Firenze

Natale, il saluto di Betori alla città: “vorrei dare una parola di speranza”

L’arcivescovo di Firenze ha proposto una riflessione sulla situazione che stiamo vivendo, sottolineando che “il vero tema dei prossimi mesi sarà quello del lavoro e della ripresa. Il vaccino potrà arginare il problema sanitario, ma le prospettive economiche e sociali restano preoccupanti”.

La Chiesa, ha ricordato, “ha cercato di non essere assente” rispettando le norme di sicurezza per le celebrazioni, avanzando proposte per la vita di fede nelle famiglie, in ordine alla preghiera, alla formazione dei figli”

La Chiesa ha sviluppato anche, ha affermato Betori, “un’intensa attività caritativa, anche perché è aumentato in modo esponenziale il numero delle persone che hanno bisogno di aiuto. Devo ringraziare il volontariato, anche quello dei giovani che sono stati convocati in questa emergenza: un aspetto significativo. La Caritas sta svolgendo anche un ottimo lavoro informativo attraverso i report mensili sulle proprie attività, anche questo è un servizio alla società, fornire la fotografia dei bisogni caritativi”. Sono stati presentati alcuni numeri: nel territorio diocesano 84 centri di distribuzione di pacchi alimentari, migliaia ogni mese a famiglie e singoli. Le mense consegnano 1700 pasti al giorno tra pranzo e cena. Il Centro missionario medicinali: ha spedito 25 tonnellate di medicinali e dispositivi anticovid in Italia e nel mondo, 958 chili di prodotti distribuiti a Firenze.

“Quest’anno – ha ricordato ancora l’arcivescovo – abbiamo avuto un crollo nella raccolta delle offerte. Io stesso incontrando le persone ricevevo offerte che andavano nella mia cassa per i poveri, che adesso invece è quasi vuota. Questo pesa molto sulle parrocchie: quest’anno si è potuto ricevere fondi straordinari che la Cei ha elargito attingendo ai fondi arretrati dell’8 per mille. Tutto il lavoro della Caritas si appoggia in gran parte sui contributi dell’8 per mille. Chi si pone contro questo sistema non pensa a tutto quello che viene fatto con quei fondi”.

Il Natale, secondo Betori, ci invita a riscoprire proprio il tema del dono. L’arcivescovo ha anche rinnovato i suoi due inviti: fare il presepe nelle case, nei negozi, nelle scuole; abbellire i tabernacoli mariani con fiori e lumi.

A proposito della sua nuova Lettera pastorale, ha affermato, “è un testo non facile, distante dal pensiero omologato della nostra società. Richiede riflessione, l’impegno della lettura. Sarà l’ultima visto che non manca molto alla fine del mio servizio a Firenze”. Betori infatti ha ricordato: “A febbraio 2022 compirò 75 anni, qualche mese prima darò al Papa la mia disponibilità e mettermi da parte. Sono pronto a tutto, a smettere il 26 febbraio o a continuare se il Papa lo vorrà. Ho fatto sempre così nella mia vita, quello che mi chiedevano i miei superiori io l’ho fatto, e il mio superiore in questo momento è il Papa. Nei prossimi due anni in Toscana ci saranno diversi avvicendamenti: questi anni sono stati anni di profonda unità tra noi vescovi toscani, e chiunque dovrà inserirsi troverà un territorio coltivato, un tessuto di relazioni buono. Lo abbiamo visto con il documento che abbiamo presentato ieri, per proseguire la riflessione sul discorso del Papa”.

A proposito del Seminario e della situazione vocazionale, Betori ha affermato: “è una delle ferite del mio episcopato. Quando sono arrivato ho ordinato 7 nuovi preti, quest’anno nessuno, è una situazione di gravissima crisi. Quest’anno abbiamo avuto un nuovo ingresso in seminario, ma nessuno all’anno propedeutico. Situazione tragica, come quella dei matrimoni. Crisi vocazionale che riguarda la condizione umana, per cui non si affronta la strada del matrimonio. La cultura nella quale viviamo è la cultura del provvisorio, della molteplicità delle esperienze. Questo va contro una scelta per la vita come il sacerdozio o il matrimonio. Poi c’è un problema di spiritualità, la vita sacerdotale appare meno attrattiva. Scelte di vita come quelle di don Carso Guicciardini, Ghita Vogel, trovano un humus meno favorevole.

A proposito della situazione cittadina, svuotata dai turisti: “Firenze non deve rinunciare alla propria identità, che è una identità di bellezza offerta a tutti. L’obiettivo però non è ritornare alla fruizione massiva, anche caotica, di cui ero testimone dalle finestre dell’arcivescovado. Un turismo slow, più lento, più leggero, più umano per usufruire della bellezza: questo può essere il modo di vivere l’arte. Una strada meno remunerativa forse, ma capace di salvaguardare la nostra identità senza rinchiuderci”.

Infine, sul dialogo con le istituzioni cittadine: “prosegue, sia in presenza che al telefono, ci si confronta. Io devo stare nel mio ruolo che non riguarda la vita amministrativa e politica. Sono rappresentante della Chiesa, e la Chiesa è portatrice di valori, e senza valori la società non vive. Io metto sul tavolo questo: richiamare i valori che la Chiesa ha da offrire, come proposta e non come imposizione”.