Vita Chiesa
Nel nome della «Bettina» cent’anni di adorazione
Dall’11 gennaio 1902 nella chiesetta fiorentina del Corpus Domini le Carmelitane di Santa Teresa, con alcuni laici, si alternano giorno e notte di fronte al Santissimo
Il portone accostato fa pensare ad una chiesa chiusa. In realtà, la cappella del Corpus Domini, a Firenze, nel mezzo del complesso delle Carmelitane di Santa Teresa, è sempre aperta. Qui, in via Bernardo Rucellai, a due passi dalla stazione di Santa Maria Novella, le suore fondate dalla «Bettina» di Campi Bisenzio, si dedicano all’adorazione perpetua, giorno e notte. Lo fanno da cento anni esatti, senza saltare un solo minuto, nemmeno ai tempi della guerra o dell’alluvione.
«Non sempre è stato facile mantenere in vita l’adorazione perpetua ammettono oggi le suore mentre si preparano a celebrare il centenario con un calendario ricco di iniziative . Uno dei momenti più critici fu ai tempi dell’epidemia della spagnola, durante la prima guerra mondiale. La malattia, infatti, oltre a decimare la popolazione decimò anche le comunità, compresa la nostra. Ma la seconda guerra fu ancora più dura. Il convento e la chiesa erano al centro di una zona di obiettivi militari (dalla stazione ferroviaria alle officine meccaniche di Porta al Prato) che furono pesantemente bombardati». Ma le suore continuarono l’adorazione in un rifugio sotterraneo al convento. E non l’abbandonarono mai, neanche quando il comando tedesco ordinò lo sfollamento della zona.
Da quell’11 gennaio di cent’anni fa, le Carmelitane di Santa Teresa (che oltre a Firenze sono presenti in Toscana con altre sei case: Campi, Arcetri, Antignano, Prato, Montepiano, Calci) si alternano nell’adorazione ventiquattrore su ventiquattro con una fedeltà impressionante. C’è una «suorina» ormai ottantenne che per niente al mondo cederebbe la «sua» ora dalle 4 alle 5 del mattino.
Dal 1953 l’adorazione perpetua è stata aperta anche ai laici. «Sono giovani e meno giovani spiega un’adoratrice laica , a turno si inginocchiano di fronte a Dio per dedicare a Lui il bene più prezioso della nostra società: il tempo».
«Allo scoccare di ogni ora due persone, generalmente un laico e una suora vestita dal mantello bianco come racconta la novizia Paola Secchi , si affacciano da una delle porte per dare il cambio ad altre due che stavano nei primi banchi». Non è proprio come il cambio di una guardia, ma qualcosa di simile. «L’adorazione spiega suor Claudia Maninetti è mettersi in ginocchio sapendo di portare davanti a Gesù tutta la nostra umanità. Non è una preghiera intimistica, ma un tempo di profonda intimità orientato alla missione».
Suor Claudia ora vive a Roma, in una casa-famiglia delle Carmelitane, ma non dimentica l’esperienza fiorentina ed in particolare l’adorazione notturna. «Può apparire solo un sacrificio spiega un adoratore laico , ma solo per coloro che non hanno gustato la pace e la gioia di un cuore a cuore con il Dio della vita, un Dio che ci ricolma del centuplo già fin da questa vita». Un Dio che si dà agli altri come il pellicano rappresentato sulla facciata della chiesa (nella foto) che da una ferita del suo corpo estrae nutrimento per i suoi piccoli.
Leone Pecchioli, un altro dei laici che assieme alla moglie Yara frequenta il Corpus Domini tutti i venerdì sera, parla di «appuntamento con il Motore di tutti gli appuntamenti possibili», mentre Marcello e Adriana, altra «coppia che adora», come si definiscono loro stessi, dichiarano la voglia di testimoniare che di fronte al Santissimo è possibile capire il senso della vita e scoprire il dono della speranza cristiana.
«L’uomo si legge nel depliant che le Carmelitane hanno realizzato per il secolo d’adorazione non si sazia con meno dell’Infinito, ma non può raggiungerlo se l’Infinito stesso non si fa talmente piccolo da sorprenderlo e incontrarlo».
A.F.