Pisa

Nella casa del venerabile Toniolo

di Andrea Bernardini

A   Pisa, nello storico quartiere di San Martino, in piazza Toniolo, di fronte all’hotel Minerva, c’è un palazzo a tre piani, oggi di color ambrato. Costruito nel 1844, fu progettato dall’architetto Pietro Fontana che qui abitò con la famiglia. Fu sua figlia Vittoria ad affittare per poche lire l’appartamento del secondo piano al professor Giuseppe Toniolo, che qui abitò dal 1879 fino al 1918, insieme alla moglie Maria Schiratti, ai suoi sette figli e, presumibilmente, anche con le collaboratrici domestiche.Vittoria si sposò con Santi Ceccherini e così il palazzo è restato di proprietà della famiglia Ceccherini fino al 1964. Fu allora che la diocesi acquisto l’intero stabile da Nello Ceccherini, impiegato delle Ferrovie dello Stato, per più di trenta milioni di lire, affidandone la gestione alla fondazione Opera Giuseppe Toniolo. Ce lo ricorda l’ingegner Alberto Ceccherini, figlio di Nello, che abita ancora in piazza Toniolo, al numero civico 5.Negli anni, anche dopo la morte di Giuseppe e Maria Toniolo, il palazzo è stato abitato e frequentato da migliaia di persone.Se le mura di quel palazzo potessero parlare, racconterebbero di tante riunioni di consiglio – talvolta animate – delle Acli di Lamberto Tellini, di Federico Gelli, di Stefano Fabbri, di Emiliano Manfredonia.Descriverebbero i volti degli «allievi» della scuola di formazione all’impegno sociale politico, diretta prima da monsignor Mario Andreazza e poi da don Enrico Giovacchini. I volti degli speaker dell’emittente diocesana Radio Incontro: sorta il 7 marzo 1977, in 35 anni di vita ha ospitato poco meno di un migliaio di collaboratori volontari, ha raccontato in diretta la storia di decine di artisti e centinaia di eventi cittadini, ha trasmesso centinaia di funzioni religiose. Racconterebbero le vicende di tante coppie in crisi che hanno ritrovato serenità dopo essersi rivolte al consultorio familiare e prematrimoniale Ucipem. E poi gli incontri dei maestri cattolici dell’Aimc, nel loro tentativo di essere sale e lievito nelle scuole pisane.Infine il menage quotidiano di alcuni inquilini. Come Teresa Toniolo, l’ultima figlia di Maria e Giuseppe. Decise di rimanere in casa dopo la morte del fidanzato, l’avvocato Giovanni Corna Pellegrini, avvenuta sul Carso nel 1916, durante la grande guerra. Teresa, bibliotecaria dell’università. L’amica di lei Liliana Bonaccorsi la ricorda come « animatrice di mille iniziative di solidarietà, sostenitrice del Movimento per la vita, anima del Centro italiano femminile e della casa famiglia per le giovani». Morì nel 1970.O Giovanni Gronchi, che lì ha vissuto per decenni insieme alla moglie e ai due figli. Fino a qualche anno fa curava con la pazienza di un certosino l’orto della casa Toniolo. È morto lo scorso settembre. Infine, i volontari del centro studi economico-sociali dedicato al venerabile. Romano Molesti, Alessio Ceccanti. E Silvio Trucco, un uomo piccolo, pio, devoto, presidente del consiglio centrale della San Vincenzo di Pisa dal 1991 al 1996: oggi, ‘over novantenne è ospite di una casa di riposo a Borghetto Santo Spirito (Savona).Fin qui il passato.D’ora in poi quel palazzo sarà soprattutto conosciuto come sede della fondazione «Opera Giuseppe Toniolo», della casa-museo di Toniolo, della segreteria organizzativa della tradizionale «tre giorni Toniolo» e della cooperativa «Impegno & futuro». Saranno gli operatori di quest’ultima, esperte guide in itinerari di turismo religioso, ad accogliere pellegrini, semplici curiosi o anche studiosi che qui intendono cercare le fonti del pensiero sociale ed economico cattolico del venerabile. Nel tardo pomeriggio di mercoledì 7 marzo, 167esimo compleanno di Giuseppe Toniolo, l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto