Arezzo - Cortona - Sansepolcro

NEL SASSO DI SIMONE TRA STORIA E MITOLOGIA.

Il Sasso di Simone tra storia e natura»: è stato l’argomento di un convegno svoltosi nei giorni scorsi presso la prestigiosa Accademia Petrarca di Arezzo. Organizzato da Mcl, da Fidapa e dagli istituti comprensivi di Terontola e Lucignano, coordinati da Anna Maria Andiloro, ha portato in casa degli aretini uno straordinario – e poco conosciuto – «pezzo di Toscana». È quanto hanno ribadito anche l’assessore provinciale Antonio Perferi, Maria Margherita Andiloro responsabile dell’ufficio visite della Riserva. Luciano Crescentini, guida naturalistica, ha inquadrato le eccellenze naturali nel contesto «storico» di un oceano montano e di una caratteristica conformazione geologica, dove le montagne, squartate e strette dalle placche continentali, s’ergono verso il cielo come marosi «congelati» in un salto verso le nubi. Ma il Sasso di Simone è uno dei luoghi simbolo della catena degli Appennini. Storia e mitologia sono stati illustrati da Giancarlo Renzi e da Marco Renzi, studioso di cultura popolare e di sociologia. Il rapporto tra uomo e Sasso di Simone è antico e a fasi alterne, tra fascinazione e repulsa: ora luogo dello spirito – ha illustrato Giancarlo Renzi – ora simbolo di stagioni di guerra e di contrasti politico/sociali. Cinquemila anni di storia si accumulano sul Simone e attorno ad esso: insediamenti capannicoli delle antichi tribù italiche, che ne fecero un punto stagionale di ritrovo e di lavoro, uno dei quali divenne anche un’ara/tempio del dio Semo (Simone), fino a caratterizzare l’onomastica dei torrenti che dal Sasso scendono ancora verso Sestino e verso le Marche. Monaci orientali vi dimorarono portandovi il Cristianesimo della prima fase, monastica ed eremitica: un monachesimo assetato di solitudine per «habitare secum» ha a disposizione le valli solitarie dell’Appennino, le sue alte cime, le rupi scoscese; così come per una elevata spiritualità si scelgono «rupi squallide, sassi enormi». I relatori sono entrati, esplorandola nei vari aspetti, riproponendola con sprazzi pratici, la vita della abbazia benedettina più alta d’Europa, quella costruita proprio sulla pianura sommitale del Sasso di Simone, punto di incontro/scontro tra le politiche dell’Impero e quelle della Chiesa, nei secoli XII-XIV. Quattro secoli di controversie confinarie, testimoniano la «ressa» degli appetiti dei Signorotti locali e di potentati più ampi per sottrarre a Sestino il Sasso di Simone e per appropriarsi dei beni dell’abbazia benedettina. Poi le «stagioni della guerra», perché il Sasso, con le sue pareti scoscese, era una fortezza naturale, ritenuta inespugnabile: i Malatesta vi avviarono la costruzione di una fortezza attorno al 1450, poi trionfò – dopo la sconfitta malatestiana – un sogno di Cosimo I, che fece del Sasso di Simone un punto strategico delle frontiere del suo Stato moderno, che aveva costruito «assoggettando» tutta la Toscana. Il Sasso, insomma, a difesa dei confini orientali di uno degli Stati più moderni dell’Italia Cinquecentesca. Un Sasso di Simone che è un’arca di storia che affascina il turista e le molte scuole che vengono a scrutare una Toscana fuori dagli stereotipi divulgati.G.R.