Arezzo - Cortona - Sansepolcro

«Noi, seminaristi aretini segnati dalla Terra Santa»

« Se ti dimentico, Gerusalemme, mi si attacchi la lingua al palato, mi si paralizzi la destra se lascio cadere il tuo ricordo». Sono i versi del Salmo 137 a raccontare il senso di un viaggio che ogni cristiano dovrebbe fare almeno una volta nella vita. Un viaggio nelle radici della propria fede, «dove tutto ebbe inizio».Le strade dei pellegrini che portano in Terra Santa sono state ripercorse diverse volte negli ultimi anni dalla diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, all’insegna di un legame storico tra la Chiesa aretina e quella di Gerusalemme che trova il proprio fondamento nel Santo Sepolcro.Un percorso che si è ripetuto anche quest’anno nel mese di maggio. Cinquantacinque pellegrini aretini-cortonesi-biturgensi guidati dell’arcivescovo Riccardo Fontana sono tornati nei luoghi dove vissero Gesù e i grandi personaggi biblici. Tra di loro anche una delegazione del seminario vescovile. «Gerusalemme insieme agli altri luoghi santi è il punto di riferimento per ogni cristiano. Non solo, è la “casa comune” delle tre grandi fedi del mondo», spiegano i seminaristi diocesani, per i quali questo viaggio è stato particolarmente significativo. «Lì il cuore ritrova il significato tangibile della Parola udita ogni domenica, e i numerosi paradossi che vi esistono provocano il cuore. Evidentemente non basta toccare il determinato sasso o la terra, ma gli occhi del corpo necessitano di questi segni. Proprio perché “segni” rimandano, cioè spingono ad andare oltre, a verificare ancora, a cercare continuamente, a migliorarsi nell’accogliere quella Parola di vita. Allora sì, il pellegrinaggio sarà servito. Perché traccia una significativa tappa del pellegrinaggio grande che è la vita».Per alcuni era la prima volta in Terra Santa per altri, invece, era il ripetersi di un’esperienza che già in passato li aveva segnati in modo indelebile. È il caso di Alessandro, che in Terra Santa era stato già tre anni fa assieme al vescovo Bassetti e che proprio in quell’occasione aveva annunciato la propria decisione di entrare in Seminario. «In quella circostanza confidai al vescovo il mio desiderio di iniziare il percorso da seminarista», racconta Alessandro. «Insomma, anche se la decisione era già maturata da tempo, la Terra Santa fu il contesto decisivo per iniziare la mia nuova avventura nella Chiesa».«Il pellegrinaggio è sempre un’emozione unica», aggiunge Alessandro. «Quest’anno ho ripercorso gli stessi passi di tre anni fa, e con essi, ho tracciato un piccolo ma significativo bilancio. Ecco, la Terra Santa, da una volta all’altra, è capace di segnare tappe importanti della vita». E, in questo percorso, Gerusalemme resta uno dei luoghi più “emozionanti” in cui tornare.«L’arrivo in questa città è sempre un momento tutto particolare. È quasi spontaneo unirsi alla coda di quei pellegrini che vivono l’ingresso alla Città Santa come un ritorno a casa. E quando si ritorna a casa, il cuore diventa come gonfio di sentimenti. È un momento commovente». Ma a toccare le coscienze dei pellegrini di Arezzo-Cortona-Sansepolcro è stato soprattutto l’incontro con il muro che divide i territori palestinesi da quelli israeliani. «È un’immagine triste e desolante», raccontano i seminaristi.«Un muro freddo di cemento armato e filo spinato che non è solo un blocco fisico, ma rappresenta un grosso ostacolo ad una società migliore. Non solo per Gerusalemme ma anche per il resto del mondo». Per i pellegrini c’è stata anche l’occasione di pregare assieme alla comunità cristiana locale. «È stato un momento straordinario l’incontro con i cristiani di Gerico, nella parrocchia del Buon Pastore», racconta il seminarista Luca. «Abbiamo avuto anche la grazia di visitare un progetto quasi completato che è la “Casa dei Bambini Gesù”: una casa di accoglienza per bambini con handicap fisici e mentali, che vive di carità e che è totalmente tirata avanti dai nostri cristiani». di Lorenzo Canali