ha inaugurato la casa, da poco restaurata, accompagnato dal presidente della fondazione Andrea Maestrelli, dal direttore don Enrico Giovacchini, dalla presidente della cooperativa «Impegno e futuro» Silvia Roggero. Lo ha fatto dopo aver presieduto una concelebrazione eucaristica nella chiesa di San Martino in Kinseca, che dista duecento passi da casa Toniolo, e dove il professore sostava ogni mattina per ricevere l’Eucaristia prima di allungare il passo verso il palazzo della Sapienza e immergersi in appassionate lezioni di economia politica.Ricordando la stima che aveva di lui il cardinal Maffi, il quale, in una lettera ad un frate, associava Giuseppe Toniolo («che ho veduto comunicarsi come un serafino») a Galileo Galilei, uomo di preghiera, alla pari di Dante Alighieri. Sottolineando la semplicità del venerabile: «aveva capito che per essere grandi bisogna farsi piccoli».Lui che riceveva lettere informali da Pio X (in cui il papa usava l’«io» e il «lei» e non il «noi» ed il «voi», chiudendo sempre le missive con «un caro saluto alla signora» e «un abbraccio ai bambini») fu pronto a mettersi da parte quando la situazione la richiedeva.Dopo la celebrazione – e la presentazione dei lavori di restauro affidata ad Andrea Maestrelli – tutti a Palazzo Toniolo. Nel fondo del palazzo troviamo una parrucchiera, all’interno, a piano terra, uno studio legale dove prestano servizio due avvocatesse. Quattro rampe di scale – e cinquanta ripidi scalini – portano alla sede della fondazione. Una porta a vetro introduce in sei stanze, dove sono state collocate alcune librerie che accoglieranno una copia dell’«Opera Omnia», alcuni scritti di pugno del venerabile e vari volumi di storia, economia, sociologia e politica del Novecento. In una di queste si trova anche una vecchia cucina della famiglia Toniolo: Walter Gronchi, figlio di Giovanni, che ha vissuto in quella porzione di abitato per decenni, ricorda di aver usufruito di quel piano di cottura per molto tempo, prima di trovare una soluzione alternativa.Dopo la cappella – voluta da monsignor Andreazza agli inizi degli anni Novanta del ‘900 – entriamo nella casa-museo vera e propria. Qui troviamo lo studio dove il professore riceveva i suoi studenti e, attaccate alle pareti, le immagini dei genitori Antonio Toniolo e Isabella Alessandri. E poi la camera da letto matrimoniale, con alle pareti ancora la carta da parati dell’epoca, incredibilmente salvata dai restauratori della ditta Santoni e Giannoni.«Sì, doveva essere quella originaria» ci conferma Silvia Majorana, 93 anni ma ancora dotata di una memoria di ferro, vedova di Giuseppe Toniolo, nipote dell’omonimo venerabile, da noi rintracciata a Milano. Anche lei, per qualche mese, nel 1945, abitò in quell’appartamento, ospite di zia Teresa: «scendemmo a Pisa quando mio marito fu chiamato come assistente a radiologia». Poi Giuseppe junior passò ordinario di radiologia a Siena, prima di tornare – nel 1955 – all’ombra della torre pendente, ma in una casa a Porta a Lucca, dove i Toniolo invecchieranno insieme ai loro cinque figli. Giuseppe Toniolo junior per tredici anni, dal 1977 al 1990, fu anche presidente dell’Opera del Duomo. Nella camera da letto troviamo anche l’atto di matrimonio celebrato la mattina del 4 settembre del 1878 a Pieve di Soligo. E poi il sonetto per le «faustissime nozze» dedicato alla coppia dalla famiglia D’Antiga, l’immagine del beato Contardo Ferrini (terziario francescano e professore universitario, morto il 17 ottobre 1902) e quelle, meno recenti, di San Francesco di Sales e di Giovanni Francesca Frémiot de Chantal, entrambi fondatori delle monache visitandine, dove finì Emilia (Maria Pia il suo nome da suora di clausura), la figlia «prediletta» di Giuseppe e Maria.E poi la stanza degli oggetti: