Lettere in redazione

Non si protesta durante la Messa

Dai resoconti della stampa ho seguito le vicende della parrocchia di Pontedera, dove non ha avuto buon esito l’esperienza della contitolarità di due parroci nella parrocchia del duomo. Non sono in grado, non ho competenza né diritto alcuno di entrare nel merito della delicata questione. Mi soffermo soltanto su alcuni aspetti di metodo e, potremmo dire, di stile ecclesiale.

In primo luogo osservo che sia lecito ai fedeli e, in genere ai cittadini, esprimere un giudizio sull’operato del parroco, soprattutto se esso tocca la sfera sociale. Ma le osservazioni, i consigli e le critiche debbono fermarsi sulla soglia segnata dai rapporti intraecclesiali e, diremmo così, di disciplina ecclesiastica, che regola la relazione tra il vescovo e i suoi sacerdoti. Soprattutto i politici, che spesso si lamentano dell’ingerenza della Chiesa in campi non di sua competenza, devono evitare a loro volta un’ingerenza nella dinamica dei rapporti intercorrenti tra il vescovo e il clero. Un sano separatismo è oltremodo opportuno.

In secondo luogo ritengo che la celebrazione liturgica non sia il momento né offra lo spazio adatto alla contestazione che si esprima impropriamente con cartelli in Chiesa, interruzione dell’omelia, uso improprio della preghiera dei fedeli, come è avvenuto durante la celebrazione di mons. Plotti.Vi sono altri luoghi e altri momenti per discutere e contestare le scelte del vescovo, non il momento liturgico, che è il momento sacro in cui si instaura un rapporto tra finito e infinito e la comunità, unita intorno al vescovo, celebra il sacrificio della messa in virtù e per i meriti dell’unico sacerdote: Cristo stesso.Giulio FabbriPisa Rimuovere un parroco è certamente una decisione sofferta e dolorosa per qualsiasi vescovo. Se ci si arriva è segno che la situazione è diventata davvero insostenibile. Come del resto testimoniano le lettere che l’arcivescovo di Pisa ha inviato al parroco don Claudio Desii e al Consiglio pastorale. Anche perché era stato lui a nominare «con tanta gioia e speranza» i due co-parroci «per iniziare una nuova esperienza pastorale», che evidentemente è fallita. A questo punto è urgente, proprio come scrive l’Arcivescovo, «sanare il clima di divisione, di contrapposizione e di disagio». E trovo ragionevole che lo si voglia fare con un «nuovo pastore che “super partes” sappia, con prudenza e discernimento, ricostruire pace, concordia e soprattutto speranza di un futuro di gioia», anche se una decisione del genere sembra acuire ulteriormente le divisioni. A prescindere però dalle ragioni di ognuno (sulle quali non posso, né voglio entrare), non credo sia accettabile che una Messa venga trasformata in una manifestazione di protesta o che per la sostituzione di un parroco, quand’anche fosse ingiusta e immotivata, si minacci – come si è letto da qualche parte (e spero non sia vero) – lo sciopero dal catechismo o dai sacramenti.Claudio Turrini