura con l’elicottero dei vigili del fuoco e riconsegnati ai genitori. All’appello manca soltanto Franco.

Dario ZonaL’intervista: I consigli di don Luca Meacci che organizza da tanti anni i gruppi estivi in parrocchiadi Simone Pitossi

Una preziosa occasione di incontro e di formazione. Per i bambini e le loro famiglie. Ma anche per gli animatori. È don Luca Meacci a sottolineare il valore dei Grest, i gruppi estivi. Il sacerdote della diocesi di Fiesole è parroco a S. Maria Regina al Matassino, paese al crocevia di tre Comuni (Reggello, Figline e Piandiscò) e due Province (Firenze ed Arezzo). Cresciuto nell’Opera «La Pira», è stato assistente regionale degli Scout ed è impegnato nel Csi. La sua parrocchia, ogni anno, organizza le attività estive per bambini e ragazzi del territorio. La risposta è sempre molto alta: anche quest’estate le adesioni sono 240, in una parrocchia che conta circa 4 mila abitanti.

Don Meacci qual è il segreto del successo dei Grest?

«Gli animatori, senza dubbio».

C’è un percorso di preparazione?

«Sì, perché la formazione non si improvvisa. Sarebbe da sprovveduti. La preparazione del Grest deve iniziare per tempo per riuscire a fornire agli animatori degli strumenti e delle nozioni basilari per la gestione dei bambini che parteciperanno al Grest».

Chi sono gli animatori?

«Nella mia parrocchia essenzialmente ragazzi e giovani. È importante, prima di tutto, avere un gruppetto di giovani che facciano da capigruppo ai quali affidare delle responsabilità. Poi il grosso degli animatori sono ragazzi che vanno dai 15 ai 18 anni. Siamo costretti a “scommettere” su giovanissimi perché in questo periodo i più grandi hanno l’esame di maturità e gli universitari ugualmente studiano per gli esami».

Come fate formazione a questi ragazzi?

«Non è facile infondere un’intenzionalità educativa in questa fascia di età. Però possiamo comunicargli la passione per il ruolo: essere punto di riferimento, l’attenzione ai più piccoli, la bellezza di dedicare tempo ed energie ai bambini, saper organizzare e gestire un gioco. Può sembrare un puntare al ribasso ma si tratta di andare per gradi. Chiedere a dei ragazzi di prima superiore di essere educatori, forse è pretendere troppo. Se invece gli parlo di passione e responsabilità loro stessi sono in grado di metterla in campo per gli altri, di assumersi il proprio impegno e portarlo avanti seriamente. Ribadisco però che per questo è necessario del tempo».

Come vengono pensate le attività?

«Nella mia parrocchia ho quattro giovani – alcuni universitari, altri già inseriti nel mondo del lavoro – che sono i supervisori. Durante l’anno ci incontriamo con questo gruppo ristretto per preparare i gruppi estivi. Il gruppo poi viene allargato ai capigruppo che svolgono la loro formazione sia nei rispettivi gruppi parrocchiali di appartenenza (postcresima, giovanissimi) sia in quello degli animatori del Grest. In genere viene inventata una storia intorno alla quale si snoderà tutta l’attività settimanale del Grest. I capigruppi si alternerano poi durante le varie giornate organizzando giochi a tema ed attività».

La vostra giornata com’è scandita?

«Alle 7,30 c’è con un momento di accoglienza curato dai capigruppo. Alle 8,30 un itinerario di preghiera introduce la giornata, seguita da riflessioni e confronto su un tema biblico o su concetti quali amicizia, amore, perdono, solidarietà. Poi largo a giochi, gare e tornei negli impianti sportivi attigui alla parrocchia, fino alle 12,30, quando protagonista c’è il pranzo. Il pomeriggio, dopo un momento di riposo, ancora varie attività nel programma dei nostri ospiti, con le prove di un vero e proprio “recital” da rappresentare al termine della settimana, in cui quest’anno sono protagonisti due mondi contrapposti, che man mano trovano punti di unione e di contatto. Il ritorno a casa è previsto per le ore 17».

Ci sono anche escursioni all’esterno?

«Nel programma c’è un’escursione a Vallombrosa che raggiungiamo con il pullmann e passiamo la giornata nel pratone. Poi, oltre al Grest tradizionale, abbiamo organizzato – per un gruppo ristretto e omogeneo – anche alcuni giorni presso la canonica di Casale in Comune di San Godenzo. Qui è prevista un’escursione nel bosco, seguendo sentieri sperimentati e con la massima attenzione».

L’aspetto della formazione umana e religiosa è una componente basilare, l’elemento principale che contraddistingue le vacanze «Grest»?

«Chi sceglie questa formula opta per una visione trasversale della quotidianità, anche in tempo di vacanza, in cui l’elemento religioso occupa un ruolo importante, formativo, senza tralasciare il divertimento e la voglia di stare insieme nella più coinvolgente allegria».

Anche se il gruppo estivo è aperto a tutti…

«Certo. Ci sono molti bambini di famiglie che non frequentano la parrocchia. Al Grest di S. Miniato al Montanino, l’altra parrocchia che mi è stata affidata, c’è un bambino di religione islamica: nei suoi confronti c’è la massima attenzione, anche all’aspetto del cibo. Allora il Grest diventa una preziosa occasione per entrare in contatto e in dialogo con tante famiglie della parrocchia e anche extra parrocchia che non frequentano. È una bella proposta per questi genitori e un modo per mostrare la parrocchia, per presentare un volto di Chiesa che si dedica ai loro figli».

Quindi c’è anche la dimensione di servizio: c’è da essere soddisfatti per il lavoro che viene svolto, anche i numeri parlano da soli…

«Il Grest ha una dimensione sociale non indifferente. Per molte famiglie, conclusa la scuola, è l’unico modo per avere un aiuto nell’accudire i figli. Effettivamente i numeri parlano di un grande successo. Tuttavia non è importante la quantità di bambini e ragazzi che partecipano alle varie iniziative, anche se ovviamente tutti noi siamo contenti di ricevere la stima e la fiducia di tante famiglie. Quello che realmente è fondamentale è riuscire ad offrire un servizio di buon livello, formativo e qualificato a tanti nuclei familiari che affidano a noi i loro figli davvero con molta fiducia».

Concludendo: il Grest, è una bella esperienza?

«Senza dubbio sì. Per i bambini che partecipano la formazione è a largo raggio: dalla proposta religiosa all’imparare il rispetto degli altri, dall’attenzione ai tempi della giornata allo stare composti a tavola. Bisogna poi avere un occhio di riguardo per gli animatori: l’esperienza deve essere qualificante anche per loro. Per questo necessita di una verifica e una preparazione durante l’anno. Infine un’idea: sarebbe significativo se in ogni diocesi le varie esperienze fossero messere in rete. Servirebbe a lavorare meglio, a mettere in comune il lavoro. E probabilmente, come propone il modello lombardo, sarebbe auspicabile anche un coordinamento regionale».

La tragedia di Prato, quando parte la «bambola» del circo mediatico (di Mauro Banchini)

Tragica gita sulla Calvana. Muore undicenne