pergamene, medaglie, qualche paio di occhiali tondi, persino il rasoio. A questi oggi se ne dovrebbero aggiungere presto altri. Come la toga ed il tocco con cui si presentava in ateneo in occasione di particolari celebrazioni: «l’abbiamo portata a rinfrescare » dice Silvia Roggero.Gli «echi»: «un intervento concepito per favorire la fruibilità della casa»Don Enrico Giovacchini, priore di San Martino in Kinseca, è da venticinque anni anche direttore della fondazione «Opera Giuseppe Toniolo». E ne è orgoglioso. Lo scorso mercoledì, anniversario della nascita del venerabile, ha parlato al termine della funzione. Osservando: «In questa chiesa siamo abituati a convivere con i santi. Qui abbiamo le spoglie di santa Bona (patrona delle hostess italiane, ndr). Qui abbiamo le reliquie di Sant’Ubaldesca». Qui, tutte le mattine, il venerabile Giuseppe Toniolo partecipava alla Messa. «Lui, un grande della Chiesa» dice don Enrico Giovacchini.Andrea Maestrelli, commercialista, pisano, è da un paio di anni nuovo presidente della fondazione. Appare commosso quando parla ai presenti. Ricorda quanto significativo sia stato il contributo in termini di idee e proposte offerto da Giuseppe Toniolo per la difesa e la tutela del lavoro minorile e femminile. E come il venerabile abbia ben messo in evidenza lo «stretto legame di causa ed effetto tra il lavoro e la dignità dell’uomo». Poi passa a presentare i lavori. «Un intervento concepito e realizzato per favorire la fruibilità dell’opera. E per accogliere i visitatori nella casa-museo».Ringrazia chi ha finanziato il restauro: la fondazione Cassa di risparmio di Pisa, la Banca di credito cooperativo di Fornacette. Cita anche la fondazione Cassa di risparmio di San Miniato, da sempre patner fedele della «Tre giorni Toniolo».E poi i protagonisti del restauro: le ditte Arte legno che ha restituito al loro lucido originario i mobili della casa, Colombani, che ha ridato luce alle mura, Sandrelli, che ha ripristinato gli impianti. I tecnici Bentivoglio, Littara e Nannipieri, che hanno diretto i lavori. Ad ascoltare l’intervento del presidente l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto, il vicario generale Enzo Lucchesini, il cancelliere Giuliano Catarsi, l’economo Ferdinando Verona, il parroco di San Martino  Enrico Giovacchini, i sacerdoti cittadini Gianluca Martignetti, Augusto Tollon, Franco Cei, Tomasz Rylko, e poi i diaconi Francesco Masi e Alfredo Parisio, tre seminaristi. Le suore figlie di Nazareth, che hanno animato la liturgia. La direttrice del consultorio familiare Ucipem Alessandra Benvenuti, Virginia Pucciarelli e Angela Giannetti dei maestri cattolici Aimc, il presidente delle Acli Emiliano Manfredonia. Gabriella Garzella, Gianluca De Felice, Andrea Cinacchi, in rappresentanza dell’Opera del Duomo, il presidente della federazione nazionale degli Amici dei Musei Mauro Del Corso. Tra le autorità civili: il presidente dell’amministrazione provinciale Andrea Pieroni e l’assessore Nicola Landucci; il primo cittadino di Pisa Marco Filippeschi e l’assessore Federico Eligi. Il presidente della fondazione Caripisa, Cosimo Bracci Torsi. Amici e parrocchiani di San Martino.Dopo l’intervento di Maestrelli, tutti in piazza Toniolo, al numero civico 4, per la benedizione della casa restaurata.Mentre visitavamo la casa-museo, un black-out di qualche minuto ci ha fatto tornare indietro negli anni, quando la presenza della luce era decisamente meno «scontata» di oggi. Abbiamo ripensato al «menage» della famiglia Toniolo. A Giuseppe che, appena libero dai suoi impegni universitari, stava insieme ai suoi bambini, facendosi piccolo con loro, partecipando ai loro giochi, divertendosi con la lettura di testi allegri, come «Le storie allegre» o «La storia di Pinocchio» di Collodi, con tale «vis comica» da far ridere di gusto i figli. Insegnando loro, talvolta, qualche arietta veneziana e partecipando anche alle loro rappresentazioni con le marionette.Non tutta la casa della famiglia è fruibile. Dalla «stanza dei ricordi» si potrà presto accedere anche ad altre stanze abitate dalla famiglia Toniolo, oggi sede del consultorio familiare Ucipem. Dal corridoio interno, salendo due rampe di scale e 18 scalini, si accedeva ad una botola, che collegava il secondo al terzo piano: «qui – dice Silvia Majorana – doveva dormire la servitù di nonno Giuseppe. Quando venni a Pisa da zia Teresa trovai una anziana cuoca, Argia, ed una signora addetta alle pulizie, certa Riva».Adesso, quella botola è stata murata. Dove era la camera della servitù si trova oggi la sala di registrazione di Radio Incontro.Anche due papi visitarono quella casa Anche due papi hanno visitato casa Toniolo. «Il primo fu papa Giovanni Battista Montini, il cui padre Giorgio peraltro era legato da un rapporto personale di amicizia a Giuseppe Toniolo» ricostruisce Alice Martini che, per conto della fondazione «Opera Giuseppe Toniolo» ha compiuto degli studi su quel palazzo. «Fu grazie anche al diretto intervento di Paolo VI che fu acquistato il palazzo».L’atto di compravendita, come emerge dai documenti da noi rintracciati al Catasto di Pisa, è del 13 giugno 1964. Firmato di fronte al notaio Gambini di Pisa, registra il passaggio di proprietà da Nello Ceccherini alla fondazione «Opera Giuseppe Toniolo». Paolo VI, a Pisa per il Congresso eucaristico nazionale, vide e benedì la casa il 10 giugno del 1965 (lo ricorda una delle due lapidi apposte al palazzo). Due giorni dopo la casa venne ufficialmente inaugurata.Il sogno di papa Paolo VI? «Far diventare palazzo Toniolo sede permanente della segretaria del comitato organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani» confida don Enrico Giovacchini.«Nel discorso che l’allora presidente della fondazione, professor Enrico Pistolesi, pronunciò – continua Alice Martini – vennero esplicitate le ragioni per cui la casa era stata acquistata dalla diocesi e le finalità con cui l’Opera Toniolo nasceva.Quest’ultima “si propone di fare di questa casa un tempio e una scuola. Tempio di ricordi di Toniolo […] Scuola di cultura cattolica, di formazione di preparazione all’azione per coloro che si dedicano a diffondere i precetti del Vangelo e gli insegnamenti dei Pontefici, specie nel mondo del lavoro. Per questo le Acli hanno prese per prime possesso di questa casa”».Il 24 settembre del 1989 la casa fu visitata anche da Giovanni Paolo II, in visita pastorale a Pisa. Il ricordo è affidato a Silvia Majorana, vedova di Giuseppe Toniolo junior, nipote del professore presto beato: «Fu una visita preparata per tempo. Il papa fu accompagnato nella casa del “nonno santo” dall’arcivescovo Alessandro Plotti, da monsignor Mario Andreazza, monsignor Silvano Burgalassi e da mio marito Giuseppe. Organizzammo intorno al pontefice una sorta di … riunione di famiglia: nipoti, pro-nipoti, figli dei pro-nipoti. Eravamo più di trenta. Papa Karol visitò tutte le stanze, interessandosi a tutti gli oggetti, rivolgendo domande. Appariva compiaciuto. Non credo che, prima della sua visita a Pisa, avesse sentito parlare molto di nonno Giuseppe. Visitò anche la porzione di casa abitata dai Gronchi ed il consultorio familiare. Restò lì una mezz’oretta. Poi ci salutò tutti, uno per uno, accarezzando i bambini. Fu molto carino».Dal piano superiore Radio Incontro, prendendo il segnale da Radio Vaticana (le due regie erano fianco a fianco nel palazzo delle Benedettine sul lungarno Sonnino) trasmetteva l’evento. Una speaker, Domenica Martino, scese due rampe di scale, poi piombò in diretta urlando: «Ho visto il Papa!». Gli «scherzi» della diretta…