Vita Chiesa

New Orleans, non c’entra la vendetta di Dio

DI DON FRANCESCO SENSINILo dico subito: mi rifiuto di credere in un Dio-Allah che arruola tra i suoi vendicatori gli uragani per distruggere e fare giustizia. Provo fastidio nel leggere che la città americana di New Orleans «è stata colpita dall’ira divina e le maledizioni degli oppressi sono state ascoltate». Mi chiedo allora: tutti quei musulmani morti schiacciati dalla folla impaurita e impazzita a Bagdad che peccato avevano commesso? Erano forse filoamericani? Simpatizzavano per l’occidente? E le vittime dello Tsunami: tutti peccatori occidentali? Sarei costretto a condividere questo pensiero se fossero morti solo ladri, violenti, bestemmiatori, ubriaconi, prostitute… Ma che c’entrano con la vendetta di Allah le madri, gli innocenti, i vecchi, i malati, i poveri ?Alcuni giorni prima della tragedia ero proprio a New Orleans. Ho visitato la città, ho sentito musica, rumori, odori. Ho gustato il senso di festa e ho avvertito il clima di piena libertà. Ma non mi è sembrata più «peccaminosa» di quanto lo possa essere una grande città.

Ho trovato invece più ragionevole ciò che alcuni, dopo la tragedia, avevano scritto in un cartello: God resigned. Dio se ne è andato (ha dato le dimissioni). Mi ha fatto riflettere. Se Dio se ne è andato, significa che prima c’era, ma quanti se ne erano accorti? Possibile che solo la sua assenza riveli la sua presenza. E inoltre è vero: senza Dio la vita, soprattutto nelle difficoltà, non ha senso, non ha disegno, non ha progetto.

Abramo, uomo di fede, di fronte alla ipotesi di una azione ingiusta di Dio gli chiedeva: davvero sterminerai il giusto con l’empio? Lungi da te far morire il giusto con l’empio! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia? Questa deve essere la nostra stessa domanda.

Gli ultimi episodi di roghi in Francia e il lancio dei sassi dai cavalcavia hanno fatto emergere il problema dell’educazione dei giovani. Pare infatti che questi episodi, costati anche la vita ad altri, siano da imputare solo alla noia e alla banalità. Alcuni hanno richiamato il ruolo educativo della famiglia mentre altri si sono limitati a degli interrogativi. Ne riprendo alcuni: chi, oggi sa consegnare ai giovani una ragione, uno straccio di ragione interessante per vivere? Chi si spende fino all’ultima energia per questo scopo? Chi trasmette idee capaci di spiegare la vita, dando un vero motivo per cui valga la pena alzarsi dal letto la mattina? Peccato siano rimasti senza risposta.

Ma non è quello che fanno ogni giorno sacerdoti e laici cattolici impegnati, a diversi livelli, nel campo educativo? La stessa giornata mondiale dei giovani e le relative parole del papa Benedetto XVI non sono forse un invito ad assumersi la responsabilità della vita? Come è possibile non vedere questa azione della chiesa?

«Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere».

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