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Nelson Mandela: Consiglio ecumenico delle Chiese, «Un dono per l’umanità»

«Rendiamo grazie a Dio per la vita di Nelson Mandela, un dono alla sua nazione del Sud Africa ma anche un dono per il mondo intero, per l'umanità». Inizia così il tributo che il Rev. Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico mondiale, a nome delle 345 chiese membro di tutte le tradizioni cristiane, rende al presidente Nelson Mandela.

«Non c‘era nessuno come lui. La sua autorità morale, la sua saggezza conquistata a fatica e la maturità nella leadership politica sono senza precedenti nel nostro tempo. Egli ha dimostrato che la giustizia può essere stabilita con la pace». Tveit ricorda in modo particolare le strette relazioni che il presidente Mandela aveva con il Consiglio ecumenico delle Chiese: poco dopo il suo rilascio dal carcere visitò gli uffici del Wcc di Ginevra nel giugno 1990 per esprimere la sua gratitudine per il sostegno delle chiese nella lotta anti-apartheid. Più tardi, come presidente del Sudafrica nel dicembre 1998, intervenne all’ottava Assemblea Wcc di Harare, in Zimbabwe esprimendo di nuovo la sua gratitudine alle chiese: «devi essere stato in una prigione dell‘apartheid in Sud Africa – disse in quella occasione – per apprezzare l’importanza della chiesa. Hanno cercato di isolarci completamente dall‘esterno. I nostri familiari potevano vederci solo una volta ogni sei mesi. L’unico collegamento erano le organizzazioni religiose, cristiani, musulmani, indù e membri della fede ebraica. Sono stati loro, uomini di fede, che ci ha ispirato».

Parole commosse per la morte di Nelson Mandela sono state pronunciate anche dall’arcivescovo emerito Desmond Tutu, che era primate della Chiesa Anglicana del Paese durante l’epoca dell’apartheid. «Nelson Mandela è oggi pianto dai sudafricani, dagli africani e dalla comunità internazionale come leader della nostra generazione. Un colosso dal carattere morale irreprensibile e integrità, figura pubblica ammirata e venerata dal mondo intero». «La sofferenza può inasprire le sue vittime ma altrettanto le può nobilitare. Nel caso di Madiba, i 27 anni di carcere non sono stati sprecati. Gli hanno donato un’autorità e una credibilità difficile da raggiungere in altri modi. Nessuno poteva più sfidarlo. Lui aveva dimostrato il suo impegno, il suo altruismo attraverso ciò che aveva subito. Il crogiolo della sofferenza straziante che aveva sopportato, ha purificato le scorie, la rabbia, la tentazione di qualsiasi desiderio di vendetta, affinando il suo spirito e trasformandolo in un’icona di magnanimità. Ha usato la sua enorme statura morale per persuadere il suo partito e molti nella comunità nera, soprattutto i giovani che il compromesso e l’apertura all’altro fossero il modo per raggiungere il nostro obiettivo di democrazia e di giustizia per tutti».

Vescovi e primati di tutta la Comunione Anglicana nel mondo rendono omaggio a Nelson Mandela, il primo presidente nero del Sudafrica e icona anti-apartheid morto ieri nella sua casa di Johannesburg circondato dalla sua famiglia. L’arcivescovo della Chiesa anglicana dell’Africa meridionale, il reverendo Thabo Makgoba ha scritto per lui una preghiera: «Vai, anima amata e rivoluzionaria, nel tuo cammino da questo mondo. Vai in nome del Dio che ti ha creato, ha sofferto con te e ti ha liberato. Torna a casa Madiba. Hai compiuto tutto ciò che è buono, nobile e onorevole per il popolo di Dio. Continueremo noi ciò che hai lasciato. Il Signore è il nostro aiuto».

Da Londra, anche l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, leader spirituale della Comunione anglicana, ha detto: «La morte del presidente Nelson Mandela è stato annunciato con parole memorabili dal presidente Zuma. Il Sud Africa ha perso il suo più grande cittadino e suo padre. Nelson Mandela, lottando fino alla fine, viene liberato per essere con il suo Dio nella gioia e con la ricompensa per il suo servizio e il suo sacrificio. Preghiamo per la sua famiglia , per gli amici e per il suo paese. Siamo chiamati oggi a mostrare lo stesso grado di umanità, di coraggio e di generosità».