Lettere in redazione
Negozi aperti nei giorni festivi
Recentemente in Germania è stata approvata una legge che obbliga, salvo eccezioni, alla chiusura dei negozi e centri commerciali nei giorni festivi. In Italia invece il 13 agosto 2011 è stato approvato un decreto legge che liberalizza gli orari e giornate di apertura di tutte le attività commerciali su tutto il territorio. Ciò significa che potenzialmente si può stare aperti 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno e che i lavoratori di questo settore dovranno rinunciare a trascorrere un giorno di festa in famiglia, alle relazioni sociali con parenti e amici e tanto altro ancora.
Certamente devono essere garantiti i servizi essenziali, ma che bisogno c’è di tenere aperti tutti i negozi? Tanto più che gli incassi nei giorni festivi sono scarsi. Di questi tempi, per tanti italiani, il problema non è l’orario di apertura, ma il danaro che manca. Mi auguro che il governo cambi parere e sappia mettere al primo posto l’unità familiare, piuttosto che il profitto (caso mai ci fosse!) Mi auguro che soprattutto i parlamentari cattolici facciano sentire la loro voce in proposito.
Fortunatamente la Commissione bilancio del Senato ha posto rimedio ad un’autentica sciocchezza che il governo si apprestava a fare. La liberalizzazione degli orari dei negozi sarà infatti limitata alle località turistiche e alle città d’arte. La norma originaria era stata voluta e magnificata dal ministro del turismo, Maria Vittoria Brambilla per la quale si sarebbe trattato di una «vera e propria rivoluzione per l’Italia», che oltre a «garantire il diritto di iniziativa economica privata», avrebbe favorito «l’aumento dei consumi» e permesso «a tutto il paese di attrarre un maggior numero di visitatori, cogliendo l’opportunità che il turismo». A dire il vero, l’orario di apertura degli esercizi commerciali sarebbe di competenza delle Regioni (e la Toscana aveva già annunciato un ricorso alla Consulta). Inoltre, la grande distribuzione gode già di numerose deroghe, sancite da accordi di «aria vasta». E come hanno subito dichiarato gli esercenti, non è che aumentando l’orario di apertura gli italiani si ritrovino più soldi in tasca da spendere. Qualche aggiustamento sarebbe necessario, per armonizzare gli usi (oggi piuttosto disomogenei) e favorire un buon livello di servizi nelle località turistiche. Ma trovando il modo di garantire il diritto al riposo domenicale dei lavoratori e degli esercenti (quelli piccoli). Intendiamoci, non è che la perdita del valore della domenica dipenda solo da questo. Forse è più effetto che causa e tutta la comunità cristiana si deve impegnare a far riscoprire il senso della festa.
Claudio Turrini