Sul monte Sinai il sole sorge alle sei del mattino. Fra le cime che formano un paesaggio a tratti lunare la nascita del nuovo giorno viene salutata da sguardi intesi, facce un po’ stanche ma soddisfatte, canti liturgici e preghiere che si alzano nella vetta dove il Signore strinse l’alleanza con il Popolo eletto e consegnò la sua legge a Mosè. Sono i gesti che hanno ripetuto anche i pellegrini della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro sul sacro monte raggiunto all’alba dopo tre ore di cammino nella notte.La salita sul Sinai è stata forse il momento più intenso del pellegrinaggio diocesano sulle orme di Mosè che si è svolto dal 4 all’11 maggio e che ha toccato Egitto e Giordania. Due Paesi «uniti» dalle pagine della Bibbia che sono stati lo sfondo di un itinerario spirituale organizzato dall’Ufficio pellegrinaggi della diocesi guidato da don Gianfranco Cacioli insieme con don Vannuccio Fabbri. A guidare i cinque gruppi il vicario generale, monsignor Giovacchino Dallara. Doveva essere presente l’arcivescovo Riccardo Fontana ma un grave attacco influenzale lo ha costretto a letto proprio nei giorni del viaggio.Un viaggio scandito dai versetti dei primi cinque libri della Bibbia che ha visto giovani, coniugi, famiglie ed anziani della nostra Chiesa locale mettersi in cammino per una settimana e fermarsi nel Nord Africa e in Medio Oriente. Non senza difficoltà fisiche, come hanno dimostrato le piccole «cadute» di salute che hanno colpiti alcuni partecipanti. Tre gli aerei che hanno portato i pellegrini nei Paesi «raccontati» nel Pentateuco. Prima tappa la capitale dell’Egitto, il Cairo, con il suo tesoro di storia antica e il primo incontro con Mosè salvato dalle acque. È stato un tuffo in uno Stato dove l’islam segna in modo marcato il quotidiano ma dove l’incontro fra le fede può avvenire in concreto anche se non senza difficoltà. Lo hanno testimoniato le suore francescane che gestiscono una scuola nel cuore delle capitale frequentata in gran parte da studenti musulmani. E lo dicono le cifre di una presenza cristiana ridotta ai minimi termini. La visita al Cairo è stata anche l’occasione per «rivivere» la fuga in Egitto di Gesù, Giuseppe e Maria dopo la «strage degli innocenti» voluta dal re Erode attraverso la sosta nella chiesa di San Sergio dove, secondo la tradizione, ha trovato rifugio la Sacra famiglia.Poi l’inizio del percorso lungo le strade attraversate dal popolo d’Israele nella liberazione dalla schiavitù d’Egitto fino alla Terra promessa. Un cammino di quaranta anni cominciato per i gruppi di Arezzo rivivendo il Pesach, la Pasqua ebraica, ripercorsa leggendo il brano dell’Esodo del passaggio del Mar Rosso che viene proposto durante la Veglia pasquale.Fra le tappe toccate lungo il deserto della penisola egiziana il sito di Mara dove Mosè trasformò l’acqua amara in potabile e il Sinai con la salita fino alla sommità del monte. Eloquente è stata la visita al monastero di Santa Caterina, ai piedi del Sinai, in cui ancora si trova il roveto visto ardere da Mosè.Quindi l’ingresso in Giordania. Con una sosta fuori programma: quella alla «piccola» Petra dove è stata celebrata la Messa all’aperto, in una insenatura delle colline, a due passi dai resti della città e accanto a un accampamento di beduini. Poi la visita di Petra, la città scavata nella pietra arenaria che si tinge dei più diversi colori secondo la posizione del sole. Antica città edomita, divenne capitale dei Nabatei e fulcro di commerci. Oggi è una delle sette meraviglie del mondo moderno.Infine Amman, capitale della Giordania che è stata un avamposto per la conclusione del pellegrinaggio avvenuto proprio alle porte della Palestina con la sosta nel luogo che ha preceduto l’arrivo del Popolo eletto in Israele: quella sul monte Nebo, l’altura in cui Mosè scrutò la Terra promessa e morì non riuscendo a toccare l’atteso suolo. E quindi Betania, la località lungo il fiume Giordano dove Giovanni battezzò Gesù e dove sono state rinnovate le promesse battesimali. Significative le due Messe celebrate nella «Cattedrale» di Amman (nella foto grande) collegata al Patriarcato latino di Gerusalemme. Anche nella «tollerante» Giordania la presenza cristiana fa i conti con un islam pervasivo. Ultima tappa a Jerash, la «Pompei d’Oriente». di Giacomo Gambassi