Opinioni & Commenti
Nel dibattito sulla legge 194 c’è spazio solo per la saggezza
di Angelo Passaleva
Si va sostenendo che a distanza di tre anni dalla sua entrata in vigore e dopo un referendum che ne ha confermata la validità, si debba comunque rivedere la legge n° 40 del 2004 che detta norme in materia di «Procreazione medicalmente assistita». Può essere: parliamone. Ma gli stessi che sostengono questa tesi affermano in modo categorico che la legge n° 194 del 1978 (che regola l’interruzione volontaria della gravidanza) «non si tocca», anche se sono passati 30 anni dalla sua entrata in vigore. C’è da chiedersi con quale logica certe leggi non dovrebbero mai invecchiare, né essere riviste, mentre altre soffrirebbero di senilità precoce. Nuovi «tabù»?
Il confronto sulla 194 si è aperto e va affrontato: bisogna partire con il piede giusto. Se si dovesse trattare di scontro politico o ideologico, sarebbe meglio chiudere subito la partita e risparmiare tempo, parole, gesti emotivi, azioni più o meno clamorose. Vincerebbero i tabù e ognuno rimarrebbe con le proprie idee senza fare passi avanti. Occorre dare spazio al dialogo e far valere la ragione e il confronto pacato evitando, nei limiti del possibile, le asprezze e le intolleranze di epoche passate.
Si sa che negli ultimi anni circa il 30% di aborti volontari sono stati effettuati su donne immigrate e il loro numero è progressivamente aumentato. Per loro cultura la grande maggioranza di queste avrebbe preferito portare a termine la gravidanza, se adeguatamente aiutate. I Centri di aiuto alla vita, con pochi mezzi e con il solo volontariato, in trent’anni hanno salvato la vita a oltre 85 mila bambini che altrimenti sarebbero stati abortiti. La maggior parte di questi proprio di donne immigrate.
Possiamo dire che in moltissimi casi l’aborto è una sconfitta della società, incapace di dare aiuto alle coppie o alle donne sole che vivono in difficoltà economiche, sociali o psicologiche. È anche una sconfitta della società che non si impegna sufficientemente per una adeguata e corretta educazione ai giovani sulla affettività e sulla sessualità (e in questo anche le nostre Comunità ecclesiali devono interrogarsi seriamente).
Credo che al momento non ci sia un realistico spazio per moratorie o abrogazioni (anche se come credente mi augurerei di sì), ma sicuramente si può trovare un accordo su significative modifiche della legge.
Ad esempio andrebbero rafforzate e rese cogenti e verificabili le norme che prevedono azioni volte a rimuovere le cause che inducono alla richiesta di aborto volontario. I Consultori familiari, nel rispetto delle loro finalità originarie, dovrebbero svolgere essenzialmente questi compiti (previsti agli articoli 2 e 5 della legge) e non dovrebbero rilasciare i certificati per l’interruzione della gravidanza. Le ristrettezze economiche e il disagio sociale non possono essere condizioni sufficienti per ricorrere all’aborto: qualora ci fossero andrebbero rimosse.
Per evitare fraintendimenti, all’art. 1 dovrebbe essere scritto che la Repubblica «…tutela il diritto alla vita fin dal concepimento». La scienza e la ragione ci insegnano che la vita comincia appunto con il concepimento e non in altri momenti!
Credo comunque superfluo scendere in dettagli. Gli spazi per le modifiche e per rendere più efficace la prevenzione dell’aborto volontario ci sono. Occorre la volontà di mettere da parte i preconcetti, di lavorare con umiltà e di lasciar perdere termini come «lotta», «battaglia», «vittoria politica», «trionfo della verità». Vincano il buon senso, l’equilibrio, il senso civico, il rispetto per la vita, in altre parole: vinca la saggezza.