Cultura & Società
Nobel per la Fisica 2020 per le scoperte sui buchi neri. Consolmagno: “Ogni conoscenza scientifica è un filo nell’arazzo dell’Universo”
Tre scienziati che studiano la materia a cui lei ha dedicato la vita?
Sono lieto dell’assegnazione del premio Nobel di quest’anno. Penrose, in particolare, è stato ospite della Specola Vaticana: è stato un oratore di spicco durante il workshop “Singolarità e buchi neri” che abbiamo patrocinato nel 2017 per celebrare l’opera di p. Georges Lemaître. Lemaître era un cosmologo belga e prete cattolico. La sua cosmologia ha costituito la base di quella che oggi conosciamo come la teoria del Big Bang. Penrose e Stephen Hawking – che avrebbe anche lui meritato una parte di questo premio ma, ahimè, il Nobel non si può conferire postumo – hanno gettato le basi teoriche per comprendere i buchi neri nel quadro della Teoria della Relatività generale di Einstein.
Qual è il contributo di Genzel e Ghez?
Le migliori teorie devono essere testate con l’osservazione, e Genzel e Ghez, con il loro lavoro, hanno fornito precisamente queste osservazioni. Di fatto, il lavoro citato è solo una piccola parte delle osservazioni che hanno realizzato in tutta la loro vita, osservazioni che non solo hanno confermato l’esistenza dei buchi neri, ma hanno anche dato agli studiosi maggiori informazioni su come i buchi neri sembrano comportarsi, rientrando nei loro modelli matematici.
Come influisce questo lavoro sulla nostra comprensione dell’Universo?
L’inizio del Vangelo di Giovanni ci ricorda che nessuno ha mai visto Dio, ma sappiamo che Dio esiste perché possiamo osservare la sua presenza in ciò che vediamo, in Gesù e nelle cose che il Creatore ha fatto. Allo stesso modo, non si può vedere un buco nero. La cosa migliore che possiamo fare è vedere l’ombra di un buco nero, come nel 2019 ha fatto l’“Event Horizon Telescope”. Possiamo tuttavia vedere l’effetto del buco nero sulle cose che gli sono vicine, ed è proprio questo ciò che Genzel e Ghez hanno osservato. Ogni conoscenza scientifica è un filo nell’arazzo dell’Universo, così come ogni movimento di preghiera o ogni approfondimento delle Scritture può essere apprezzato solo nel contesto più ampio della storia della salvezza.
I progressi scientifici sono conciliabili con la fede?
La nostra fede deve essere costantemente stimolata a crescere attraverso la scoperta dell’azione di Dio nel mondo fisico. Inoltre, a un livello più profondo, ogni realtà ha bisogno dell’altra per fornire ciò che essa stessa, da sola, non può fare. Per citare san Giovanni Paolo II: “La scienza può purificare la religione dall’errore e dalla superstizione; la religione può purificare la scienza dall’idolatria e dai falsi assoluti”.
La scienza avvicina o allontana dall’idea dell’esistenza di Dio?
Ci sono innumerevoli luoghi in cui le Scritture ci ricordano che Dio ha creato l’Universo fisico, e che, in effetti, “i cieli narrano la gloria di Dio”. Così più studiamo l’universo e più ci avviciniamo al Creatore. Inoltre, come san Giovanni Paolo II ci ha ricordato, non dobbiamo mai temere ciò che possiamo imparare dalla scienza: “La verità non contraddice la verità”. Ma al tempo stesso non dobbiamo pensare che la verità si limiti solo a ciò che apprendiamo dalla scienza. Non dobbiamo essere fondamentalisti, né nella scienza né nella religione. Il problema del fondamentalismo non è che è giusto o sbagliato, ma che è incompleto. Implica che qualsiasi verità in nostro possesso oggi è quella definitiva, e così chiudiamo gli occhi a una maggiore comprensione di Dio. Una tale scienza è sterile, una tale credenza non potrà mai crescere, e quindi non aumenterà mai il nostro amore per l’Universo e per Colui che l’ha creato: Colui che è la via, la verità e la vita.