Vita Chiesa
Non solo fuochi d’artificio
Fuochi d’artificio! Questa immagine è spesso associata alle Giornate Mondiali della Gioventù. In effetti a Tor Vergata, alla fine della veglia della GMG del 2000, il cielo fu invaso da meravigliosi giochi pirotecnici (mi disse don Paolo, parroco della comunità che ci ospitava: «Li hanno fatti fa’ ar mejo de Roma!»). Esplosione di luce in una veglia splendida, presieduta dall’indimenticabile Giovanni Paolo II. Più spesso, a onor del vero, l’idea dei fuochi d’artificio per le GMG è usata in modo negativo: eventi momentanei, belli ma che iniziano e finiscono nel giro di poco. Al dunque: poco significativi per la vita di fede dei giovani.
La mia esperienza di 12 anni di GMG mi ha permesso di cogliere tanti aspetti positivi. Ma è importante subito una precisazione: parlo delle GMG vissute insieme ai giovani, non quelle che si vedono in televisione o di cui viene riferito dai giornali. Preghiera, catechesi, pasti, metropolitana, canti, silenzio, confessioni, entusiasmo, caldo e sete, notte nel prato sotto le stelle (e a Toronto sotto … l’acqua!). Aver condiviso tutto questo mi porta a fare alcune riflessioni.
La GMG è anzitutto un evento di fede. Per i giovani, certo: quindi una fede in crescita, incerta, con tante domande e dubbi (ma la fede degli adulti è così … certa?). I giovani della GMG sono mossi dalla ricerca di Gesù. I segni di questo sono numerosi: l’attenzione nell’ascolto delle catechesi dei vescovi, le domande profonde che nascono e i dialoghi con i pastori delle nostre diocesi; il sacramento della riconciliazione celebrato da tantissimi giovani con cura, preparazione e … non di corsa; l’entusiasmo nelle celebrazioni non soffocato dalla fatica, dalle lunghe attese, spesso al caldo; infine, ma è la cosa più importante, la celebrazione eucaristica quotidiana che è vissuta per sette giorni durante la GMG. Come Chiesa dovremmo interrogarci sul fatto che i giovani nella vita ordinaria vanno poco a messa e ancor meno si confessano mentre alle GMG avviene il contrario.
Un altro elemento importante è l’esperienza di Chiesa e di comunione concreta intorno al Santo Padre. Giovani di parrocchie diverse, aggregazioni, movimenti vivono insieme un’esperienza che li porta fuori dal loro contesto abituale. Le bandiere delle Nazioni del mondo sono sventolate non per dividere ma per unire. Il gemellaggio con le diocesi, che precede le giornate conclusive, permette di incontrare comunità, giovani e famiglie del Paese che ospita la GMG: accoglienza, calore umano, amicizia sono esperienza di tanti. Per noi italiani si aggiunge l’incontro con i nostri connazionali (e i loro discendenti) che, tra l’800 e il ‘900 hanno lasciato l’Italia per trovare pane e lavoro: questa esperienza, già vissuta a Toronto, si ripeterà in Australia e permetterà di comprendere meglio i fenomeni migratori che hanno visto il nostro Paese passare in pochi decenni da terra di emigrazione a terra di immigrazione e accoglienza.
La GMG è anche turismo. Recarsi all’estero è anche occasione per conoscere un Paese nuovo, visitare luoghi d’arte, scoprire la natura, conoscere luoghi diversi da quelli dove viviamo. L’Australia, con la sua lontananza (oltre 20 ore di volo!) quasi costringe a dedicare del tempo anche a questo (anche se poi …non ce n’è molto!). Ma anche il turismo si inserisce nella dimensione del pellegrinaggio. Qualcuno sostiene che i giovani vengano alle GMG principalmente per questo. Non credo sia vero, per due ragioni. Anzitutto i giovani viaggiano molto e con facilità: Erasmus, voli low cost, etc facilitano il movimento e non c’è oggi bisogno della GMG per fare un viaggio. Inoltre questi appuntamenti hanno un’organizzazione e una struttura logistica che, se si toglie l’orizzonte della fede e della Chiesa, non ha molto di umanamente attraente: dormire per terra (avere un materasso è … una fortuna!), spostamenti lunghi e faticosi, sul mangiare (quando c’è …) si potrebbero scrivere chilometri di aneddoti, i disguidi organizzativi (inevitabili in un grande evento), i WC chimici a Parigi, i topi alla veglia a Toronto, … l’elenco potrebbe continuare!
Sul piano pastorale la sfida più grande precede e soprattutto segue l’esperienza della GMG. La preparazione è importante per aiutare i giovani a partire sintonizzati con quello che andranno a vivere: il tema dello Spirito Santo, scelto da Benedetto XVI per la GMG 2008 porta ad approfondire la terza Persona della Trinità, della quale non si parla tanto nella predicazione e nella catechesi.
Ma la sfida più grossa è il dopo GMG. Stimoli, intuizioni, momenti di grazia, la Parola di Dio: tutto ciò che ha risuonato nel cuore dei giovani va fatto crescere per diventare patrimonio consolidato della vita di fede e per portare frutto. Questo non è automatico e c’è il rischio che il seme gettato che sta germogliando venga poi soffocato dai rovi o non abbia terra sufficiente per crescere. Compito della pastorale giovanile è precisamente quello di fare crescere questo seme nella terra buona, per portare frutto. E, negli anni, sono state tante le vocazioni alla vita religiosa, al sacerdozio e al matrimonio che sono nate alle GMG, come anche le scelte forti di impegno e di servizio che molti giovani hanno fatto.