Vita Chiesa
Nomadelfia, introdotta la causa di beatificazione per don Zeno
di Africo Dondolini
La Conferenza Episcopale Toscana, riunita nei giorni 30 e 31 marzo presso il Convento dei Padri Passionisti, sul Monte Argentario, aveva, tra gli argomenti all’ordine del giorno, il parere sull’apertura della causa di Beatificazione del Servo di Dio Don Zeno Saltini, su richiesta del Vescovo di Grosseto Franco Agostinelli. L’apertura e la prosecuzione della causa di Beatificazione del fondatore della Comunità di Nomadelfia spettano infatti al Vescovo di Grosseto, non solo formalmente perché in quella Diocesi è morto il Servo di Dio, ma sostanzialmente perché lì sorge ed opera da 57 anni la Comunità di Nomadelfia, lì Don Zeno ha realizzato e condotto avanti un’esperienza, iniziata altrove ed unica al mondo, di una società dove «è legge la Carità» (nomadelfia), costituita secondo i dettami del Vangelo.
Era nato a Fossoli di Carpi il 30 agosto del 1900, da una famiglia agiata di proprietari terrieri. Cristianamente educato, cominciò a sentire fin da ragazzo l’amore per il prossimo ed i primi germi di quello che sarà un forte anelito alla giustizia sociale. Tanto che a 14 anni interruppe gli studi ed andò a lavorare assieme ai braccianti delle fattorie di famiglia. L’esperienza del lavoro duro e della povertà di quella gente, i segni evidenti delle ingiustizie sociali, lo porteranno poi a riprendere gli studi ed a laurearsi in Legge, proprio per dedicarsi alla difesa dei deboli e degli emarginati. Ma ciò non gli bastava, doveva realizzare, sulle orme del messaggio evangelico, un esempio di giustizia sociale che fosse fondata sulla Carità, sull’accettazione dei più diseredati ed indifesi, come i bambini e i ragazzi orfani o abbandonati. Diventò così sacerdote. A Roncole, frazione di Mirandola, dove fu mandato come viceparroco, fondò l’Opera dei Piccoli Apostoli. Sarà il nucleo della futura Nomadelfia, che si costituirà quando, passata la tempesta della guerra, i Piccoli Apostoli, assieme alle «mamme di vocazione», occuparono, abbattendo muraglie e reticolati, l’ex campo di concentramento di Fossoli. Intanto, oltre alle «mamme di vocazione», erano sopraggiunte le coppie di sposi disposte ad accettare, assieme ai propri figli, altri figli, bambini e ragazzi orfani di guerra o comunque abbandonati.
Poi gli anni difficili del dissesto finanziario, del processo penale contro Don Zeno, che ne uscirà pienamente assolto, delle incomprensioni di ambienti della stessa gerarchia ecclesiastica, tanto che il Sant’Uffizio, il 5 febbraio 1952, ordinerà a Don Zeno di lasciare Nomadelfia e di mettersi a disposizione del suo Vescovo. Don Zeno ubbidì. La comunità in parte si disperse, ma molti figli di Nomadelfia si rifugiarono a Grosseto, in una tenuta di varie centinaia di ettari, da bonificare, donata loro dalla Contessa Maria Giovanna Albertoni Pirelli. Qui sorgerà la nuova Nomadelfia, quella che vive e prospera tuttora, quella che tutto il mondo conosce.
Don Zeno, per poter tornare a guidare i suoi «figli», chiese a Pio XII, ed ottenne, di essere ridotto «pro gratia» allo stato laicale. E qui, in Maremma, attenderà che la Santa Sede, riconosciuta la genuinità dell’ispirazione evangelica del disegno di Don Zeno, gli concederà di riprendere il ministero sacerdotale. E a Nomadelfia morirà il 15 gennaio 1981. La causa di Beatificazione «introdotta» da Mons. Franco Agostinelli, con il decreto che pubblichiamo in questa stessa pagina, è il segno evidente che la Chiesa, superata ogni vecchia incomprensione, vuole annoverare tra i beati del Cielo il suo figlio Zeno di Nomadelfia, per additarlo anzi alla venerazione ed all’esempio, per la vita cristiana eroicamente praticata, in nome della Carità.
Il Servo di Dio, sacerdote obbediente a Cristo e alla Chiesa, instancabile difensore della giustizia sociale e della solidarietà umana, ha creduto fermamente nella possibilità di accordare la vita e la politica sociale al Vangelo, dando vita ad un popolo nuovo, che fonda le ragioni della propria esistenza sul vangelo di Cristo, dove l’amore fraterno è legge.
Essendo andata aumentando, col passare degli anni, la sua fama di santità ed essendo stato formalmente richiesto di dare inizio alla Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio, nel portarne a conoscenza la Comunità ecclesiale, invitiamo tutti e singoli i fedeli a comunicarmi direttamente o a far pervenire alla Curia Vescovile di Grosseto (Corso Giosuè Carducci, 11 – 58100 Grosseto) tutte quelle notizie, dalle quali si possano in qualche modo arguire elementi favorevoli o contrari alla fama di santità del detto Servo di Dio.
Dovendosi, inoltre, raccogliere, a norma delle disposizioni legali, tutti gli scritti a lui attribuiti, ordiniamo, col presente editto, a quanti ne fossero in possesso, di rimettere con debita sollecitudine alla medesima Curia Vescovile, qualsiasi scritto, che abbia come autore il Servo di Dio, qualora non sia già stato consegnato alla Postulazione della Causa.
Ricordiamo che col nome di scritti non s’intendono soltanto le opere stampate, che peraltro sono già state raccolte, ma anche i manoscritti, i diari, le lettere ed ogni altra scrittura privata del Servo di Dio. Coloro, che gradissero conservarne gli originali, potranno presentarne copia debitamente autenticata.
Stabiliamo, infine, che il presente editto rimanga affisso per la durata di due mesi all’albo della Curia Vescovile di Grosseto, nella Cattedrale, nelle Chiese parrocchiali della Diocesi e nelle diverse case dell’Associazione di Nomadelfia, e che venga pubblicato sul settimanale delle Diocesi toscane «Toscana Oggi», sul Bollettino bimestrale «Nomadelfia è una Proposta» della medesima Associazione, e sui quotidiani «L’Osservatore Romano» e «Avvenire».
Dato a Grosseto, dalla Sede Vescovile, il 9 Aprile 2009