Lucca

Nella condivisione la luce del Risorto

In un tempo di individualismo e di crisi a tutto tondo, non solo economico-finanziaria, ma anche sociale e morale, la condivisione, il farsi prossimo, diventa ancora una volta la proposta semplice per tutti, anche per i semplici, che rivoluziona le relazioni e quindi il tessuto sociale. Nessuno è escluso dall’impegno di condivisione, perché tutti hanno qualche cosa da condividere.

Il vescovo invita a condividere con gratuità «quel poco o molto tempo libero che abbiamo, dedicandolo in spirito di servizio agli ammalati, anziani e a chi è nella solitudine», e prosegue, suggerendo di rendere parte chi vive accanto a noi dell’«amore che abbiamo nel cuore», della «testimonianza educativa e di fede», del «senso civico», del «patrimonio etico e culturale». Ognuna di queste sollecitazioni apre alla riflessione sugli ambiti di vita coinvolti oggi in una sofferenza particolare.

Molti restano disorientati dalla litigiosità politica e dalla violenza esercitata non solo sulle donne, ma anche sulle persone deboli soprattutto e, comunque, dallo stile violento adottato nella risoluzione dei banali conflitti quotidiani. Molti cittadini di buona volontà si sentono impotenti di fronte alla situazione sociale e politica e si chiedono che cosa possono fare, sebbene questa resti una domanda retorica che ha già la risposta «nulla» e che rimandi, illusoriamente, alla ricerca di un improbabile «salvatore della patria»con il conseguente rischio del culto della personalità.

 

Nelle parole del vescovo si legge il richiamo alla responsabilità individuale che è il presupposto per il cambiamento della realtà. Un cambiamento «pasquale», segnato dalla croce, albero di vita nuova. E’ croce la fatica a costruire, quasi cesellandola, una società più umana, attraverso le umili e non appariscenti azioni quotidiane. La fatica di spostare i macigni.

Il vescovo ha detto che la «Pasqua è la festa dei macigni, che pesano nella nostra vita quotidiana, rotolati via una volta per sempre!» e ha aperto l’omelia affermando che «La Risurrezione di Gesù è il centro, il cuore della nostra fede!», una fede che vuole fecondare il vissuto quotidiano e che quindi «ci pone ancora una volta un interrogativo, come discepoli del Signore in questo nostro tempo e come comunità che si fregiano del titolo di “cristiane”: “Con Dio o senza Dio: che cosa cambia nella mia vita, nella vita della comunità cristiana?”».

Una comunità cristiana che cerca «le cose di lassù, dove è Cristo» e che rivolge il pensiero «alle cose di lassù, non a quelle della terra (Col 3,1-2)» non per evadere dalla realtà, ma per trovare ispirazione per il concreto agire nella banalità della vita di ogni giorno, che diventa luogo di irradiazione della luce e della speranza pasquale.

Afferma ancora il vescovo che «Il Signore Gesù Risorto non è un evento concluso una volta per sempre. Gesù continua a risorgere, a seminare germi di speranza e di fiducia, di coraggio e di libertà nella storia umana, nella vita della Chiesa, nella nostra vita»,  e conclude l’omelia con un richiamo alla centralità dell’Eucaristia, che è segno del Signore Risorto e che anima la fede pasquale vissuta, e la citazione di una frase pronunciata da Papa Francesco nella Domenica delle Palme, quando disse che tutti siamo chiamati «a vivere la fede con un cuore giovane, sempre: un cuore giovane, anche a settanta, ottanta anni. Con Cristo il cuore non invecchia mai!».