Due sono della parrocchia di Chiani: Elisa e Erika. Le altre, Lucia e Marta, si sono aggregate come amiche. Al ritorno hanno rivelato un entusiasmo così schietto e spontaneo che abbiamo voluto chiedere loro qual era il segreto di così tanta gioia.Qual è il motivo che vi ha spinto a fare volontariato in terra di missione?«Innanzitutto per dare un contributo a chi è meno fortunato di noi, ma anche per prendere coscienza di realtà profondamente differenti dalla società nella quale viviamo».Al vostro arrivo qual è stata la prima sensazione?«Di essere arrivate in un mondo opposto al nostro. Santa Cruz de la Sierra, pur essendo la città più ricca della Bolivia, risulta disordinata, rumorosa, e piena di odori e profumi».Come siete venute a contatto con la realtà per la quale era prevista la vostra collaborazione?«Alcune di noi fanno parte della parrocchia di Santa Cristina in Chiani e, tramite don Romano, siamo venute a conoscenza della missione sostenuta da tempo da questa comunità».Come hanno reagito le persone e soprattutto i piccoli, nel vedervi nel loro ambiente?«La reazione, principalmente dei piccoli, è stata stupefacente: erano pieni di gioia e stavano attendendo da giorni le “volonterie italiane”. Appena arrivate nell’hogar, dove vivono più di 50 bimbi e ragazzi, siamo state letteralmente travolte da mille baci».Come vi è apparsa la società del terzo mondo?«Nonostante la povertà che riguarda la maggior parte della popolazione, le persone sono ottimiste e disponibili nell’offrire il poco che hanno. Questo è un aspetto che ci ha piacevolmente sorpreso».Quali caratteri particolari hanno dimostrato i piccoli rispetto a quelli che sono i comportamenti dei loro coetanei italiani?«I bambini boliviano dell’hogar, i soli che abbiamo conosciuto, sono completamente diversi dai nostri. Facendo vita comune e, grazie all’amore e alla disciplina richiesta dalla suore e dagli educatori, imparano fin da piccoli a condividere tutto quello che hanno con gli altri, a rispettare i più grandi e non dare nulla per scontato. Durante il nostro soggiorno i bambini hanno apprezzato tutte le animazioni che prevedevano l’uso della musica e del ballo. Inoltre, si sono divertiti nel disegnare, truccare, pettinare e creare forme con palloncini».Nelle relazioni con gli adulti vi siete trovati a vostro agio?«Sì, molto. Le suore ci hanno ospitato e fatto sentire a casa nostra, non facendoci mai mancare niente. In più in molte occasioni abbiamo potuto confrontare tradizioni ed esperienze diverse».Dopo qualche tempo della vostra scelta come considerate il lavoro svolto e quali suggerimenti dareste a chi volesse fare volontariato in terra di missione?Dopo tre mesi del rientro possiamo dire che la nostra esperienza ci ha arricchito profondamente tanto che presto abbiamo l’intenzione di ripeterla, magari prevedendo un progetto che non si limiti solo all’animazione. In questo le suore sono molto tranquille e non chiedono molto: basta solo dare un contributo con le proprie abilità alla gestione quotidiana dell’ambiente».Quali le conseguenze sulla vostra vita e sulla fede?«Abbiamo riflettuto sul nostro stile di vita che ci ha fatto capire quanto sia lontano da quello delle popolazioni conosciute. Qui abbiamo una famiglia, una casa: beni che in Bolivia sono rari. Eppure quella gente ha tanta fede e nelle celebrazioni con qualche venatura di folclore c’è apparsa sincera».